Onere probatorio spetta al privato, ma Comune deve scongiurare casi di impossibilità per risalenza
Verificare lo Stato Legittimo significa controllare anche gli obblighi normativi e regolamentari locali di titolo abilitativo
Fino a che il legislatore non farà una coraggiosa revisione dell’intera disciplina urbanistico edilizia, con contestuali effetti “condonatori” verso il passato remoto del patrimonio costruito, la saga dell’Ante ’67 e Ante ’42 andrà avanti ancora a lungo anche nel 2023.
Prendiamo in esame i cosiddetti immobili “risalenti”, cioè quelli realizzati o trasformati in epoca “ante ’67”, cioè anteriormente al 1° settembre 1967 (data di entrata in vigore della Legge ponte n. 765/1967).
Nell’immaginario collettivo ancora si crede che prima di tale data l’edilizia fosse completamente libera, oppure che sussista una specie di “ghigliottina” in grado di azzerare l’illegittimità di qualsiasi intervento compiuto in assenza di licenza o difformità da essa.
E questa idea di “condono implicito Ante ’67” viene ritenuta estesa automaticamente anche a qualsiasi normativa di settore, quali ad esempio la paesaggistica, beni culturali e antisismica.
In verità non funziona così, anche se a mio avviso è giunto da anni il tempo di porre fine ad una situazione normativa e giurisprudenziale così stratificata, prevedendo anche una sorta di Giubileo dell’edilizia.
Suddividiamo la casistica relativa all’obbligo di licenza edilizia previsto dai regolamenti edilizi comunali in tre fasce temporali:
- Dal 1 settembre 1967 (legge ponte n. 765/67)
- Ante ’67 e Post ’42 (tra le Leggi n. 1150/42 e n. 765/67)
- Ante ’42 (prima della L. 1150/42)
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Obbligo di licenza edilizia esteso a tutto il territorio comunale dopo 1 settembre 1967 (legge ponte n. 765/67)
L’estensione perentoria dell’obbligo di licenza edilizia all’intero territorio comunale è avvenuta con l‘articolo 10 della legge “ponte” n. 765/67, la quale provvide a modificare l’art. 31 della previgente L. 1150/1942:
Chiunque intenda nell’ambito del territorio comunale eseguire nuove costruzioni, ampliare, modificare o demolire quelle esistenti ovvero procedere all’esecuzione di opere di urbanizzazione del terreno, deve chiedere apposita licenza al sindaco.
Tale obbligo riguarda l’intero territorio comunale, a prescindere da:
- dotazione di strumenti urbanistici quali piani regolatori comunali
- dotazione di Programmi di fabbricazione comunali
- dotazione di regolamenti edilizi, in particolare dalla previsione di obbligo di licenza a certe zone del territorio
L’obbligo di licenza edilizia introdotto era assai ampio, ma non altrettanto preciso per quanto riguardasse le opere che noi oggi definiremmo di minore rilevanza, infatti tale obbligo riguardava:
- nuove costruzioni
- ampliare, modificare o demolire quelle esistenti
- eseguire urbanizzazione del suolo
Se guardiamo bene, non è chiara la definizione di “modificare” gli edifici esistenti in termini qualitativi e quantitativi: in altre parole, si doveva ricomprendere in ciò anche lo spostamento di una porta interna su tramezzo in forati leggeri?
Ad oggi non sono in grado di dare una risposta certa, forse qualche regolamento comunale si potrebbe essere “spinto” a definire le categorie di intervento di modifica assoggettate a licenza edilizia.
Obbligo di licenza edilizia Ante ’67 e Post ’42
Da un punto di vista normativo occorre premettere che nel periodo compreso tra l’entrata in vigore della L. 1150/1942 e l’entrata in vigore della Legge ponte n. 765/1967, vigeva l’obbligo di licenza edilizia così come previsto dall’art. 31 L. 1150/42 in questa versione originaria:
Chiunque intenda eseguire nuove costruzioni edilizie ovvero ampliare quelle esistenti o modificare la struttura o l’aspetto nei centri abitati ed ove esista il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione di cui al n. 2 dell’art. 7, deve chiedere apposita licenza al podestà del Comune.
Soltanto per effetto dell’art. 10 della l. 6 agosto 1967, n. 765, entrata in vigore – per l’appunto – il 1 settembre 1967, la disposizione è stata mutata nel senso che “chiunque intenda nell’ambito del territorio comunale eseguire nuove costruzioni, ampliare, modificare o demolire quelle esistenti ovvero procedere all’esecuzione di opere di urbanizzazione del terreno, deve chiedere apposita licenza al sindaco”, con la conseguenza risulta perfettamente coerente con la previsione di cui dall’ultimo comma dell’art. 31 della legge 47/85, la quale, prevedendo la condonabilità di opere ultimate anteriormente al 1.09.1967, richiama i regolamenti edilizi comunali (Cons. di Stato n. 2906/2020, n. 5173/2014).
Tra la L. 1150/42 e n. 765/67: obbligo licenza edilizio esteso a zone o intero territorio comunale da Regolamento edilizio
L’obbligo di dotarsi preliminarmente di licenza edilizia era connesso ai predetti interventi edilizi da effettuarsi nei centri abitati e, ove previsto, le zone di espansione previste dal Piano Regolatore Generale.
Discorso analogo anche per i Programmi di fabbricazione, in quanto risultati poi equiparati a ruolo di strumento urbanistico, in quanto trattandosi di produzione allegata al Regolamento edilizio comunale e pertanto connessa ai relativi obblighi disposti in materia edificatoria.
Sennonché la necessità di un titolo abilitativo edilizio veniva disposta anche da altre fonti, pure al di fuori dei centri abitati e delle zone di espansione del PRG, sia prima che dopo l’entrata in vigore della legge n. 1150 del 1942.
Prendiamo a riferimento quanto statuito da ultimo nella sentenza di Corte Costituzionale n. 217/2022, in continuità con la giurisprudenza (vedasi anche sentenza Corte Costituzionale n. 233/2015 avverso articoli 207 e 208 LR Toscana n. 65/2014).
Anzitutto, per gli immobili realizzati in comuni ricadenti in zone sismiche, l’obbligo era sancito a livello di fonte primaria dal regio decreto-legge 25 marzo 1935, n. 640 (Nuovo testo delle norme tecniche di edilizia con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti) e dal regio decreto-legge 22 novembre 1937, n. 2105 (Norme tecniche di edilizia con speciali prescrizioni per le località colpite dai terremoti), il cui Allegato comprendeva alcune province della Regione Veneto (al netto di altre eventuali norme regolatrici in materia).
Inoltre, l’obbligo di previa autorizzazione alla costruzione poteva essere disposto dal regolamento edilizio comunale, emanato in esecuzione della potestà regolamentare attribuita ai comuni nella materia edilizia dai testi unici della legge comunale e provinciale susseguitisi nel tempo: regio decreto 10 febbraio 1889, n. 5921 (Che approva il testo unico della legge comunale e provinciale), regio decreto 21 maggio 1908, n. 269 (Che approva l’annesso testo unico della legge comunale e provinciale), regio decreto 4 febbraio 1915, n. 148 (vedasi sentenza di Corte Costituzionale n. 217/2022).
Ad esempio i regolamenti edilizi comunali potevano disciplinare già prima della L. 1150/42 una cogenza di obbligo di licenza edilizia, o titolo autorizzativo comunque denominato, ai sensi dell’art. 111 del Regio Decreto n. 297/1911.
Da ciò consegue che vi potevano essere comuni nei quali era obbligatorio munirsi di licenza edilizia, sia sulla base di fonti primarie riferite a territori sismici, sia sulla base di fonti non primarie, che però attingevano la loro legittimazione dalla fonte primaria attributiva del potere regolamentare (sentenza di Corte Costituzionale n. 217/2022).
Obbligo di titolo edilizio o autorizzativo Ante ’42
I regolamenti edilizi previgenti alla L. 1150/1942 potevano prevedere l’obbligo di licenza edilizia su tutto il territorio comunale, o estenderla su altre zone oltre ai centri abitati; la validità di questi eventuali obblighi di titolo edilizio è rimasta intatta sia con l’entrata in vigore della Legge “fondamentale” urbanistica n. 1150/42 sia con l’entrata in vigore della Costituzione nel 1948.
In altre parole neppure questi due provvedimenti hanno avuto effetto di “azzeramento” dell’intera disciplina urbanistico edilizia nazionale e locale allora vigente. Vediamo di capire i motivi.
La giurisprudenza ha riconosciuto che anche nell’assetto precedente all’entrata in vigore della Costituzione, i regolamenti comunali potessero legittimamente disciplinare l’attività di costruzione edilizia, nel rispetto della normativa di rango statale (Cons. di Stato n. 115/2023).
Tale interpretazione è frutto del costante indirizzo della giurisprudenza amministrativa riguardante la rilevanza e validità dei regolamenti edilizi anteriori alla legge urbanistica del 1942, approvati ad esempio ai sensi del Regio Decreto n. 5921/1889, R.D. n. 269/1908, R.D. n. 297/1911, R.D. 148/1915, eccetera.
Come già accennato al paragrafo precedente, vanno considerati anche il Regio decreto-legge n. 640/1935 e Regio decreto-legge n. 2105/1937: su di essi propongo un valido approfondimento pubblicato sul blog.
A tale proposito, poi, è utile richiamare la sentenza n. 3 del 2009 dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato nella parte in cui afferma la sussistenza di limiti al diritto di costruire già precedentemente alla legge urbanistica del 1942, alla quale va aggiunto l’orientamento giurisprudenziale che esclude la tacita abrogazione per effetto della suddetta legge dei regolamenti edilizi comunali, recanti l’obbligo di licenza anche per costruzioni al di fuori dei centri abitati. Detta soluzione risulta perfettamente coerente con la previsione di cui dall’ultimo comma dell’art. 31 della legge 47/85, la quale, prevedendo la condonabilità di opere ultimate anteriormente al 1.09.1967, richiama i regolamenti edilizi comunali (Cons. di Stato n 115/2023).
Conclusioni e consigli utili
Possiamo sintetizzare che nella verifica dello Stato Legittimo dell’immobile occorre valutare caso per caso l’estensione temporale delle indagini da effettuare, e fin quanto occorre spingersi indietro nel tempo.
In verità da quanto sopra argomentato non sembra esserci un vero e proprio confine tranciante l’epoca di ricerca, questo è un vero problema da risolvere. Ed ecco che si rende necessaria una urgente profonda revisione della normativa urbanistico edilizia nazionale, in particolar modo con un provvedimento che sorta gli effetti di un Giubileo vero e proprio.
Altrimenti noi Tecnici professionisti, ma anche cittadini e dipendenti pubblici, saremo costretti a “scavare” nelle pieghe degli archivi comunali nella speranza di scovare i necessari titoli edilizi, sempre che all’epoca si fossero posti il problema.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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