La Giunta comunale approva i piani attuativi qualora compatibili con lo strumento urbanistico generale vigente, il Consiglio Comunale quando comporta variante ad esso.
Nel 1952 furono introdotte per impedire trasformazioni divergenti con gli strumenti urbanistici posteriori, chiamate misure di salvaguardia
Il loro avvento segnò una linea importante introducendo il principio di conformità urbanistica per le trasformazioni rilevanti di un Piano Regolatore comunale
Sono misure che vogliono tutelare o cautelare lo sviluppo ordinato del territorio in armonia con le nuove politiche intervenute con la successiva adozione di varianti ai PRG comunali.
In sintesi l’iter di approvazione di un Piano regolatore comunale (definizioni regionali a parte) è composto dai passaggi fondamentali:
- Adozione: proposta di un PRG effettuata dal Consiglio Comunale;
- Pubblicazione su Albo pretorio e bollettino regionale;
- Osservazioni al PRG ammissibile da tutti i cittadini;
- Controdeduzioni alle osservazioni da parte del Consiglio Comunale;
- Approvazione definitiva e pubblicazione ufficiale su Albo Pretorio e bollettino regionale;
Da questa ultima fase il PRG diventa “approvato” e vigente, ottiene quindi la piena efficacia come norma regolatrice dello sviluppo ordinato e pianificato del territorio comunale.
In seguito possono essere apportate ulteriori modifiche parziali o totali allo strumento urbanistico comunale, effettuando la procedura di variante con lo stesso iter di cui sopra (anche qui sottolineo salvo ulteriori specifiche legislazioni regionali).
La procedura di variante, volta a modificare il PRG approvato, comporta un temporaneo regime di doppio corso, ovvero si ha la compresenza di due strumenti urbanistici comunali aventi piena efficacia.
La variante al Piano può essere di tipo parziale (localizzata ad uno specifico ambito territoriale) o totale (su tutto il territorio comunale) si compie con la stessa procedura; dal momento che viene adottata come proposta di modifica, soggetta a ulteriori possibili aggiustamenti dalle fase di osservazioni, la sua valenza si affianca a quella del PRG previgente.
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In sostanza, l’adozione di un nuovo Piano Regolatore non comporta la sospensione o l’inefficacia del preesistente.
Non solo: il nuovo PRG adottato (ma non ancora approvato) affianca quello esistente, al suo stesso livello.
A partire dall’approvazione della L. n. 1902/1952, oggi travasata nell’articolo 12 c.3 del TUE, esiste una disposizione chiamata Misura di Salvaguardia, che produce effetti di cautela e coordinamento per il passaggio da un PRG previgente verso il nuovo strumento, la cui durata è specificata qui di seguito.
Fin dalla stesura originaria essa prescrive che il Comune debba sospendere ogni determinazione sulle domande di costruzione qualora esse siano in contrasto col (nuovo) piano regolatore adottato.
Il termine “sospensione” non implica automaticamente l’astensione di qualunque azione, bensì di emettere un provvedimento sospensivo adeguatamente motivato circa il rispetto della domanda di costruire nei confronti del piano regolatore adottato.
La compresenza di un PRG adottato assieme al PRG vigente (approvato) implica che le domande di permesso a costruire siano doppiamente rispettose e conformi ad entrambi gli strumenti urbanistici.
Lo scopo delle misure di salvaguardia è armonizzare il passaggio da un PRG all’altro
Da questa sovrapposizione di PRG emerse la necessità di introdurre una norma che evitasse di vanificare gli effetti del nuovo strumento urbanistico qualora una domanda di edificazione fosse approvata nel solo rispetto del PRG previgente all’adozione.
Il legislatore ha voluto evitare il rischio di consentire interventi contrastanti le nuove politiche urbanistiche adottate dal PRG comunale, tali da rendere più difficile e onerosa l’attuazione degli strumenti urbanistici, se non addirittura di comprometterla.
Il regime di misure di salvaguardia scatta con l’adozione di un nuovo piano e apre un periodo in cui valgono contemporaneamente due strumenti urbanistici.
E’ ovvio che avendo due versioni di PRG efficaci, si deve applicare la disposizione più restrittiva tra loro. Oppure, è come presentare due volte la stessa domanda di permesso nei confronti di due distinti PRG: in assenza di doppia conformità ad entrambi, non può essere rilasciato (subito) il permesso.
Nella prassi si applica un sistema di doppio filtro consecutivo: prima si valuta l’ammissibilità della domanda nei confronti dello strumento vigente (approvato) e in caso favorevole si procede a valutare l’ulteriore ammissibilità anche nei confronti dello strumento adottato.
Se già nei confronti del primo filtro (PRG vigente) non ci sono i presupposti per il rilascio, scatta il diniego; se invece i presupposti non vi fossero nei confronti del solo secondo piano (adottato) e quindi in contrasto con esso, scatta il provvedimento di sospensione.
Le misure di salvaguardia servono a evitare il contrasto nei confronti delle politiche urbane.
Questa procedura ha una importante specificità: essa permette nella ripresa automatica dell’iter della domanda del titolo abilitativo sospesa, automaticamente e senza impulso del richiedente, qualora si verifichi una delle seguenti condizioni:
- approvazione definitiva dello strumento urbanistico adottato, che comporta automatica decadenza del previgente strumento approvato e contestuale cessazione delle misure di salvaguardia;
- in caso di annullamento o revoca dello strumento adottato;
- mancata approvazione entro il termine legale (cinque anni dall’adozione);
Durata ed efficacia delle misure di salvaguardia a tempo limitato.
Le misure di salvaguardia non possono avere efficacia illimitata, sopratutto per garantire tempi certi al cittadino.
In breve ecco la cronistoria relativa alle modifiche dei termini di efficacia di salvaguardia:
- con L. 1902/1952 avevano durata due anni;
- con L. 615/1959 tale termine fu elevato a tre anni;
- con L. 517/1966 furono precisate e aggiunte le casistiche in relazione all’approvazione da parte del Min. LL.PP, ovvero che
«Per i Comuni che entro un anno dalla scadenza del termine di pubblicazione del piano abbiano presentato il piano stesso all’Amministrazione dei lavori pubblici per l’approvazione, le sospensioni di cui ai commi precedenti potranno essere protratte per un periodo complessivo non superiore a cinque anni dalla data della deliberazione di adozione del piano. Quando, in seguito alle osservazioni del Ministero dei lavori pubblici, si renda necessaria la riadozione del piano, le sospensioni di cui ai due commi precedenti decorrono, per tutto il territorio interessato dal piano stesso, dalla data della deliberazione comunale di riadozione dei piani regolatori generali e particolareggiati»; - DPR 380/01 art. 12 comma 3: tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all’amministrazione competente all’approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione;
- con L. 133/2008 fu definitivamente abrogata la L. 1902/1952 in quanto replicante la disposizione già inserita ex art. 12 c.3 del DPR 380/01;
Quindi, ad oggi invece in base all’art. 12 c.3 TUE hanno efficacia decorsi:
- tre anni dall’adozione dello strumento urbanistico;
- cinque anni nel caso in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all’Amministrazione competente all’approvazione (Es. Regioni, oppure commissario straordinario) entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione (cfr sopra detto);
Si aprono alcune casistiche in cui la domanda di PdC sia conforme al previgente PRG approvato e in contrasto allo strumento urbanistico adottato:
- conversione del PRG adottato in approvato: il permesso sarà approvato, salva diversa definizione derivante da controdeduzioni delle osservazioni;
- mancata conversione o decadenza del PRG adottato: sarà rilasciata il titolo abilitativo.
In sostanza entrano in vigore le misure di salvaguardia a partire con l’adozione di un piano regolatore comunale cioè dal momento in cui l’organo amministrativo competente delibera formalmente il piano e lo pubblicizza.
Lo scopo è consentire la presentazione delle osservazione da parte dei soggetti interessati, allo scopo di impedire che antecedentemente alla approvazione del piano siano eseguiti interventi possano compromettere gli assetti territoriali previsti dal piano stesso, così che integrano la violazione dell’art. 44 del D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) gli interventi posti in essere dopo la adozione, anteriori alla approvazione del piano ed eseguiti in contrasto con le misure di salvaguardia (Cass. Pen. III n. 5250/2017).
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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