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Il procedimento deve chiudersi con provvedimento espresso e quantificazione della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 37 D.P.R. 380/01

Ci sono opere rientranti in Permesso di Costruire, quelle rientranti in CILA e nel mezzo ci sono quelle astrattamente soggette a Segnalazione Certificata Inizio Attività.

Dico astrattamente perchè a mio avviso nell’attuale ordinamento sono quelle più difficili di qualificare, in particolare c’è il famoso spartiacque tra ristrutturazioni edilizie “leggere” e “pesanti”, secondo quanto disposto dal D.Lgs. 222/2016.

Premesso ciò, partiamo da un punto: quali sono le due procedure che regolarizzano interventi costituenti illeciti e abusi edilizi?

Sono (soltanto) due e si trovano espresse negli articoli 36 e 37 del D.P.R. 380/01:

  • Accertamento di conformità: la conclusione positiva della procedura porta al rilascio del permesso di costruire in sanatoria (art. 36 T.U.E)
  • Sanatoria dell’intervento: non ha un particolare nome o una specifica disciplina, da prima lettura non emergono precisi riferimenti procedurali (art. 37 T.U.E)

Sulla prima procedura si è già scritto molto nel blog e rinvio ai vari approfondimenti già pubblicati, proprio perchè vorrei focalizzare la seconda procedura.

La seconda procedura riguarda la regolarizzazione in sanatoria delle opere compiute in assenza o difformità di Segnalazione Certificata Inizio Attività (SCIA) ex art. 37 del D.P.R. 380/01; il comma 1 fa prontamente richiamo espresso alle opere rientranti in SCIA come descritti ai commi 1 e 2 dell’art. 22 del D.P.R. 380/01. Chiaramente non sono comprese quelle rientranti nella “Super-SCIA”, cioè la Scia alternativa al Permesso di costruire ex art. 23 del T.U.E., che non esiste nella norma la versione in sanatoria.

Riportiamo per completezza l’elenco delle suddette categorie di intervento regolarizzabili:

articolo 22 comma 1:

  • a)  gli  interventi  di   manutenzione   straordinaria   di   cui all’articolo 3, comma 1, lettera  b),  qualora  riguardino  le  parti strutturali dell’edificio;
  • b) gli interventi di restauro e di  risanamento  conservativo  di cui all’articolo 3, comma 1, lettera c), qualora riguardino le  parti strutturali dell’edificio;
  • c)  gli  interventi   di   ristrutturazione   edilizia   di   cui all’articolo 3, comma 1,  lettera  d),  diversi  da  quelli  indicati nell’articolo 10, comma 1, lettera c.

articolo 22 comma 2 (varianti non sostanziali al Permesso di Costruire):

2. Sono, altresì, realizzabili mediante  segnalazione  certificata di inizio attività le varianti  a  permessi  di  costruire  che  non incidono sui  parametri  urbanistici  e  sulle  volumetrie,  che  non modificano  la  destinazione  d’uso  e  la  categoria  edilizia,  non alterano la sagoma dell’edificio  qualora  sottoposto  a  vincolo  ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004,  n.  42  e  successive modificazioni, e non violano le eventuali prescrizioni contenute  nel permesso  di  costruire.  Ai   fini   dell’attività   di   vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai  fini  dell’agibilità,  tali segnalazioni certificate  di  inizio  attività  costituiscono  parte integrante del  procedimento  relativo  al  permesso  di  costruzione dell’intervento principale e possono essere  presentate  prima  della dichiarazione di ultimazione dei lavori.

Fin qui gli interventi regolarizzabili con la procedura prevista dall’art. 37 D.P.R. 380/01.

Preme sottolineare che non risulta espressamente indicata l’ulteriore variante non essenziale al Permesso di Costruire indicata dall’art. 22 comma 2-bis, infatti non appare menzionata dall’art. 37 del D.P.R. 380/01, che riporto per esteso:

2-bis. Sono realizzabili mediante segnalazione certificata d’inizio attività  e  comunicate  a  fine   lavori   con   attestazione   del professionista,  le  varianti  a  permessi  di  costruire   che   non configurano  una  variazione  essenziale,  a  condizione  che   siano conformi alle prescrizioni urbanistico-edilizie e siano attuate  dopo l’acquisizione degli  eventuali  atti  di  assenso  prescritti  dalla normativa sui vincoli paesaggistici,  idrogeologici,  ambientali,  di tutela del patrimonio storico,  artistico  ed  archeologico  e  dalle altre normative di settore.

Se l’art. 36 per l’accertamento di conformità prevede il silenzio rifiuto, come comportarsi per l’art. 37 ?

Ci sono due correnti di pensiero e filoni giurisprudenziali che si sono formati sull’argomento.

  1. Il primo, quello più restrittivo e sul quale ho molte riserve, ritiene che sia applicabile il silenzio rifiuto, come se esistesse una implicita connessione tra i due articoli 36 e 37.
    O meglio: come se l’articolo 37 per le opere rientranti in SCIA fosse una sorta di propaggine o conclusione residuale dell’art. 36 (TAR Lombardia (MI), Sez. I n. 676 del 21 marzo 2017)
  2. Il secondo, quello più ampio e condivisibile dallo scrivente, ritiene che l’art. 37 del D.P.R. 380/01 contempli la conclusione della sanatoria con un provvedimento espresso (TAR Lazio n. 3851/2020);

Sopratutto sul primo filone, ho fatto un piccolo approfondimento video su YouTube:

Focalizziamoci soltanto su questa secondo filone, che ritengo interessante e degno di approfondimento. Ed è talmente importante che le Regioni hanno provveduto a disciplinare l’argomento con apposite procedure in grado di integrare questo “vuoto” contenuto nell’art. 37 del D.P.R. 380/01.

Provvedimento espresso ammesso a livello regionale

La Toscana con L.R. 65/2014 (e prima ancora con L.R. 1/2005) aveva istituito una procedura di regolarizzazione per opere rientranti in SCIA (e prima ancora in DIA) chiamata Attestazione di conformità, una sorta di procedura che rilasciava espressamente il Comune al pari dell’Accertamento di conformità.
Poi anche la Toscana ha introdotto e affiancato la suddetta procedura con la SCIA in sanatoria (L.R. 69/2019).

SCIA IN SANATORIA in alcune Regioni

Invece altre regioni hanno preferito optare per una vera e propria “SCIA in sanatoria” con cui regolarizzare, nel rispetto delle condizioni previste dall’art. 37 T.U.E., le opere compiute in assenza o difformità da SCIA:

  • L.R. 23/2004 dell’Emilia Romagna;
  • L.R 15/2008 del Lazio;
  • (ecc).

L’art. 37 non prevede il meccanismo del silenzio-diniego di cui all’art. 36 citato D.P.R. n. 380/2001.

Effettivamente nel suddetto articolo non è contemplato lo stesso meccanismo previsto al comma 3 dell’art. 36 D.P.R. 380/01 sull’accertamento di conformità.

Inoltre bisogna aggiungere che il comma 4 art. 37 del D.P.R. 380/01 riporta espressamente questo passaggio:

<<possono ottenere la sanatoria dell’intervento>>

Questa dicitura lascia intendere che la Pubblica Amministrazione debba rilasciare qualcosa, in quanto il cittadino “può ottenere”.

Trovo calzante il principio espressamente contenuto nella sentenza del TAR Lazio n. 3851/2020, che connette la sospensione di efficacia dell’ordine di demolizione alla conclusione del procedimento:

Il Comune si sarebbe dovuto astenere dall’esercizio del potere sanzionatorio, rinviando ogni determinazione all’esito del procedimento di sanatoria, peraltro da concludersi mediante l’adozione di un provvedimento espresso e motivato, non essendo applicabile il meccanismo del silenzio-diniego di cui all’art. 36 citato D.P.R. 
Quanto sopra trova conferma in quel consolidato orientamento della giurisprudenza, pienamente condiviso dal Collegio, secondo cui “Non può ravvisarsi nella fattispecie di sanatoria di cui all’art. 37, d.P.R. n. 380 del 2001 un’ipotesi di silenzio significativo in termini di accoglimento, dal momento che l’art. 37 non solo non prevede esplicitamente un’ipotesi di silenzio significativo, a differenza dell’art. 36 del medesimo d.P.R. n. 380 del 2001, ma al contrario stabilisce che il procedimento si chiuda con un provvedimento espresso, con applicazione e relativa quantificazione della sanzione pecuniaria a cura del responsabile del procedimento. Dalla lettura della norma emerge che la definizione della procedura di sanatoria non può prescindere dall’intervento del responsabile del procedimento competente a determinare, in caso di esito favorevole, il quantum della somma dovuta sulla base della valutazione dell’aumento di valore dell’immobile compiuta dall’Agenzia del Territorio”

Qui avviene il contrario di quanto avviene nell’art. 36 D.P.R. 380/01: in esso infatti col decorso dei famigerati sessanta giorni di silenzio, oltre a far ritenere respinta l’istanza di accertamento di conformità, si riattiva la procedura repressiva e sanzionatoria contro l’abuso edilizio.

Vorrei concludere dicendo che anche in questo caso un intervento chiarificatore del legislatore nazionale sarebbe ancora più gradito ed efficace.

Resta il fatto che allo stato attuale mi trovi più disposto a condividere il secondo orientamento, cioè che debba ottenersi il provvedimento espresso (al netto di eventuali leggi regionali in materia, su cui ci sarebbe da approfondire).

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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