Anche gli interventi CILA-S sono soggetti al rispetto dello Stato Legittimo, pertanto niente immobili abusivi
Gli ulteriori interventi su fabbricati abusivi, non sanati o condonati ripetono le caratteristiche di illegittimità del manufatto
La Cassazione Penale continua a ribadire fermamente un principio: gli immobili abusivi non vanno toccati, neppure con opere di modesta entità o perfino di manutenzione ordinaria, e lo ha fatto con sentenza n. 18268/2023.
Vorrei sottolineare che tutto il ragionamento che seguirà avviene nel perimetro dell’ambito penale, perchè stiamo parlando di immobili, manufatti e costruzioni che risultano abusivi nel loro complesso.
Ci terrei ad aggiungere che il ragionamento debba essere esteso a tutte le irregolarità edilizie primarie, cioè penalmente rilevanti e soggette a Permesso di Costruire; questo per dire che non necessariamente dobbiamo fare riferimento “soltanto” ai casi di costruzione interamente abusiva, ma a tutti quegli interventi edilizi illeciti che configurano reato edilizio.
Fatte queste dovute precisazioni, passiamo a leggere il punto di vista della espresso nella sentenza n. 18268/2023 di Cassazione Penale.
Indice
- Gli ulteriori interventi su fabbricati abusivi, non sanati o condonati ripetono le caratteristiche di illegittimità del manufatto
- La natura permanente dell’abuso edilizio
- Opere su edifici abusivi o con abusi edilizi, anche la CILA viene contaminata
- Regime amministrativo, i due orientamenti contrapposti
- E le CILAS su immobili abusivi cosa rischiano?
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La natura permanente dell’abuso edilizio
Bisogna partire da un fermo presupposto: l‘abuso edilizio ha carattere e natura di illecito permanente, cioè perdura nel tempo il proprio stato di illegittimità; il trascorrere del tempo non concede in alcun modo la possibilità di cambiare questa natura.
Le caratteristiche di illecito permanente interessano la sfera penale edilizia (al netto della prescrizione penale limitata al comportamento del soggetto responsabile), sia la sfera amministrativa edilizia.
Entrambi i regimi non prevedono alcun meccanismo di “sanatoria automatica”, a meno che non si rientri nelle tolleranze edilizie (e al netto della conformità di tutte le altre normative edilizie e settoriali, cioè l’intera disciplina urbanistico edilizia).
I principi emessi più volte dalla Cassazione penale in materia di abusi edilizi “primari” potrei riassumerli in questo modo: se l’immobile è gravato da illeciti edilizi penalmente rilevanti, l’esecuzione di qualsiasi opere compreso la manutenzione ordinaria “libera” comporta la reiterazione del reato edilizio.
Ma vediamo meglio come li ha enunciati la Cassazione Penale nel prossimo paragrafo, e anche nell’apposito video:
Opere su edifici abusivi o con abusi edilizi, anche la CILA viene contaminata
Qualsiasi intervento effettuato su costruzione abusiva, anche se non ancora accertata, costituisce ripresa dell’attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato, anche se consista in un intervento di manutenzione ordinaria, perchè anche tale categoria di interventi edilizi presuppone che l’edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente (Cass. Pen. n. 18268/2023, n. 11788/2021, n. 27993/2020, n. 25985/2020, n. 48026/2019, n. 9648/2019, n. 51427/2014, n. 26367/2014).
Questo principio ormai è divenuto pacifico, e si può insinuare che abbia fornito ispirazione a definire lo Stato Legittimo dell’immobile (art. 9-bis comma 1-bis DPR 380/01) e le relative tolleranze edilizie (art. 34-bis DPR 380/01), come inseriti dal D.L. 76/2020.
Ma andiamo avanti, perchè la sentenza contiene altri punti fermi:
Facendo applicazione di tale principio generale, si è tra l’altro precisato che in tema di reati edilizi, il regime della comunicazione di inizio lavori asseverata (C.I.L.A.) non è applicabile alle opere da eseguirsi su manufatti il cui originario carattere abusivo sia stato accertato con sentenza definitiva e che non risultino essere state oggetto di condono edilizio o di accertamento di conformità, poiché gli interventi ulteriori su immobili abusivi ripetono le caratteristiche di illegittimità dal manufatto principale, al quale ineriscono strutturalmente. (Cass. Pen. 18268/2023, n. 41105/2018; e ancora, con riguardo a interventi ricondotti astrattamente al regime di denuncia di inizio attività (DIA), o di Scia, rispettivamente Cass. Pen. n. 30168/2017, n. 51427/2014.
Regime amministrativo, i due orientamenti contrapposti
Nella giurisprudenza di Consiglio di Stato si possono rilevare due orientamenti alternativi:
- Assoluto: ripercorre il divieto tassativo di effettuare opere su immobili abusivi al pari della Cassazione Penale di cui sopra;
- Possibilista: ammette opere minimali di conservazione su immobili abusivi ma soltanto per immobili in pendenza di condono edilizio.
Tra i due ritengo che debba prevalere il primo, alla luce della volontà del legislatore modificata con l’introduzione dello Stato Legittimo degli immobili (D.L. 76/2020).
Orientamento assoluto e “vincolo” di non trasformabilità.
L’orientamento formatosi in giurisprudenza amministrativa è praticamente identico a quello descritto precedentemente nel Penale. Molto spesso è derivato dalla possibilità di svolgere ulteriori interventi edilizi su immobili ove sono pendenti istanze di condono edilizio. Ad esempio riporto un passaggio estratto dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 4473/2021:
«è fermo in giurisprudenza l’avviso secondo cui, in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli interventi ulteriori (pur se riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione straordinaria, della ristrutturazione o della costruzione di opere costituenti pertinenze urbanistiche), ripetono le caratteristiche d’illiceità dell’opera abusiva cui ineriscono strutturalmente, giacché la presentazione della domanda di condono non autorizza l’interessato a completare ad libitum e men che mai a trasformare o ampliare i manufatti oggetto di siffatta richiesta, stante la permanenza dell’illecito fino alla sanatoria;».
Oppure anche la sentenza Cons. di Stato n. 5550/2021 statuisce che:
«la presentazione della domanda di condono non autorizza certamente l’interessato a completare né tantomeno a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta, i quali, fino al momento dell’eventuale concessione della sanatoria, restano comunque abusivi».
Pensare che questo principio possa valere soltanto per gli immobili su cui pendono domande di condono edilizio inevase è sbagliato. Al contrario, questo basilare principio di “Stato legittimo” va esteso anche per tutte le ipotesi di irregolarità presenti a prescindere da istanze di regolarizzazione dormienti.
Il altri termini esiste una specie di sbarramento a ulteriori interventi edilizi quando l’immobile presenti irregolarità di vario tipo. Il principio era coerente anche con tutta la normativa sanzionatoria presente nel DPR 380/01, aspetto che poi è stato definitivamente conclamato con l’introduzione dello Stato Legittimo.
Orientamento possibilista per immobili in attesa di condono edilizio
Con la sentenza n. 3533/2022 il Consiglio di Stato ha ribadito che, in pendenza di un procedimento di condono edilizio, possono essere al più effettuati interventi finalizzati a garantire la conservazione del manufatto, purché gli stessi non modifichino le caratteristiche essenziali e la destinazione d’uso dell’immobile.
Non stiamo quindi parlando della procedura ordinaria di Accertamento di conformità (sanatoria edilizia) ex art. 36 DPR 380/01, ma soltanto delle tre sanatorie straordinarie di cui alla L. 47/85, L. 724/94 e L. 326/03, meglio note come condoni edilizi.
Aa esempio nella sentenza del Consiglio di Stato n. 5248/2018 viene ribadito che:
in pendenza di procedimento di condono di un manufatto, gli unici interventi edilizi consentiti su di esso sono quelli diretti a garantirne la conservazione: essi non possono spingersi nell’esecuzione di opere destinate a mutarne la struttura, i volumi, i prospetti, salvo che siano indispensabili – previa, in tal caso, necessaria preventiva interlocuzione con l’Amministrazione – al fine di consentire di stabilire quali siano i caratteri e le esatte dimensioni del manufatto abusivo per verificarne la condonabilità. La normativa sul condono postula la permanenza dell’immobile da regolarizzare e non ammette, in pendenza del procedimento, la realizzazione di opere aggiuntive né finanche l’impiego di materiali di costruzione diversi da quelli originari, comportanti di fatto la qualificazione dell’intervento come sostituzione edilizia, venendo meno la continuità tra vecchia e nuova costruzione e l’attuale riconoscibilità del manufatto originario oggetto dell’istanza di condono (cfr., in termini, Cons. Stato, sez. V, 27 agosto 2014 n. 4386; Id, sez. IV, 24 dicembre 2008, n. 6550).
Questo orientamento sembrerebbe concedere una minima possibilità di effettuare lievissimo interventi manutentivi in attesa di definire il condono edilizio, basata su criterio di buon senso e con diversi paletti: l’intervento ammissibile deve essere inteso come manutenzione “fedelissima”.
E le CILAS su immobili abusivi cosa rischiano?
Per adesso non ci sono pronunce in Cassazione Penale per interventi effettuati col Superbonus su costruzioni abusive o affetti da illeciti edilizi penalmente rilevanti.
Ma temo che ci saranno a stretto giro: non so quanto possa essere elastico lo “scudo virtuale” assegnato alla CILA Superbonus con l’articolo 119 c.13-ter DL 34/2020: il fatto che sia esonerata dalle attestazione di Stato Legittimo “pieno” e sostituita con lo Stato Legittimo “semplificato” non mi ha mai convinto del tutto. E scommettiamo che la vera fonte dei problemi futuri verrà dal successivo comma 13-quater, che mantiene impregiudicati i poteri di verificare la legittimità dell’immobile oggetto di interventi.
E anche qualche giudice amministrativo ha già iniziato ad insinuare come sia possibile che lo Stato abbia potuto concedere incentivi fiscali su immobili privi di regolarità edilizia.
Il vero tallone di Achille della CILAS lo possiamo rinvenire a pagina 6 del suo modulo unificato nazionale, e in particolare l’asseverazione di conformità del Tecnico abilitato verso la vigente disciplina urbanistica ed edilizia.
Infatti l’asseverazione farebbe rientrare dalla finestra lo Stato Legittimo “pieno”, coi problemi legati alla falsa attestazione resa in CILAS e automatica revoca dei benefici fiscali.
Quindi si arriverà al paradosso, come ritengo da anni, che la semplificazione della CILAS per lo Stato Legittimo sia stata una bolla di sapone “formale”, perforabile da tutti i restanti principi sostanziali in materia di reati e illeciti edilizi.
Ancora un po’ di tempo lo scopriremo.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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