Definizione DPR 380/01 non riguarda la Paesaggistica, ma serve stesso approccio
L’autorizzazione paesaggistica va ricondotta alla tutela dell’aspetto visibile del territorio, come risulta dall’art. 1 della Convenzione Europea sul Paesaggio di Firenze.
Secondo il Consiglio di Stato il rispetto paesaggistico è correlato all’apprezzamento globale dell’impatto dell’intervento sui valori ambientali propri del sito vincolato.
La Convenzione Europea sul Paesaggio fu adottata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa a Strasburgo il 19 luglio 2000 ed fu aperta alla firma degli Stati membri dell’organizzazione a Firenze il 20 ottobre 2000; essa è stata ratificata dalla Repubblica Italiana con legge 9 gennaio 2006, n. 14.
La Convenzione individua e definisce il paesaggio quale parte del territorio “come è percepita dalle popolazioni”.
Il Codice dei Beni Culturali D.Lgs. 42/2004 all’art. 131 parla del paesaggio come “il territorio espressivo di identità, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali, umani e dalle loro interrelazioni”. E ancora, il Codice tutela il paesaggio relativamente a quegli aspetti e caratteri che costituiscono rappresentazione materiale e visibile dell’identità nazionale, in quanto espressione di valori culturali.
Aggiungo a titolo personale che il paesaggio è la visione del territorio.
Alla luce di tutto ciò risulta interessante provare a tracciare una sorta di spartiacque relativo all’incidenza paesaggistica di un’opera.
Come importante premessa è necessario specificare che non è possibile generalizzare automaticamente il principio di massima emerso dalla seguente giurisprudenza amministrativa, ricordando come credo sia opportuno che ogni caso merita (purtroppo) trattazione specifica proprio perchè contiene basato su aspetti che travalicano la natura discrezionale.
La terza sezione del TAR Toscana, con sentenza n. 418/2016 ha affermato a più riprese che quello che conta è una globale apprezzabilità dell’intervento realizzato sul paesaggio stesso (cfr. anche Cons. di Stato III n. 1491 del 2014 che parla di “apprezzamento globale dell’impatto dell’intervento sui valori ambientali propri del sito vincolato”).
Tuttavia la medesima ha chiarito alcuni principi per i quali una certa opera edilizia non può invocare la negazione di incidenza paesaggistica:
- l’assenza di specifica visibilità da “particolari punti di osservazione” (Cons. di Stato III n. 1046/2015);
- la non visibilità del manufatto “dalla strada” (Cons. di Stato n. 1819/2014 e n. 1206/2014);
- che il manufatto sia collocato “a ridosso di una balza di terreno” (Cons. di Stato n. 1124/2014);
- né che lo stesso sia “schermato dal verde” (Cons. di Stato nn. 1293/2012, 2095/2012, 1773/2013, 1216/2014).
Il Consiglio di Stato si è anche occupato di casi in cui certi interventi comportanti incrementi volumetrici in aree vincolate paesaggisticamente fossero da ritenere pregiudizievoli all’assetto paesaggistico, ad esempio escludendo i casi di inammissibilità alla procedura di Accertamento di compatibilità paesaggistica per la creazione di “volumi interrati” o che non determinino “alterazione della sagoma di quelli esistenti” (Cons. di Stato III n. 338/2015) ovvero agli “interventi minimali di scarsissimo impatto” (Cons. di Stato III n. 1476 del 2015).
Anche per queste suddette categorie di fattispecie emerge chiaramente il difficile margine di natura discrezionale sui quali gli attori contrapposti possono argomentare all’infinito.
L’ambito di qualificazione di valenza paesaggistica diventa prettamente discrezionale da parte degli attori in gioco.
Tenuto conto delle suddette linee interpretative, diventa arduo definire di volta in volta se un intervento risulta privo di valenza paesaggistica, in quanto privo di percepibilità dall’esterno, inidoneo ad alterare la sagoma e la consistenza dell’edificio e comunque intervento minimale di scarsissimo impatto.
Un caso specifico potrebbe derivare dall‘installazione di un infisso di metallo e vetro a copertura di un patio collocato all’interno della sagoma e del volume del fabbricato esistente, più basso rispetto al colmo del tetto e quindi privo di una visibilità esterna e di quel minimo di incidenza sull’aspetto esteriore del territorio, il quale costituisce il pre-requisito perché possa porsi il tema della valenza paesaggistica di un intervento edilizio. Si tratta di una fattispecie dibattuta al Consiglio di Stato III con sentenza n. 418/2016 e segnalatami per gentile condivisione dall’Avv. Andrea Di Leo che ringrazio cordialmente.
Quanto sopra, si precisa, che riguarda una casistica relativa a diniego di accertamento di compatibilità paesaggistica ex art. 167 d.lgs. n. 42/2004, presentata il 14 ottobre 2014, ovvero anteriore al nuovo DPR 31/2017 – Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall’autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata.
Questo nuovo DPR 31/2017 ha riformato profondamente il previgente regime semplificato per l’autorizzazione paesaggistica e ha innovato molto il cosiddetto regime di “paesaggistica libera”.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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