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Hanno duplice scopo di di impedire interventi edilizi e assetto urbanistico non compatibili con le previsioni adottate

Le misure di salvaguardia furono introdotte con L. 1902/1952, e in particolare l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, Ad. Plenaria n. 2 del 2008 ha ritenuto che la disciplina sulle misure di salvaguardia (odierno art. 12, comma 3 DPR 380/01) abbia una valenza mista, impostazione condivisa dalla sentenza n. 102/2013 della Corte Costituzionale:

  • edilizia, in quanto è volta ad incidere sui tempi dell’attività edificatoria;
  • urbanistica, in quanto finalizzata alla salvaguardia dell’ordinato assetto del territorio in itinere e, medio tempore;

Il loro avvento segnò una linea importante introducendo il principio di “doppia conformità urbanistica” per le trasformazioni verso il Piano Regolatore comunale adottato e lo strumento urbanistico previgente (o relative varianti generali/locali).

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Le misure di salvaguardia, nell’ambito degli strumenti urbanistici comunali

L’attuale articolo 12 del DPR 380/01 contempla le misure di salvaguardia, e in sostanza riprendono quanto già disponeva un tempo l’articolo 1 della L. 1902/1952 (abrogato con D.L. 112/2008):

  • nuovo strumento interamente sostitutivo del previgente
  • revisione del previgente con variante generale
  • varianti puntuali o localizzate

Si ricorda infatti che le misure di salvaguardia scattano dall’adozione del nuovo strumento, attivando una sorta di “doppio corso urbanistico”, dovendo applicare contemporaneamente le disposizioni degli strumenti urbanistici adottato e vigente.

In altre parole l’adozione di un P.R.G. non comporta automatico annullamento di efficacia di quello previgente, al contrario la sua efficacia si applica autonomamente e contemporaneamente al piano regolatore già esistente e che continua ad essere valido.

Dalla doppia compresenza dei due strumenti urbanistici (adottato e vigente) si intuisce perchè le Misure servono a tutelare o cautelare lo sviluppo ordinato del territorio in armonia con le nuove politiche intervenute con la successiva adozione di varianti ai PRG comunali.

Da quanto decorre l’efficacia della misura di salvaguardia: l’adozione dello strumento

Il periodo di salvaguardia entra in vigore quindi dal momento in cui si manifesta la volontà politica nelle forme di legge come appunto l’adozione consiliare comunale, e non dalla sua esecutività, tenuto conto l’invarianza del principio espresso dall’abrogato articolo unico della legge n. 1902/1952 (che stabiliva espressamente che le misure fossero disposte “A decorrere dalla data della deliberazione comunale di adozione dei piani (…)“) e  l’attuale art. 12, comma 3, del D.P.R. n. 380/2001 (che fissa la durata massima delle misure con decorrenza “(…) dalla data di adozione dello strumento urbanistico)“, prescindendo quindi dall’esecutività della suddetta delibera di adozione (Cons. di Stato IV n. 257/2014).

Quindi la normativa ha stabilito che a decorrere dalla data della deliberazione di adozione dei piani regolatori generali, e fino all’emanazione del provvedimento di approvazione, il dirigente dell’ufficio comunale sia obbligato a sospendere ogni determinazione in ordine ai progetti che risultino in contrasto con le relative previsioni.

Dal momento dell’adozione del PRG mediante delibera consiliare, immediatamente operativa, scatta la misura di salvaguarda che impone il principio di “doppia conformità” strumentale, cioè che ogni intervento edilizio deve risultare conforme agli strumenti urbanistici vigenti e a quelli medio tempore adottati.

Le misure di salvaguardia sono legiferati anche nelle normative regionali inerenti il governo del territorio.

Iter di adozione e approvazione dello strumento urbanistico comunale (PRG)

Per comprendere meglio, si descrive l‘iter di approvazione di un Piano regolatore comunale (definizioni regionali a parte) si riassume coi seguenti passaggi fondamentali:

  • Adozione: proposta di un PRG effettuata dal Consiglio Comunale;
  • Pubblicazione su Albo pretorio e bollettino regionale;
  • Osservazioni al PRG ammissibile da tutti i cittadini;
  • Controdeduzioni alle osservazioni da parte del Consiglio Comunale;
  • Approvazione definitiva e pubblicazione ufficiale su Albo Pretorio e bollettino regionale;

Le misure di salvaguardia si attivano con l’adozione dello strumento urbanistico comunale, e possono perdere efficacia con:

  • approvazione definitiva dello strumento adottato, entro il termine tassativo di tre anni;
  • decadenza automatica per legge, qualora il piano adottato non venga “convertito” con approvazione entro i tre anni previsti.

Con l’approvazione entro i termini, il PRG diventa vigente e sostituisce a tutti gli effetti quello previgente, ottenendo quindi la piena efficacia come norma regolatrice dello sviluppo ordinato e pianificato del territorio comunale.

In seguito, possono essere apportate ulteriori modifiche parziali o totali allo strumento urbanistico comunale, effettuando la procedura di variante con lo stesso iter di cui sopra (anche qui sottolineo salvo ulteriori specifiche legislazioni regionali).

Durata di tre anni per applicare misure di salvaguardia

Le misure di salvaguardia non possono avere efficacia illimitata, sopratutto per garantire tempi certi al cittadino. La cronistoria relativa alle modifiche dei termini di efficacia di salvaguardia è la seguente:

  • con L. 1902/1952 avevano durata due anni;
  • con L. 615/1959 tale termine fu elevato a tre anni;
  • con L. 517/1966 furono precisate e aggiunte le casistiche in relazione all’approvazione da parte del Min. LL.PP, ovvero che
    «Per i Comuni che entro un anno dalla scadenza del termine di pubblicazione del piano abbiano presentato il piano stesso all’Amministrazione dei lavori pubblici per l’approvazione, le sospensioni di cui ai commi precedenti potranno essere protratte per un periodo complessivo non superiore a cinque anni dalla data della deliberazione di adozione del piano. Quando, in seguito alle osservazioni del Ministero dei lavori pubblici, si renda necessaria la riadozione del piano, le sospensioni di cui ai due commi precedenti decorrono, per tutto il territorio interessato dal piano stesso, dalla data della deliberazione comunale di riadozione dei piani regolatori generali e particolareggiati»;
  • DPR 380/01 art. 12 comma 3: tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all’amministrazione competente all’approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione;
  • con L. 133/2008 fu definitivamente abrogata la L. 1902/1952 in quanto replicante la disposizione già inserita ex art. 12 c.3 del DPR 380/01;

L’attuale termine di efficacia delle misure di salvaguardia è di tre anni, come meglio disposto dall’articolo 12 comma 3 del DPR 380/01:

3. In caso di contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, è sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda. La misura di salvaguardia non ha efficacia decorsi tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all’amministrazione competente all’approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione.

La misura di salvaguardia perde efficacia quando sono decorsi:

  • tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico;
  • oppure cinque anni nei casi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all’amministrazione competente all’approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione.

Le Regioni non possono modificare la misura cautelativa

Occorre rammentare che le norme regionali non possono modificare tali termini di durata, come sancito dalla sentenza di Corte Costituzionale n. 102/2013, per due motivi:

a) la violazione dei principi fondamentali dettati dalla legislazione statale in materia di attività edilizia (nel caso di specie il differimento temporale dello ius aedificandi, riconosciuto per un periodo di anni ben superiore a quello fissato dalla legislazione statale);

b) l’indeterminatezza dei tempi dell’iter procedimentale (dato che i differimenti a volta a volta operati hanno indicato dei termini finali che venivano successivamente prorogati);

c) l’adozione di misure non meramente sospensive, ma di divieto all’attività edificatoria.

La norma regionale impugnata in tale sentenza, costituiva anche una surrettizia violazione del principio della ragionevole temporaneità delle misure di salvaguardia, e si poneva anche in contrasto con altro principio reiteratamente affermato dalla giurisprudenza costituzionale, precisamente quello del necessario indennizzo nel caso di reiterazione di vincoli urbanistici che comportino l’inedificabilità (sentenze n. 243 del 2011; n. 314 del 2007; n. 167 del 2009; n. 179 del 1999 e n. 262 del 1997).

Applicazione verso i titoli abilitativi ed edilizi

Richiesta di Permesso di costruire

La presentazione della domanda di permesso di costruzione può essere presentata durante la doppia esistenza dello strumento urbanistico previgente e adottato.

Ciò non significa automatica sospensione o rigetto della domanda di permesso, significa piuttosto applicare una misura cautelare relativa ad un intervento edilizio che si potrebbe porre in contrasto con almeno uno dei due strumenti urbanistici.

Infatti proprio perchè non vi è certezza assoluta che lo strumento urbanistico adottato venga “convertito” in via definitiva in approvato, o che avvenga entro i termini triennali di salvaguardia, si pone una misura di garanzia che non precluda automaticamente la possibilità.

Il Comune sospende ogni valutazione sulla domanda di permesso di costruire nei casi di riscontrato contrasto dell’intervento verso lo strumento urbanistico adottato; inutile dire che diamo per scontato che sia già conforme a quello previgente.

Il problema sorge sicuramente nei casi di istruttoria avviata senza che il permesso risulti non ancora formalmente rilasciato: il diritto a compiere quella trasformazione non si è consolidato, esponendolo al concreto rischio di diniego qualora doppiamente comparato verso il nuovo strumento adottato.

Nulla vieta che nella fase di presentazione e analisi delle osservazioni, siano tolte o modificate le previsioni del PRG adottato verso le quali la domanda di Permesso si pone in contrasto. La speranza è l’ultima a morire, pensiamo anche ad un possibile ritiro volontario del piano adottato.

Nella fase successiva all’adozione dello strumento urbanistico, cioè con la misura di salvaguardia efficace, è possibile conseguire ugualmente il permesso di costruire, a condizione che dall’istruttoria emerga che sia conforme a entrambi gli strumenti urbanistici:

  • previgente (e che continua ad avere vigenza)
  • adottato (in fase di conversione con ulteriori possibili modifiche).

SCIA e DIA, anch’esse sottoposte alle misure

Si premette che gli interventi subordinati a SCIA (art. 22 TUE) nei casi in cui siano conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici, ai regolamenti edilizi e alla disciplina urbanistico-edilizia vigente. Da questa disposizione non è dato sapere espressamente se le opere rientranti in SCIA sfuggano o meno dalle misure di salvaguardia. Certamente non si vede il motivo di escluderli, tenuto conto che le misure di salvaguardia servono per tutelare l’assetto del territorio da interventi non più ammissibili con lo strumento adottato. La risposta di chiarimento la fornisce quindi la giurisprudenza.

Qualora l’intervento oggetto di SCIA (in passato DIA) risulti in contrasto con le previsioni dello strumento urbanistico adottato, è obbligatoria l’applicazione delle misure di salvaguardia (con la conseguente necessità di emettere un provvedimento che inibisca l’esecuzione dei lavori previsti dalla stessa D.I.A. (Cons. di Stato IV n. 1183/2022, n. 257/2014).

Nel caso in cui siano presentate pratiche in tal senso, all‘amministrazione competente ha piena potestà di annullare il provvedimento formatosi col silenzio assenso se in contrasto con la strumentazione urbanistica adottata, ancorché rispettosa di quella previgente (Cons. di Stato IV n. 257/2014).

Tale principio, oltre che essere confermato dalla giurisprudenza amministrativa, trae le radici dai presupposti normativi della DIA, poi travasati nella SCIA fino ai giorni nostri col Decreto ‘Scia 2’ D.Lgs. 222/2016.

Infatti il principio che unisce in continuità è che la SCIA (e prima ancora la DIA) fosse presentata dall’avente titolo nel rispetto di molti presupposti, tra cui la contestuale:

  • conformità delle opere a strumenti urbanistici approvati (vigenti);
  • assenza di contrasto a strumenti urbanistici adottati;
  • conformità ai regolamenti edilizi vigenti;

Questi presupposti appaiono espressamente fissati fin dall’emanazione della L. 662/1996, che provvide a rafforzare molto il ruolo della Denuncia di Inizio Attività, confluito lentamente in quello più odierno della Segnalazione Certificata Inizio Attività.

In conclusione, anche gli interventi di edilizia “minore” come quelli soggetti una volta a DIA e oggi a SCIA devono rispettare le misure di salvaguardia.

CILA, interventi esonerati dalle misure cautelari ?

Sul caso della Comunicazione Inizio Lavori Asseverata disciplinata dall’articolo 6-bis DPR 380/01 invece si rende necessario un ragionamento più ampio.

Nel comma 1 viene riportato lo stesso inquadramento delle opere realizzabili con CILA, nel rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici (senza precisare se vigenti e/o adottati), dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente. Quest’ultima nozione sarebbe sufficiente per assorbire l’assoggettamento della CILA alla misura di salvaguardia, in quanto identico alle regole di conformità previste per la SCIA all’articolo 22 comma 1 TUE.

Il dubbio però sorge leggendo il comma 2 dell’articolo 6-bis DPR 380/01, dove il Tecnico deve asseverare la conformità agli strumenti urbanistici approvati e regolamenti edilizi vigenti.

Questa impostazione crea una certa contraddizione, perchè al comma 2 si evince il rapporto di “singola” conformità ai soli strumenti approvati, mentre al comma 1 permane la stessa definizione generale della SCIA.

Nel dubbio, di fronte a questo contrasto preferirei propendere per applicare le misure di salvaguardia anche alle CILA, purtroppo al momento non ho rinvenuto giurisprudenza in merito.

Sanatoria edilizia e PRG adottato, scattano Misure di salvaguardia

L’arrivo del nuovo Piano Regolatore rende più difficile la presentazione di istanze di Permesso di costruire in sanatoria e SCIA in sanatoria.

All’istanza di accertamento di conformità in sanatoria si applicano gli stessi principi e procedure del normale Permesso di Costruire, in particolare le misure di salvaguardia quando vi sia una fase di adozione del Piano Regolatore.

Possono presentarsi due situazioni alternative per l’istanza di sanatoria edilizia:

  1. conformità ad entrambi gli strumenti urbanistici (vigente e adottato): la procedura di sanatoria va avanti;
  2. contrasto con previsioni nuovo strumento urbanistico adottato (dando per scontato che risultasse già conforme a quello vigente): la procedura si sospende in attesa che lo strumento venga approvato o meno;

Nel secondo caso si applicano quindi le misure di salvaguardia come previste dall’art. 12 del D.P.R. 380/01, al pari di quanto applicato per il permesso di costruire ordinario, in quanto «non esistono ragioni per differenziare la disciplina delle istanze di concessione in sanatoria da quelle di concessione edilizia per interventi ancora da realizzare» (TAR Lombardia II n. 825/2018).

In questi casi le misure di salvaguardia si applicano a prescindere che la domanda sia stata presentata prima dell’adozione dello strumento urbanistico, non facendo scattare una sorta di “diritto acquisito” a livello amministrativo.

Il discorso si applica anche alle pratiche edilizie presentate una volta con Denuncia Inizio Attività (DIA) in sanatoria e oggi sostituite nella Segnalazione Certificata Inizio Attività in sanatoria ex articolo 37 dPR 380/01.

Certo è che alla doppia conformità già prevista dagli articoli 36 e 37 del DPR 380/01, riferita cioè all’epoca dell’abuso e al momento del deposito dell’istanza/segnalazione, si somma anche la terza conformità al nuovo strumento urbanistico adottato. Una gatta da pelare per tutti i soggetti coinvolti.

Conclusioni e consigli

Quando un Comune procede all’adozione di uno strumento urbanistico, che sia sostitutivo di previgente, di revisione generale o localizzata, occorre valutare bene se l’intervento risulta conforme doppiamente ai due strumenti urbanistici.

Si tratta di ottenere o presentare i relativi titoli edilizi come se ci fossero contemporaneamente due piani regolatori vigenti, ciò significa una doppia istruttoria da parte del Comune e un doppio lavoro di analisi da parte del professionista tecnico.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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