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Una categoria di abusi edilizi “leggeri” può non essere rimossa ma solo sanzionata, ad eccezione di vincoli, regolamenti e norme settoriali

Alt! Non generalizziamo questo concetto, piuttosto inquadriamolo in una serie di condizioni al contorno

A meno di eventuale procedura di sanatoria (ex art. 36 DPR 380/01), ove possibile, l’ordinanza di demolizione può scattare nei confronti degli abusi edilizi tra virgolette “gravi”, ovvero per:

lottizzazione abusiva (art. 30 DPR 380/01);

  • lottizzazione abusiva (art. 30 DPR 380/01);
  • eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità da esso o con variazioni essenziali (art. 31 DPR 380/01);
  • Interventi di ristrutturazione edilizia effettuati in assenza di permesso di costruire o in totale difformità da esso (art. 33 DPR 380/01);
  • Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34 DPR 380/01);
  • Interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato, demaniale o di enti pubblici (art. 35 DPR 380/01);
  • opere eseguite senza titolo su aree assoggettate, da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni (art. 21 DPR 380/01 primo periodo);
  • in tutti casi di opere eseguite in difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (art. 21 DPR 380/01 secondo periodo);

Premesso ciò, la famiglia dei reati di abuso edilizio “gravi” è sempre assoggettabile a sanzioni amministrative come appunto l’ordine ovvero ordinanza di demolizione e rimessa in pristino dello stato legittimo dei luoghi.

Esiste anche la seconda famiglia di reati di abuso edilizio “minori”, che non sempre può essere assoggettata all’ordinanza di demolizione.

Su questo punto farò un successivo focus con altro articolo. Torniamo all’ordinanza di demolizione per abuso edilizio “grave”.

Essa è efficace nel momento in cui sia applicabile alle casistiche di cui sopra. Può capitare un caso in cui un intervento di modifiche di un immobile esistente, effettuato in assenza di titolo (permesso di costruire), in totale o parziale difformità da esso, possa essere assoggettato alla sanzione di demolizione.

Tuttavia per la P.A. che emette l’ordinanza, sia per il privato che la riceve, potrebbe essere necessario verificare se l’intervento abusivo effettuato sia inquadrabile nella “zona rossa” degli abusi, o se rientrasse nella zona “gialla”.

Ad esempio, le opere di manutenzione straordinaria ex art. 3 lett. d) DPR 380 del 2001, sono ricondotti al regime dell’attività edilizia libera (art. 6 DPR 380/01).

Le modifiche ed opere interne realizzate, non interessanti parti strutturali dell’edificio, ma unicamente consistenti in una diversa distribuzione degli spazi interni dell’unità abitativa mediante eliminazione e spostamenti di tramezzature possono certamente ricondursi alla categoria della “manutenzione straordinaria” e non anche della ristrutturazione edilizia (Cons. di Stato VI n. 4267/2016).

Vale al riguardo considerare che l’articolo 3 del d.p.r. n. 380 del 2001, nel definire, in generale, gli “interventi di ristrutturazione edilizia” qualifica gli stessi come quegli “interventi volti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente”, precisando che “tali interventi comprendono il ripristino e la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti” (Cons. di Stato VI n. 4267/2016).

La sanzione edilizia quale l’ordinanza di demolizione, nell’attuale impianto normativo, ha carattere “formale”, nel senso che essa colpisce un intervento realizzato in assenza/difformità al titolo abilitativo, ma non anche il suo mero contrasto o la violazione di una norma di tipo “sostanziale”, regolatrice dell’attività edilizia (Cons. di Stato VI n. 4267/2016).

L’ordinanza di demolizione su mere opere di manutenzione straordinaria sono suscettibili di nullità, fatto salvo i presupposti di conformità a norme settoriali, vincolistiche, antisismiche, ecc.(Cons. di Stato VI n. 4267/2016).

Di conseguenza le opere edilizie “minori” non sono sanzionabili con una ingiunzione di demolizione, che trova il suo fondamento provvedimentale nell’applicazione degli articoli 31, 33 e 34 del testo unico dell’edilizia; questi articoli sanzionano non il contrasto dell’opera con la normativa urbanistica, ma unicamente il dato “formale “ della realizzazione dell’opera senza il prescritto titolo abilitativo (Cons. di Stato VI n. 4267/2016).

Ecco quindi che dovrebbe essere applicato l’ipotesi residuale prevista dall’art. 37 del DPR 380/01 relativo ad interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA per le opere di cui all’art. 22 del T.U.E, le quali presuppongono la conformità di esse alle  previsioni  degli  strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente, nonchè alle discipline settoriali e sovraordinate come antisismica, vincolistica, ecc.

Le opere edilizie “minori” seguono un regime più attenuato in materia di sanzioni demolitorie.

Forma ulteriore eccezione la categoria degli interventi edilizi rientranti nell’attività edilizia libera, anch’essi condizionati comunque al presupposto di conformità alla disciplina edilizia.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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