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In zone adeguatamente urbanizzate il permesso di costruire convenzionato potrebbe sostituire il Piano attuativo

Il permesso di costruire convenzionato è stato istituito con l’articolo 17 D.L. 133/2014 “Decreto Sblocca Italia”, aggiungendo nell’articolo 28-bis DPR 380/01: posso semplificare dicendo che contiene due anime contemporaneamente, una di tipo procedurale amministrativa e l’altra convenzionale civilistica.

Il presupposto necessario è la possibilità di soddisfare l’esigenze di adeguata urbanizzazione di aree già urbanizzate, cercando quindi di far combaciare le due fasi/procedure di emanazione dello strumento attuativo e rilascio del permesso di costruire. Possiamo dire che il Permesso di Costruire convenzionato è una particolare forma di titolo abilitativo che agisce in deroga agli strumenti urbanistici attuativi.

Oppure più semplicemente immaginiamolo come un anello di congiunzione tra l’edilizia privata diretta e quella soggetta a pianificazione attuativa.

Infatti il suo procedimento amministrativo e rilascio è il medesimo previsto per il permesso di costruire ordinario (Capo II del Titolo II dello stesso DPR 380/01), mentre alla convenzione si applica la disciplina ex art. 11 L. 241/90.

Teniamo presente che il rilascio del permesso di costruire è comunque subordinato alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione da parte del comune dell’attuazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero all’impegno degli interessati di procedere all’attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell’intervento oggetto del permesso (articolo 12 DPR 380/01).

Come esprime testualmente l’articolo 28-bid DPR 380/01, la speciale previsione del Permesso di costruire convenzionato è condizionata ai casi in cui “le esigenze di urbanizzazione possano essere soddisfatte con una modalità semplificata”. In altre parole va concepita come una rara e calibrata modalità procedurale per modesti interventi attuativi.

Lo scopo principale è un equilibrio tra interessi pubblici e privati contrapposti nell’attuazione urbanistica mediante compensazioni reciproche: ecco perchè il permesso di costruire convenzionato consente alla PA di ottenere vantaggi per i quali in passato era necessario impostare strumenti urbanistici attuativi, attivando effetti anche espropriativi e con i relativi oneri economici.

Si tratta però di uno strumento che deve essere utilizzato nei rispetto del principio di proporzionalità ed eccezionalità, essendo evidente il rischio che attraverso questa leva la proprietà privata venga sottoposta a un trattamento deteriore rispetto a quello assicurato dalle ordinarie procedure espropriative.

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Condizioni essenziali del Permesso di Costruire convenzionato

Il legislatore nel recepire una prassi ampiamente diffusa e in alcune previsioni regionali, ha introdotto una nuova figura di titolo edilizio suscettibile di trovare spazio laddove, al di fuori della pianificazione attuativa, si renda comunque necessaria la strutturazione di un rapporto giuridico tra la parte privata e l’amministrazione pubblica relativamente a profili collaterali al contenuto abilitativo del permesso di costruire.

La norma fissa un limite di ordine generale, finalizzato a distinguere lo spazio riservato all’istituto di nuova invenzione rispetto agli spazi tuttora necessariamente riservati alla pianificazione attuativa.

DIFFERENZA TRA PIANI ATTUATIVI E PERMESSO DI COSTRUIRE CONVENZIONATO

Ai vari piani attuativi previsti dall’ordinamento compete esprimere un ordine insediativo secondo una scala di maggior dettaglio, in funzione di integrazione e completamento delle linee programmatiche indicate dal piano/strumento urbanistico generale, mentre il permesso di costruire convenzionato ha la funzione di assicurare una disciplina accessoria del permesso di costruire, andando oltre la dimensione provvedimentale e consentendo di strutturare e regolare un rapporto di durata che rende più articolata la relazione giuridica tra il richiedente e l’amministrazione comunale, nonché risolvendo i problemi di disciplina che nella prassi erano inadeguatamente risolti mediante clausole unilaterali atipiche apposte al titolo edilizio.

Per i casi in cui, secondo la valutazione dell’amministrazione, le esigenze di urbanizzazione possono essere soddisfatte con una modalità semplificata, la pianificazione di secondo livello (cioè quella attuativa) risulterebbe ridondante e non rispettosa del principio di proporzionalità tra gli interessi pubblici da perseguire e lo strumento amministrativo utilizzato, come del resto è stato costantemente affermato dalla giurisprudenza amministrativa riferita alle fattispecie dei lotti interclusi ricadenti in aree già urbanizzate, nelle quali l’amministrazione comunale deve disapplicare la previsione dello strumento urbanistico generale che impone, senza sufficienti ragioni giustificative, una pianificazione attuativa che nulla potrebbe aggiungere a fronte di un sufficiente grado di urbanizzazione (cfr. Cons. Stato n. 5293/2023, n. 5488/2014).

Valutazione specifica del livello di urbanizzazione circostante

La possibilità di avvalersi di questo speciale permesso di costruire è basata sull’eccezionalità da verificare caso per caso, zona per zona e comune per comune. In pratica va a sostituire lo strumento attuativo con un permesso di costruire speciale, motivo per cui la vera difficoltà sta nel valutare e bilanciare gli interessi privati e pubblici contrapposti per tutelare un assetto del territorio pianificato.

La cosa più importante da tenere a mente, è di evitare che il permesso di costruire convenzionato possa diventare sistematicamente sostitutivo degli strumenti urbanistici attuativi, aggirando quindi tutte le logiche e assetto del territorio deciso dallo Strumento urbanistico generale (Piano regolatore generale o versioni regionali).

Lo so che non è facile, ma ce lo indica la giurisprudenza amministrativa:

Il principio secondo cui nelle zone già urbanizzate è consentito derogare all’obbligo dello strumento attuativo, può trovare applicazione solo nell’ipotesi, del tutto eccezionale, che si sia già realizzata una situazione di fatto che da quegli strumenti consenta con sicurezza di prescindere, in quanto risultano oggettivamente non più necessari, essendo stato pienamente raggiunto il risultato (come adeguata dotazione di infrastrutture, primarie e secondarie previste dal piano regolatore) cui sono finalizzati. Per l’applicazione del principio, pertanto, è necessario che lo stato delle urbanizzazioni sia tale da rendere assolutamente superflui gli strumenti attuativi. Tale situazione, del tutto peculiare, deve riguardare l’intero contenuto previsto dal piano regolatore generale per tali strumenti attuativi e deve concernere le urbanizzazioni primarie e quelle secondarie in riferimento all’assetto definitivo dell’intero ambito territoriale di riferimento. Ogni altra soluzione implicherebbe l’inammissibile conseguenza di trasformare lo strumento attuativo in un atto sostanzialmente facoltativo, non più necessario ogniqualvolta, come avvenuto nel caso in esame, a causa di precedenti abusi edilizi sanati, di preesistenti edificazioni ovvero del rilascio di singole concessioni edilizie illegittime, il comprensorio abbia già subito una qualche urbanizzazione, anche se la stessa non soddisfa pienamente le indicazioni del piano regolatore (Cons. di Stato n. 5293/2023).

Motivo per cui non essendo possibile trovare un confine netto in termini quantitativi e qualitativi, sarà opportuno sempre fare valutazioni specifica e caso per caso, cercando di rispettare quell’equilibro evidenziato poc’anzi e senza esagerare in entrambi i fronti.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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