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Il rapporto tra uso funzionale dell’immobile e contesto circostante resta inscindibile per il cambio di destinazione d’uso

L’immobile è un tassello del tessuto insediativo, non è un sistema isolato.

La pianificazione del territorio e della città viene effettuata attraverso lo strumento urbanistico comunale, col quale viene pure effettuato una sorta di pianificazione delle funzioni al suo interno.

O quanto meno, avviene in buona parte dei casi.

Un piano delle funzioni e della relativa disciplina di localizzazione, punta a regolamentare la loro diversificazione e distribuzione in termini qualitativi e quantitativi.

La distribuzione delle funzioni, o meglio, delle destinazione d’uso ammissibili sulle relative zone territoriali o edifici all’interno di un Piano Regolatore, non può avvenire senza tenere conto dei seguenti elementi:

La distribuzione delle funzioni, o meglio, delle destinazione d’uso ammissibili sulle relative zone territoriali o edifici all’interno di un Piano Regolatore, non può avvenire senza tenere conto dei seguenti elementi:

  • idonea presenza di infrastrutture di collegamento;
  • idonea dotazione di standard urbanistici;
  • compatibilità con le prevalenti tipologie costruttive presenti e future;
  • presenza di attrezzature collettive in grado di soddisfare il carico insediativo;
  • strutturazione dei sottoservizi correlati e complementari all’utenza;
  • eccetera

Costituisce variazione essenziale al progetto il mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards urbanistici del D.M. 1444/68.

Fin dalla prima emanazione della L. 47/85 (con l’art. 8), il legislatore pose subito un importante sparti acque anche a chiarimento della precedente L. 10/1977, la prima che iniziò la revisione del regime repressivo degli abusi edilizi.

L’art. 8 introdusse il concetto di variazione essenziale, definizione che da subito affiancava sullo stesso scalino sanzionatorio l’ipotesi di totale difformità.

Tale impostazione è stata poi travasata negli articoli 31 e 32 del Testo Unico per l’edilizia DPR 380/01.

In entrambe le stesure normative, fu statuito che la variazione essenziale al progetto si verifica in presenza anche del solo mutamento della destinazione d’uso implicante variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968.

Alle regioni è stata lasciata la facoltà di stabilire quali siano le variazioni essenziali al progetto.

Si tratta di una facoltà con cui molte regioni si sono espresse più volte: la Regione Toscana con L.R. 65/2014 integra l’ipotesi di inquadramento del cambio d’uso che implichi variazione degli standard urbanistici.

Tale regione lo ha fatto precisando, senza erodere il principio nazionale, che il mutamento di destinazione d’uso in contrasto con gli strumenti di pianificazione territoriale vigenti/adottati o col piano delle funzioni del Comune.

In sostanza: la Toscana approfondisce il principio nazionale che possiamo sintetizzare così: il semplice cambio d’uso senza opere, qualora in contrasto con le previsioni del PRG, comporta variazione essenziale.

A livello nazionale invece la variazione essenziale emerge dalle conseguenze e influssi che il cambio funzionale comporta nei confronti del contesto circostante.

La modifica funzionale che incide sull’esigenza degli standard urbanistici o ne produce influenza, è il principale problema che il legislatore intende prevenire con un severo regime sanzionatorio e repressivo.

Il semplice fatto che una destinazione d’uso, ammessa o meno dallo strumento urbanistico comunale (PRG), abbia ricadute o possa avere ripercussioni riconducibili sugli standard, è sufficiente per essere classificato come intervento compiuto in totale difformità, qualora effettuato in assenza o difformità da idoneo titolo.

L’inquadramento e classificazione di variazione essenziale comporta l’inclusione nella famiglia degli illeciti edilizi, tra l’altro perfino penalmente rilevanti, come previsto dall’art. 44 comma 1 lettere A e B del TUE.

Se dovessi fare un esempio estremo, il cambio d’uso da attività artigianale in appartamento effettuato nel bel mezzo di una zona industriale (non è neppure rara ipotesi) rientrerebbe a pieno titolo in questa classificazione proprio perchè l’alloggio necessità di scuole, servizi collettivi e quant’altro normalmente necessario per una normale vita abitativa nel luogo.

Estraendo alcuni passi dalla sentenza n. 2612/2018 del Consiglio di Stato, emergono alcuni elementi di precisazione sui cambi d’uso incidenti sugli standards urbanistici e inquadrati come variazioni essenziali ex art. 32 TUE:

  • a prescindere dalla circostanza della avvenuta o mancata esecuzione di opere, il diverso carico urbanistico e la maggiore necessità di standards, non dipende dal manufatto edilizio in sé considerato, quanto piuttosto dalla sua destinazione e dall’attività che in esso vi si svolge, discendendo da tali ultimi elementi il suo inserimento in una specifica categoria funzionale e la necessità di una diversa dotazione di aree e spazi pubblici;
  • la variazione essenziale, così come configurata dalle citate norme, si estrinseca nel “mutamento di destinazione d’uso che implichi variazioni degli standard previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968” e nel “mutamento delle destinazioni d’uso che determini carenza di aree per servizi ed attrezzature di interesse generale”, senza espressa distinzione della circostanza che lo stesso debba essere realizzato con opere edilizie ovvero senza la realizzazione delle stesse;
  • l’articolo 32 del T.U.E. si riferisce infatti alle “variazioni essenziali al progetto approvato”, con una qualificazione letterale che comprende anche il mutamento di destinazione senza opere attuato successivamente alla realizzazione del manufatto, atteso che anche questa determina variazione al progetto approvato;
  • la destinazione dell’immobile costituisce elemento qualificatorio anche sotto il profilo edilizio, e l’espressione “modifiche edilizie” ricomprende non soltanto quelle che siano realizzate mediante opere, ma anche quelle che si attuino attraverso la mera modifica funzionale, costituendo comunque la destinazione d’uso, in relazione alla qualifica funzionale di appartenenza, una componente costitutiva e qualificante del manufatto.

L’inquadramento dei mutamenti di destinazione d’uso comportanti implicazioni agli standard urbanistici nelle variazioni essenziali vuole impedire lo svolgimento sul territorio comunale di attività non compatibili con l’insieme dei servizi che le strutture pubbliche sono in grado di offrire e, quindi, evitare uno sviluppo urbanistico disordinato e non supportato da adeguate dotazioni di standard.

In estrema sintesi, è raccomandata la dovuta attenzione sul cambio di destinazione d’uso, in particolare se contrastante con le funzioni ammissibili nella zona territoriale di riferimento e secondo quanto prescritto dagli strumenti urbanistici e di pianificazione territoriale.

Con una precisazione: quanto sopra si discosta leggermente dalla ipotesi di cambio di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante: questa ipotesi è approfondita in questo recente video pubblicato sul canale YouTube.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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