Mancato o ritardato pagamento degli oneri concessori non impedisce il rilascio del titolo abilitativo
L’annullamento del titolo edilizio provoca la qualificazione di abusività delle opere e pertanto il Comune deve adottare provvedimenti consequenziali
Può accadere che un PdC sia stato rilasciato con vizi procedurali amministrativi e che, una volta accertati, il dirigente o responsabile dell’ufficio tecnico comunale debba procedere ad annullamento, come previsto dall’art. 38 del T.U. DPR 380/2001.
Ad oggi i principali titoli edilizi rilasciati da un Comune sono il Permesso di Costruire (una volta Concessione edilizia), le Autorizzazioni paesaggistiche (se delegati ad hoc dalle Regioni come in Toscana), oppure le pregresse licenze/Autorizzazioni edilizie; le DIA e SCIA non sono titoli edilizi, e rientrano nel regime comunicativo sottoposto a silenzio-assenso.
Visto l’infittirsi della giungla normativa tecnica, può capitare anche una defiance anche agli enti pubblici.
Es: l’errata applicazione di un’altezza massima per una zona urbana, oppure scambiare erroneamente la classificazione di un ambito urbanistico, l’errato riferimento ad una classe di tutela, errata interpretazione di una norma di piano, ecc;
Qualora non sia possibile la rimozione degli stessi o la rimessa in pristino, in via motivata il Comune applica una sanzione amministrativa pari al valore venale delle opere o alle porzioni abusivamente effettuate sulla base di valutazione dell’Agenzia del Territorio.
In tali casi il Legislatore ha riservato il criterio vigente per regolarizzare le parziali difformità ex art. 34 del T.U. ovvero non intende danneggiare le sagome planivolumetriche legittime (o legittimate) da precedenti titoli/provvedimenti con l’azione ripristinatoria totale e inflessibile;
piuttosto è applicato il principio di salvaguardia dell’ultima configurazione edilizio nella sua complessità nel caso in cui la demolizione/rimozione delle parti difformi rechi pregiudizio alle parti conformi.
Ciò avviene praticamente sempre quando è connesso con aspetti strutturali, sempre che quest’ultimi siano inderogabilmente e doppiamente conformi alla normativa antisismica vigente all’epoca di abuso.
Sono i criteri anche ripercorsi recentemente da un’interessante sentenza del Consiglio di Stato n. 4410/2015 del 21/09/2015, che in sintesi chiarisce l’affidamento del privato a conservare l’opere edilizia in base a un titolo successivamente annullato non è in via generale tutelato, ma è rimesso alla discrezionalità legislativa; quest’ultima ha il potere di normare la casistica attraverso il regime sanzionatorio ordinario oppure con provvedimenti straordinari quali condoni edilizi.
In difetto di essi le opere di un titolo annullato non si differenziano da quelli realizzate abusivamente senza titolo.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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