Cassazione Penale conferma limiti e condizioni per realizzare pergotenda, vietando creazione di spazi chiusi
La natura di arredo esterno non consente un utilizzo diverso dal sostegno di piante ombreggianti
Pergola o pergolato poco importa, la giurisprudenza amministrativa conferma quanto indicato nella normativa edilizia: la nozione di pergolato non consente una funzione diversa da quella ornamentale, e deve essere realizzato con struttura leggera in legno o in altro materiale di minimo peso, facilmente amovibile, che funge da sostegno per piante rampicanti, attraverso le quali realizzare riparo e/o ombreggiatura di superfici di modeste dimensioni (Cons. di Stato, sent. n. 8475/2023, n. 8/2022, n. 4001/2018, n. 5008/2018, n. 306/2017).
La normativa edilizia nel Regolamento Edilizio Tipo prevede la definizione di pergola, ma invece non contiene una espressa definizione di pergolato, ma una leggera menzione alla voce n. 46 del Glossario Edilizia libera: Pergolato, di limitate dimensioni e non stabilmente infisso al suolo.
Proprio nel glossario, tale definizione è contenuta nella categoria di aree ludiche ed elementi di arredo delle aree di pertinenza: ciò significa che il pergolato va concepito veramente come un arredo, semplicemente appoggiato al suolo; nel momento in cui viene infisso al suolo in qualunque modo, anche senza opere di scavo, perde un requisito essenziale e diviene manufatto destinato a permanere. E pertanto, nuova costruzione rientrante in permesso di costruire, come se fosse di cemento armato.
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L’unica distinzione tra pergola e pergolato proviene dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 306/2017, la quale ha stabilito che il pergolato, per sua natura, è una struttura aperta su almeno tre lati e nella parte superiore e normalmente non necessita di titoli abilitativi edilizi (Cons. Stato VI n. 306/2017).
Quindi, il pergolato non deve consentire in alcun modo altre funzioni, oltre quella ornamentale e di sostegno piante rampicanti. Nel momento in cui cambia funzione, perde la natura di elemento di arredo per rientrare in quella di costruzione.
Ecco perchè diventa un manufatto vero e proprio quando viene coperto superiormente e/o lateralmente, anche con vetrate scorrevoli o a “pacchetto”: in questo modo si determina la natura stabile dell’opera e l’oggettiva idoneità dell’intervento a chiudere lo spazio del pergolato, configurando aumento della superficie utile e della volumetria. E il discorso vale soprattutto per chi propone di installare le Vetrate Panoramiche Amovibili (VEPA) o pergole bioclimatiche spacciate per pergolato. Le VEPA si possono installare davvero in edilizia libera, a certe condizioni, soltanto su balconi aggettanti e logge rientranti nell’edificio, come stabilito dall’articolo 6 comma 1 DPR 380/01.
Neppure l’eventuale utilizzo stagionale delle vetrate è sufficiente a conferire natura precaria all’opera, perché occorre che la struttura sia oggettivamente inidonea a soddisfare esigenze prolungate nel tempo (anche a livello potenziale).
In materia va, infatti, applicato “non il criterio strutturale, ma il criterio funzionale”, per cui un’opera, se è realizzata per soddisfare esigenze che non sono temporanee, non può beneficiare del regime proprio delle opere precarie anche quando in ipotesi le opere medesime siano state realizzate con materiali facilmente amovibili; ne consegue che anche dal punto di vista paesaggistico non possono essere considerati manufatti precari, destinati a soddisfare esigenze meramente temporanee, quelli destinati ad una utilizzazione perdurante nel tempo (Cons. di Stato n. 3948/2024, 5681/2023. n. 1776/2013).
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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