Silenzio serbato su irregolarità edilizie note al venditore configura ipotesi di reato di truffa
Il Consiglio di Stato afferma che lo smarrimento del titolo edilizio comporta un onere a carico del cittadino e della PA, entrambe devono conservarlo
Mi hanno inviato una fattispecie molto interessante, affrontata nella sentenza del Consiglio di Stato n. 1229/2022, avente per oggetto il ricorso contro l’ordinanza di demolizione di una rampa carrabile di accesso all’abitazione e pavimentazione “cementata”.
Infatti secondo il proprietario essa risulta risalente al 1967 (o meglio, anteriore all’estensione dell’obbligo di licenza edilizia a tutto il territorio comunale, decorrente dal 1 settembre 1967 con la legge ponte n. 765/67).
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Il cittadino infatti aveva fornito documentazione e prove attestanti la preesistenza almeno al 1970, tuttavia non poteva fare affidamento alla licenza edilizia risalente al 1967 (scritto proprio così) perchè non risultava reperibile all’archivio comunale.
Il Comune nell’anno 2019 aveva emesso un ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, contestando la presenza di quelle opere ritenute abusive; tale accertamento è stato avviato perchè tali opere risultavano inserita in una fascia destinata all’ampliamento di una strada pubblica in base allo strumento urbanistico comunale.
L’amministrazione comunale in primo grado (TAR Umbria n. 430/2020) aveva dedotto che «il titolo edilizio in questione (risalente al 1967), ancorché allo stato non reperibile all’archivio comunale, non avrebbe potuto contenere indicazioni in contrasto con lo strumento urbanistico e che sarebbe possibile datare la nuova sistemazione delle citate aree (cementata e rampa carrabile), agli anni 2006-2007, con ciò ritenendo che ci sia stata una modifica dello stato dei luoghi successiva sia al titolo edilizio originario, sia all’autorizzazione edilizia del 1989.»
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Il Consiglio di Stato invece riforma la sentenza del TAR sulla base della pratica edilizia insussistente negli archivi.
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che lo smarrimento del titolo edilizio comporta un onere a carico di tutte e due le parti, entrambe tenute alla conservazione di un documento fondamentale (sia per il privato proprietario del bene interessato dalla trasformazione, sia per il Comune titolare del potere di vigilanza edilizia) cosicché nessuna delle due parti può beneficiare di carenze imputabili anche a sé.
Ai fini della causa, diventa dirimente l’assenza del contrasto con la pianificazione vigente all’epoca della realizzazione – sia che la stessa risalga al 1967 oppure al 2006 o 2007, atteso che quella invocata dal Comune è stata approvata nel 2008 – in assenza della necessaria specifica previsione di destinazione al pubblico transito.
Nella valutazione della fattispecie, rispetto alle mere conclusioni contenute nell’ordinanza impugnata, ha avuto maggior peso probante gli elementi peritali contenuti nella relazione presentata al TAR, in particolar modo alla situazione planimetrica.
Infatti lo stato dei luoghi risulta rappresentato con diversa documentazione fotografica e peritale prodotta dal cittadino: in essa è stata evidenziata l’esigenza sottesa alle opere in contestazione, necessarie al fine di raccordare la strada pubblica e l’accesso all’immobile legittimamente realizzato. Come dire, è stato dato valore alla situazione di fatto assieme a tutti gli elementi probanti presentati.
Come secondo motivo fondante a favore del cittadino, rientra la corretta qualificazione edilizia delle opere contestate in quelle di minore rilevanza: infatti, in assenza di vincoli, i manufatti oggetto di contestazione rientrano tra i volumi non considerati normalmente rilevanti per l’attività edilizia, come appunto la rampa di accesso ad un immobile esistente (vedi anche Consiglio di Stato n. 7584/2021).
Concludo dicendo che in certi casi, l’evidenza dei fatti è l’unica via di buon senso da applicare, altrimenti diventa abusivo tutto ciò che non è formalmente dimostrabile con elementi sufficientemente probanti.
Sentenza Consiglio di Stato n. 1229/2022, testo integrale con omissione nominativi:
Pubblicato il 21/02/2022
N. 01229/2022 REG.PROV.COLL.
N. 02294/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2294 del 2021, proposto da
Xxxxxx, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovan Paolo Ruggeri, Cristina Lovise, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Yyyy, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Paolo Gennari, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima) n. 00430/2020, resa tra le parti, concernente ordinanza demolizione opere edilizie e atti connessi
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di Yyyy;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 febbraio 2022 il Cons. Davide Ponte e nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con l’appello in esame l’odierna parte appellante impugnava la sentenza n. 430 del 2020 del Tar Umbria, recante il rigetto dell’originario gravame. Quest’ultimo era stato proposto dalla stessa parte al fine di ottenere l’annullamento dell’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi emessa dal Comune di Yyyy (prot. 51145 del 4 aprile 2019), avente ad oggetto alcuni manufatti abusivi sulla fascia destinata all’ampliamento della sede viaria di Strada della Civitella, come prevista dallo strumento urbanistico, sull’area di proprietà censita catastalmente al fg. 87, p.lla 459, sita in Yyyy, Strada della Civitella. In particolare, le opere contestate riguardavano la realizzazione di una cementata e di una rampa di accesso all’abitazione sulla fascia di terreno di proprietà della stessa destinataria dell’ordine, odierna appellata, asseritamente destinata all’ampliamento della sede viaria di Strada della Civitella.
Nel ricostruire in fatto e nei documenti la vicenda, parte appellante formulava i seguenti motivi di appello, contestando le argomentazioni di rigetto svolte dal Tar:
– erroneità della sentenza per illogicità della motivazione e violazione degli artt. 2697 – 2727 c.c. in combinato disposto con l’art. 64 c.p.a., per assenza della contestata abusività, in quanto la stessa amministrazione procedente ha smarrito il titolo edilizio e nonostante ciò, la originaria ricorrente ha offerto ampia prova della preesistenza almeno al 1970 della rampa di accesso alla abitazione;
– analoghi vizi e violazione degli artt. 112 c.p.c., 6 e 10 dPR 380/2001, 118 l.r. Umbria n. 1/2015, e 3, RR Umbria 2/2015, in quanto la rampa di accesso all’abitazione rientra nell’attività edilizia libera;
– analoghi vizi e violazione degli artt. 7, 8, 9 e 10 l.n. 241 del 1990 in combinato disposto con l’art. 112 c.p.c., in quanto il PRG approvato nel 2008, includendo le opere de quibus nella ipotetica fascia di ampliamento della strada, è illegittimo in quanto palesemente contrastante con il principio di proporzionalità e non risulta notificato alla parte coinvolta;
– analoghi vizi e violazione degli artt. 7 agli artt. 9 dPR 327/2001 e 218 l.r. Umbria n. 1 cit., in quanto non risulta essere stato mai approvato un Piano Particolareggiato o di Attuazione in riferimento alla localizzazione della predetta opera pubblica (ampliamento strada), con la conseguenza, in primis, che l’area della ricorrente non può ritenersi automaticamente inserita nella strada, in considerazione, anche, della previsione contenuta nell’art. 29 NTA;
– analoghi vizi e violazione dell’art. 21 Reg. Reg. Umbria n. 2/2015, nonché degli artt. 7, comma 1, lettera e), punto 6, 118, comma 1, lettera d), 124 LR Umbria n. 1 cit., 2015, in quanto le opere di cui è ingiunta la demolizione sono mere opere pertinenziali ossia eseguibili senza titolo abilitativo;
– analoghi vizi in riferimento agli artt. 124, 141 comma 2, 146 l.r. 1 cit. 21 RR Umbria n. 2 cit., 37 DPR 380/200, potendo irrogarsi solo una sanzione pecuniaria;
– analoghi vizi in quanto l’Amministrazione ha comunque omesso il necessario giudizio di compatibilità.
La parte appellata si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello.
Con ordinanza n. 2337 del 2021 veniva accolta la domanda cautelare proposta, a fronte degli effetti dell’ordine demolitorio, nelle more del necessario approfondimento di merito.
Alla pubblica udienza del 17 febbraio 2022 la causa passava in decisione.
DIRITTO
1. La fattispecie controversa, decisa dalla sentenza appellata, ha ad oggetto il seguente abuso edilizio, accertato in Yyyy Strada della Civitella e riportato nel provvedimento demolitorio adottato nei confronti della odierna appellante in qualità di proprietaria: “a) Sul lato sinistro dell’accesso alla proprietà è stata realizzata, su di una fascia di circa mt 2,80 di profondità, una cementata di lunghezza pari a circa mt. 4,70 determinando un’altezza massima di circa 0,38 mt. rispetto alla quota dell’attuale sede stradale; b) in corrispondenza dell’accesso alla proprietà, all’interno della medesima fascia di circa mt. 2,80, per una lunghezza di circa mt. 3,30, è stata realizzata una rampa in calcestruzzo, atta a superare il dislivello tra la quota stradale attuale (circa mt. – 0,38) e l’ingresso all’area recintata (quota mt. 0,00). Tale rampa prosegue all’interno della proprietà recintata per una lunghezza 4 di circa mt. 5,40 raggiungendo la quota di pavimento del portico dell’abitazione ubicato a circa mt. + 0,70”.
2. Con il primo motivo di appello parte appellante lamenta l’assenza della contestata abusività, in quanto la stessa amministrazione procedente ha smarrito il titolo edilizio e, nonostante ciò, la originaria ricorrente ha offerto ampia prova della preesistenza almeno al 1970 della rampa di accesso alla abitazione. In termini opposti, l’amministrazione comunale deduce che in ogni caso il titolo edilizio in questione (risalente al 1967), ancorché allo stato non reperibile all’archivio comunale, non avrebbe potuto contenere indicazioni in contrasto con lo strumento urbanistico e che sarebbe possibile datare la nuova sistemazione delle citate aree (cementata e rampa carrabile), agli anni 2006-2007, con ciò ritenendo che ci sia stata una modifica dello stato dei luoghi successiva sia al titolo edilizio originario, sia all’autorizzazione edilizia del 1989.
2.1 Il motivo è fondato.
2.2 Se lo smarrimento del titolo edilizio comporta un onere a carico di tutte e due le parti, entrambe tenute alla conservazione di un documento fondamentale – sia per il privato proprietario del bene interessato dalla trasformazione, sia per il Comune titolare del potere di vigilanza edilizia – cosicché nessuna delle due parti può beneficiare di carenze imputabili anche a sé, assume rilievo dirimente, ai fini di causa, l’assenza del contrasto con la pianificazione vigente all’epoca della realizzazione – sia che la stessa risalga al 1967 ovvero al 2006 o 2007, atteso che quella invocata dal Comune è stata approvata nel 2008 – in assenza della necessaria specifica previsione di destinazione al pubblico transito. Al riguardo, rispetto alla mera affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata e nelle difese comunali, appaiono pienamente probanti gli elementi peritali posti a base della relazione allegata in primo grado (cfr. documenti nn. 20 ss. del fascicolo di prime cure), con particolare riferimento al confronto planimetrico ivi prodotto.
2.3 Invero, lo stesso stato dei luoghi, ben illustrato dalla plurima documentazione fotografica e peritale prodotta da parte appellante, evidenzia l’esigenza sottesa alle opere in contestazione, necessarie al fine di raccordare la strada pubblica e l’accesso all’immobile legittimamente realizzato. Piuttosto, l’allargamento della strada, posta a servizio della collettività con particolare riferimento a quella ivi residente – stante la tipologia di strada e di zona, prettamente residenziale, percorsa – non può che avvenire in relazione allo stato dei luoghi.
3. Risultano parimenti fondati i rilievi dedotti avverso la genericità della motivazione che il Comune ha posto a base della ritenuta sottoposizione dell’area all’ampliamento della sede viaria. In assenza dell’indicazione della specifica norma di piano impositiva del predetto vincolo conformativo, la determinazione appare carente di istruttoria e di motivazione, nei termini dedotti anche con il terzo ed il quarto motivo.
4. Parimenti fondati sono i motivi di appello concernenti la corretta qualificazione edilizia delle opere in contestazione (secondo, quinto e sesto).
4.1 Infatti, in assenza di vincoli, i manufatti in esame rientrano tra i volumi non considerati normalmente rilevanti per l’attività edilizia, come appunto la rampa di accesso ad un immobile esistente (cfr. ad es. Consiglio di Stato, sez. VI, 15 novembre 2021, n. 7584). Ciò appare particolarmente coerente alla situazione dei luoghi per cui è causa, in cui la rampa contestata segue il necessario andamento imposto dalla differenza di quota fra la strada pubblica e l’immobile legittimamente edificato, sulla scorta degli stessi originari titoli, invero compiutamente indicati nell’ordinanza demolitoria impugnata in prime cure.
5. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso va accolto in relazione agli assorbenti profili evidenziati; per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, va accolto il ricorso di primo grado.
6. Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado.
Condanna parte appellata al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in complessivi euro 6.000,00 (seimila/00), oltre accessori dovuti per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Sergio De Felice, Presidente
Oreste Mario Caputo, Consigliere
Dario Simeoli, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere, Estensore
Tutti i diritti sono riservati – all rights reserved
CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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