Natura giuridica SCIA non prevede l'avvio del procedimento o preavviso di rigetto art. 10-bis
Chiedere un titolo abilitativo quando l’intervento è soggetto a Scia è consentito.
A volte si è presi dal dubbio se scegliere il massimo titolo autorizzativo anche per opere fattibili con regime amministrativo più favorevole.
Con l’emanazione della DPR 380/01 fu chiarito fin dalla sua prima stesura che per l’allora DIA (denuncia di inizio attività) era sostituibile col più lungo e tortuoso procedimento amministrativo del Permesso di Costruire.
Nella primissima versione del Testo Unico per l’Edilizia l’articolo 22 comma 5 prevedeva quindi la espressa facoltà dell’interessato di chiedere il rilascio di permesso di costruire per gli interventi soggetti a DIA. In questa ipotesi la violazione della disciplina urbanistico-edilizia non comportava l’applicazione delle sanzioni penali di cui all’articolo 44 del TUE e il pagamento del contributo di costruzione (oneri, ndr) fatto salvo se nelle norme regionali tali interventi siano soggetti a contributo concessorio.
Il legislatore quindi ha lasciato aperta la possibilità di ottenere comunque il più “alto” titolo abilitativo espresso in luogo della procedura dichiarativa di parte della pregressa DIA, soggetta al regime di silenzio assenso.
In questo caso l’interessato ad effettuare l’intervento avrebbe potuto ottenere il permesso di costruire, allungando i tempi e forse anche le difficoltà nascenti dagli aspetti valutativi/discrezionali che potrebbero emergere in luogo di Commissione Edilizia comunale.
Di converso a fronte di un aggravio di tempi e procedure, al soggetto interessato avrebbe il beneficio di avere “il pezzo di carta” direttamente rilasciato dal Comune.
Si tratta di una possibilità che tutto sommato può essere assai comoda quando si presentano ipotesi di intervento edilizio di incerta qualificazione, a cavallo tra le opere “pesanti” e notevoli.
Tale facoltà non era espressamente prevista prima dell’emanazione del Testo Unico per l’edilizia, posto che la DIA era normata dalla L. 662/96.
Col passare del tempo, in maniera “pasticciata”, il legislatore ha sostituito l’applicazione della DIA con la più recente SCIA, la segnalazione certificata di inizio attività.
La facoltà sostitutiva della SCIA col Permesso è rimasta confermata fino ai giorni nostri, anche dopo le modifiche intervenute col Decreto ‘Scia 2’ n. 222/2016 (acquista il corso online).
Allo stato attuale le categorie di intervento soggette a SCIA (ordinaria, da non confondere con la Scia alternativa al PdC ex art. 23) sono le seguenti:
- manutenzione straordinaria “pesante” di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b) TUE, qualora riguardino le parti strutturali dell’edificio;
- restauro e di risanamento conservativo “pesante” di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c) TUE, qualora riguardino le parti strutturali dell’edificio;
- ristrutturazione edilizia “leggera” di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d) TUE, diversi da quelli indicati nell’articolo 10, comma 1, lettera c;
- varianti a permessi di costruire che non incidono sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modificano la destinazione d’uso e la categoria edilizia, non alterano la sagoma dell’edificio qualora sottoposto a vincolo ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, e non violano le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire;
- varianti a permessi di costruire che non configurano una variazione essenziale, a condizione che siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate dopo l’acquisizione degli eventuali atti di assenso prescritti dalla normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali, di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico e dalle altre normative di settore.
Le regioni a statuto ordinario con legge possono ampliare o ridurre l’ambito applicativo delle disposizioni di cui ai commi precedenti (art. 22 comma 4 del TUE).
Queste categorie di intervento, soggette a pratica SCIA, possono essere facoltativamente effettuate previo ottenimento del permesso di costruire, invece di scegliere la SCIA stessa.
Nel caso in cui si ottenga un Permesso di Costruire al posto della SCIA ai sensi dell’art. 22 comma 7 del TUE, resta fermo che:
- la violazione della disciplina urbanistico-edilizia (non superante le suddette categorie di intervento) non comporta l’applicazione delle sanzioni penali di cui all’articolo 44 TUE, ed e’ soggetta all’applicazione delle sanzioni di cui all’articolo 37 del TUE; nel caso in cui invece fossero compiuti illeciti e violazioni qualificabili secondo i termini previsti dal Testo Unico, si applica il relativo regime sanzionatorio.
- Le regioni possono individuare con legge gli altri interventi soggetti a SCIA, diversi da quelli di cui alle lettere precedenti, assoggettati al contributo di costruzione definendo criteri e parametri per la relativa determinazione.
Per quanto attiene invece le opere soggette alla “sorella maggiore” della SCIA, cioè la Scia alternativa al Permesso di costruire (art. 23 comma 1) si rinvia a specifico approfondimento (leggi qui).
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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