La mera rappresentazione di abusi edilizi in precedenti titoli abilitativi rilasciati dal Comune non genera alcun legittimo affidamento.
In base al tipo di abuso edilizio e vincoli è praticamente impossibile sanare, conviene loro tenere tutto fermo
L’ennesimo evento di dissesto idrogeologico sul territorio italiano solleva automaticamente la questione Condono sì, Condono no; stavolta si torna sull’argomento sul caso di Ischia, un territorio con elevato numero di istanze di sanatoria straordinaria.
Al netto di questo ennesimo caso, approfitto per estenderlo a scala nazionale per domandarsi: come mai esistono ancora centinaia di miglia di domande di condono in attesa di evasione?
Per dare una risposta bisogna iniziare a capire gli scenari formati in base al soggetto partecipante:
- Cittadino:
- attuali proprietari subentrati ignorano l’esistenza di una domanda ancora giacente;
- il proprietario responsabile materiale dell’abuso ha presentato l’istanza incompleta a suo tempo ma è convinto che sia tutto a posto con la presentazione (credendo maturato perfino il silenzio assenso)
- Pubblica Amministrazione:
- inerzia nonostante il ricevimento pratica completa e relative integrazioni a completamento per esprimere una valutazione, compreso ricevimento favorevole nulla osta, autorizzazioni, pareri o atti di assenso comunque denominati;
- inerzia totale, cioè anche senza valutazione preliminare delle istanze e senza richieste di integrazioni, atti vincolistici, ecc.
Sono ipotesi frequenti che si possono anche presentare in combinazione tra loro, resta il fatto che non sono sufficienti per spiegare il motivo di tante domande di condono pendenti.
I motivi oggettivi e le cause di improcedibilità del condono edilizio
Tra tutte le casistiche, vorrei raggruppare quelle che non hanno altro destino che il diniego, cioè la bocciatura per i seguenti probabili motivi:
- carenza dei requisiti soggettivi;
- realizzazione in zona con vincolo di inedificabilità assoluta;
- sopravvenienza di un nuovo vincolo, difficile da gestire e sufficiente da assoggettare la domanda di condono
- edificio/opera carente sotto il profilo strutturale e antisismico, e inadeguabile senza opere di modesta entità
- condono di condono (cioè abusi edilizi compiuti in epoche successive e presentate in base alle diverse norme)
- intervento o edificio abusivo non suscettibile di sanatoria (es. vincoli, volumetria superiore ai limiti, diniego atti di assenso da altri enti pubblici)
- intervento contestuale a lottizzazione abusiva
- mancata o tardiva integrazione oltre i limiti
- mancata formazione silenzio assenso
- e molte altre…
Alcuni esempi: possono essere le nuove costruzioni realizzate in zona vincolata dopo l’apposizione del vincolo nel Terzo Condono (DL 269/2003), oppure il superamento del limite volumetrico di 750 metri cubi a soggetto richiedente nel Secondo e Terzo Condono (L. 724/94 e DL 269/03); altro esempio è la realizzazione di opera abusiva in zona con vincolo cimiteriale.
A prescindere da chi e perché la pratica di condono sia in attesa di definizione, le rispettive parti (P.A. e cittadino) tendono ad accusarsi a vicenda di ritardo.
Tuttavia la situazione di stallo è “vantaggiosa” per entrambe le parti, perché molte istanze in verità sono destinate ad una sonora bocciatura.
E il destino di ogni domanda di sanatoria bocciata è uno solo: l’applicazione delle misure repressive e sanzionatorie previste per gli abusi edilizi odierni, ovvero:
- ordine di demolizione e rimessa in pristino
- acquisizione gratuita di diritto
- sanzione pecuniaria per mancata ottemperanza (reiterabile periodicamente).
I motivi per cui moltissime domande di condono (ma non tutte) sono giacenti ancora oggi.
La lunga premessa è stata doverosa ed essenziale per affermare una scomoda verità, cioè a molti conviene questo tipo di stallo e inerzia sulle pratiche di condono edilizio:
- ai cittadini, perché prima di perdere la casa è sempre meglio temporeggiare, in attesa di non si sa quale miracoloso intervento normativo;
- alla P.A., perché evita di avviare le misure repressive/demolitorie, soprattutto nei territori “difficili” dove bocciare una domanda di condono e l’abbattimento può esporre il funzionario e dirigente responsabili a rischi e conseguenze della propria incolumità.
Sono situazioni che vanno avanti da decenni per il quieto vivere e per reciproca convenienza.
Resta il fatto che questa categoria di immobili si sta trovando sempre più nell’angolo, anche a causa della incommerciabilità e discordanze sullo Stato Legittimo (al netto di professionisti impreparati o complici che consentono loro ancora oggi di effettuare atti di trasferimento).
La musica andrà avanti così. Sempre chè non arrivi il condono del condono.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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