Cassazione Penale conferma limiti e condizioni per realizzare pergotenda, vietando creazione di spazi chiusi
Consiglio di Stato: occorre una chiara distinzione tra opere oggetto di condono edilizio e quelle realizzate successivamente
Il CdS con sentenza 3943 del 14/08/2015 si è pronunciato su di una casistica non rara, ovvero la definizione di un condono edilizio ex L. 724/94 in presenza di interventi edilizi effettuati nel periodo intercorrente tra deposito della domanda di sanatoria e il suo rilascio.
Nella fattispecie il Comune aveva rigettato del domande di condono rilevando, in seguito ad accertamenti istruttori, la sussistenza di uno stato dei luoghi diverso da quello esposto nelle istanze realizzato con ulteriori opere abusive rispetto a quelle descritte nello stesso provvedimento.
Nella fattispecie il Comune aveva rigettato del domande di condono rilevando, in seguito ad accertamenti istruttori, la sussistenza di uno stato dei luoghi diverso da quello esposto nelle istanze realizzato con ulteriori opere abusive rispetto a quelle descritte nello stesso provvedimento.
In sintesi avendo accertato un abuso aggiuntivo rispetto ad opere oggetto di sanatoria, il Comune disponeva contemporaneamente il ripristino e diniego del condono.
Il Tar del Campania appoggia la tesi del Comune rilevando che gli interventi eseguiti in seguito, da valutare globalmente, abbiano determinato «un radicale stravolgimento del fabbricato oggetto del condono».
Il CdS invece adotta la tesi opposta:
se le opere effettuate successivamente a quelle oggetto di condono hanno autonoma identificazione tale da non impedire una valutazione di quest’ultime il Comune dovrà operare distinguendo i due ambiti, ovvero separare la procedura istruttoria al rilascio del condono (fatti salvi i necessari requisiti e presupposti) da quella inerente le opere effettuate in seguito.
L’OPINIONE.
Negli ultimi anni in molti Comuni dove ho operato vi è consolidata prassi a definire il rilascio di concessione a sanatoria prima di effettuare altri interventi edilizi, proprio per evitare confusione e quindi non distinguibilità delle opere abusive originarie rispetto ad uno stato dei luoghi alterato, soprattutto di fronte a interventi sostanziali.
Ho riscontrato anche una prassi adottata dai notai in occasione di compravendite immobiliari in cui sugli edifici gravavano domande di condono ex L. 47/85 e 724/94 ancora aperte.
Se da una parte la normativa non vieta espressamente il trasferimento in presenza di condoni aperti, è altamente prudente chiudere tali condoni in prospettiva di verificare pienamente la conformità urbanistica per un chiaro rapporto venditore/acquirente, azzerando rischi su possibili futuri dinieghi verso gli aventi causa.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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