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La possibilità di mantenere illeciti edilizi insanabili pagando sanzione pecuniaria produce dubbio sulle trasformazioni successive

Torno ad analizzare un particolare tipo di “fiscalizzazione edilizia”, cioè quella riguardante le opere compiute in parziali difformità dal Permesso di Costruire (art. 34 c.2 TUE), che tuttavia non soddisfano i requisiti di doppia conformità richiesti dalla procedura ex art. 36 D.P.R. 380/01.

Fiscalizzare significa pagare una sanzione pecuniaria sostitutiva della mancata demolizione di alcuni particolari tipi di abuso edilizio, e di penalizzare contestualmente il soggetto interessato annullando l’indebito vantaggio nel mantenerli in opera.

Definizione: Procedura di Fiscalizzazione edilizia ex art. 34 c.2 TUE.

Vorrei evidenziare quella specie di paradosso che si viene a creare verso coloro che decidono di fare successivi interventi edilizi su immobili interessati da precedenti fiscalizzazioni.

In pratica non riesco a rispondere con certezza a chi chiede di poter ristrutturare o trasformare immobile oggetto di fiscalizzazione, proprio a causa di questo paradosso.

Il paradosso: le opere fiscalizzabili sono intoccabili o possono modificarle?

Ipotizziamo la situazione in cui sia stata pagata la sanzione pecuniaria “fiscalizzazione” per mantenere in opera la parziale difformità dal Permesso di Costruire, chiudendo tutto il procedimento previsto dalla normativa.

Pensiamo ad esempio un rialzamento dell’ultimo piano dell’edificio di circa cinquanta centimetri, non sanabile: come comportarsi quando dovrò rifare il tetto per manutenzione straordinaria, oppure quando deciderò di fare il Superbonus 110 oppure i bonus minori?

Lo scenario paradossale nasce dal fatto che la porzione sopraelevata è illegittima, e resta tale in quanto la fiscalizzazione non si traduce mai in sanatoria edilizia, altrimenti si sarebbe ottenuta la sanatoria “formale” del permesso di costruire (art. 36 TUE).

La Cassazione Penale in materia di trasformazioni su immobili irregolarità mantiene fermo il principio per cui impedisce interventi di manutenzione ordinaria ove esiste un abuso non represso:

«deve, infatti, confermarsi la giurisprudenza di questa Corte (Cassazione Penale, ndr) che in modo costante ha ritenuto configurabile la violazione dell’art. 44, d.P.R. 380 del 2001 per ogni intervento (anche di manutenzione ordinaria) su un immobile illegittimo: “In tema di reati edilizi, qualsiasi intervento effettuato su una costruzione realizzata abusivamente, ancorché l’abuso non sia stato represso, costituisce una ripresa dell’attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato, anche se consista in un intervento di manutenzione ordinaria, perché anche tale categoria di interventi edilizi presuppone che l’edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente” (Cass. Pen. n. 11788/2021, n. 27993/2020, n. 25985/2020, n. 48026/2019, n. 9648/2019, n. 51427/2014, n. 26367/2014).»

Nasce un “vincolo di immutabilità” degli abusi fiscalizzati?

Quindi si giunge al vero paradosso dopo aver pagato una pesante sanzione pecuniaria a fiscalizzazione:

  1. mantengo la porzione abusiva, ma in quanto tale non posso trasformarla (vedi soprastante principio Cassazione): quindi si traduce come un “vincolo di intoccabilità” eterno, non potendo fare neanche manutenzioni?
  2. se faccio una opera di manutenzione straordinaria sulla parte abusiva, il Comune può emettere nuovamente un altro ordine di demolizione su di essa, già colpita da precedente ordine di demolizione fiscalizzato?

Entrambi gli scenari presentano paradossi per evidenti motivi.
Nel primo caso si va a imporre indirettamente un “vincolo” sulla porzione abusiva, un vincolo pesante che arriva a impedire qualsiasi trasformazione, anche quelle manutentive. Che facciamo tra cento anni, lasciamo crollare il tetto per incuria a causa del divieto surrettizio di opere?

In termini polemici si può anche sostenere che ciò produrrebbe perfino effetti semi-espropriativi sulla porzione abusiva: infatti è stata versata una sanzione pecuniaria che spesso (per non dire sempre) supera il valore dell’opera stessa; in alcune Regioni i criteri di calcolo sono addirittura maggiorati rispetto al DPR 380/01, rendendo davvero antieconomica la fiscalizzazione.

Nel secondo caso si arriva alla riedizione o riemissione di un identico provvedimento repressivo sullo stesso oggetto, sul quale ci sono diversi argomenti per chiederne l’annullamento per duplicazione; inoltre, la possibile riemissione del provvedimento sanzionatorio repressivo porterebbe anche agli effetti del primo scenario, cioè un “vincolo di intoccabilità”.

Trasformazione edilizia con rimozione della parte fiscalizzata

Vorrei anche ricordare la “via di mezzo” che spesso potrebbe risolvere qualche aspetto, cioè la possibilità di fare intervento di trasformazione o ristrutturazione edilizia del fabbricato già trattato con fiscalizzazione su alcune porzioni di esso.

Poniamo il caso di chi intenda demolire tutto (o in parte) l’edificio, magari per fare il Superbonus. L’intervento potrebbe prevedere correttamente la demolizione delle parti abusive, senza la loro ricostruzione, andando cioè a ripristinare spontaneamente quanto autorizzato dallo Stato Legittimo del fabbricato stesso.

Per esempio, l’edificio con una porzione rialzata di 50 cm in copertura, potrebbe prevedere il ripristino alla quota più bassa già autorizzata.

Si, tutto ok, ma si andrebbe a “incenerire” i soldi già versati come sanzione pecuniaria a fiscalizzazione, che ovviamente non verrebbero restituiti dal Comune; mica possono essere immaginati come una “caparra penitenziale” a tempo infinito.

Ed ecco dimostrata anche l’inconvenienza economica del ripristino spontaneo, perchè nessun cittadino accetterebbe una perdita economica di questo tipo.

Conclusioni? Non ce ne sono

Non ho risposte certe da condividere, perchè il legislatore ha istituito nel DPR 380/01 una procedura di fiscalizzazione utile soltanto a risolvere i problemi contingenti (ordinanza demolizione), senza disporre per il futuro.

E’ giunto il momento di affrontare e risolvere anche questo paradosso normativo, altrimenti lasceremo in eredità un patrimonio immobiliare “intoccabile”.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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