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Cassazione Penale conferma limiti e condizioni per realizzare pergotenda, vietando creazione di spazi chiusi

Il Decreto Legge n. 69/2024 ha ampliato il perimetro dell’edilizia libera a favore di pergotende, tende a pergola, pergole bioclimatiche, e nonostante le modifiche apportate in conversione di legge n. 105/2024, restano molti limiti all’installazione di questi elementi.

In tal senso si è espressa la sentenza di Cassazione Penale n. 39596/2024, che ha rimarcato le condizioni e limiti per la loro realizzazione, tenendo conto del Testo Unico Edilizia riformato dal Salva Casa. Nella fattispecie l’oggetto di contestazione era un piccolo deposito a pianta rettangolare di mq. 15,36, con struttura portante in pilastri di ferro tipo scatolato, copertura a falda e pareti laterali rivestite con teli plastificati, alta mt. 2,95.

Questa costruzione è stata comunque ritenuta illegittima perchè configurante nuova costruzione, e pertanto soggetta a permesso di costruire, in particolar modo l’aspetto funzionale di chiusura abusiva è stato rimarcato dalla presenza di pareti laterali di teli di plastica; in particolar modo, prima del Salva Casa era particolarmente valutato il profilo di precarietà strutturale e funzionale dell’opera di pergotenda. Per quando riguarda la chiusura della pergotenda, anche temporanea, si tratta di un profilo pacificamente consolidato in giurisprudenza sulla pergotenda, e che resta invariato anche alla luce della Legge n. 105/24 Salva Casa; la vedo dura superare questo problema installando le vetrate panoramiche amovibili VEPA, perchè la loro installazione libera è circoscritta a spazi costruiti come balcone, loggia o porticato.

Si premette ancora che il regime di edilizia libera presuppone sempre il rispetto di una lunga serie di norme e disposizioni, in primis le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali, e comunque nel rispetto delle altre normative di settore aventi incidenza sulla disciplina dell’attività edilizia e, in particolare, delle norme antisismiche, di sicurezza, antincendio, igienicosanitarie, di quelle relative all’efficienza energetica, di tutela dal rischio idrogeologico, nonché delle disposizioni contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42/2004.

Pergotenda dopo Salva Casa

Il D.L. n. 69/2024, convertito con modificazioni dalla legge 24 luglio 2024, n. 105, ha modificato l’articolo 6 D.P.R. n. 380/2001 aggiungendo la lettera b-ter), senza però modificare la lettera e-bis) sulle opere stagionali e temporanee. In particolare, la lettera b-ter) attrae nell’ambito le seguenti opere in edilizia libera:

«le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile, anche impermeabile, ovvero con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera. In ogni caso, le opere di cui alla presente lettera non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici, devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche».

Affinché la pergotenda non sia soggetta ad alcun regime autorizzativo edilizio, fatto salve è necessario che l’opera sia:

  • funzionalmente destinata alla sola protezione dal sole e dagli agenti atmosferici;
  • strutturalmente (e conseguentemente) costituita esclusivamente da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola, anche bioclimatiche, con telo retrattile, anche impermeabile, ovvero con elementi di protezione solare mobili o regolabili;
  • addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera;
  • non determini la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici;
  • abbia caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e si armonizzi alle preesistenti linee architettoniche.

In assenza anche di una sola di queste condizioni, l’opera non può essere considerata come soggetta a edilizia libera. Appare chiaro, anche alla luce del novum legislativo “Salva Casa”, che l’installazione di manufatti leggeri non destinati alla sola protezione dal sole e dagli agenti atmosferici ma stabilmente utilizzati come ambienti di lavoro, depositi o magazzini, con creazione di uno spazio stabilmente chiuso a servizio di esigenze tutt’altro che temporanee, costituisca intervento di “nuova costruzione” soggetto a permesso di costruire.

Nel momento in cui l’opera di pergotenda, anche nel rispetto delle caratteristiche disposte da ultimo dal Salva Casa, viene chiusa con pareti laterali, anche di natura mobile o riavvolgibili, si configura anche potenzialmente la creazione di uno spazio chiuso.

Stesso discorso trova applicazione anche per la pergola bioclimatica, spiegazione in questo video.

Ciò è coerente con la definizione di “interventi di nuova costruzione” data dall’art. 3, comma 1, lett. e.5), d.P.R. n. 380/2001, che ancor oggi qualifica come tali i “manufatti leggeri, anche prefabbricati” che siano utilizzati come ambienti di lavoro, depositi o magazzini e non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee. La natura permanente dell’esigenza cui l’opera è asservita costituisce criterio legale di qualificazione dell’opera stessa come nuova costruzione siccome ope legis ritenuta tale da determinare la trasformazione edilizia e urbanistica del territorio.

La natura “precaria” dell’opera, dunque, non deriva dalla tipologia dei materiali impiegati per realizzarla, né dalla sua facile amovibilità, bensì dalla natura delle esigenze che essa intende soddisfare. Ciò è chiaramente evincibile dal tenore testuale degli artt. 3, comma 1, lett. e.5, e 6, comma 1, lett. e-bis, d.P.R. n. 380 del 2001, nei quali si fa esplicito riferimento alle «esigenze meramente temporanee» (art. 3) e alle «esigenze contingenti e temporanee» (art. 6).

La natura temporanea e contingente delle esigenze non è di per sé sufficiente a sottrarre l’opera al regime “concessorio” se la stessa non sia comunque di facile amovibilità. Lo stabile e permanente collegamento al terreno esclude sempre la natura precaria dell’opera; lo si evince chiaramente dal fatto che anche le “unità abitative mobili”, per non essere considerate “nuove costruzioni”, devono comunque essere dotate di meccanismi di rotazione funzionanti e non devono essere collegate al terreno in maniera permanente (art. 3, lett. e.5, seconda parte). Il che si spiega con il fatto che le opere destinate a soddisfare esigenze non temporanee e quelle comunque stabilmente collegate al suolo condividono con gli “interventi di nuova costruzione” la loro attitudine alla trasformazione edilizia e urbanistica del territorio in via permanente. Prova ne sia che le opere stagionali e quelle dirette a soddisfare obiettive esigenze, contingenti e temporanee, sono soggette ad attività edilizia libera a condizione che siano tempestivamente rimosse al cessare dell’esigenza: l’opera “precaria” non rimossa è una “nuova costruzione” e necessita, in quanto tale, di permesso di costruire.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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