Mutamenti di destinazione su edifici in contrasto agli strumenti urbanistici possono configurare complessivamente il reato di lottizzazione abusiva
Una sua pregressa attività non può ingenerare alcun tipo di affidamento circa la non sanzionabilità di tale illecito nel caso di successive alienazioni dei suoli
Va escluso che da un’accertata lottizzazione abusiva possa derivare in capo ai successivi acquirenti della proprietà una situazione di affidamento circa la legittimità delle pregresse alienazioni della stessa.
Più volte si è scritto in questo blog circa l’illecito edilizio della lottizzazione abusiva, quello più rilevante nella scala di gravità degli abusi nell’attuale ordinamento italiano.
Esistono tre tipologie di lottizzazione abusiva (leggi approfondimento) e consistono in:
- materiale;
- cartolare;
- funzionale;
Il legislatore italiano è intervenuto più volte sull’argomento emanando provvedimenti finalizzati a impedire la commerciabilità di suoli interessati dalla più pesante trasformazione non controllata o difforme dal potere pianificatorio istituzionale, cioè appunto la lottizzazione abusiva.
Un importante provvedimento fu adottato con la prima legge sul Condono edilizio in Italia, ovvero la L. 47/85, il quale statuì la norma che impediva l’alienazione di suoli lottizzati abusivamente, introducendo il certificato di destinazione urbanistica quale necessario presupposto per effettuare una compravendita di terreni.
La lottizzazione abusiva comporta una diversa destinazione d’uso territoriale
La ratio di questo provvedimento era quella di far emergere sotto forma di certificato la reale natura urbanistica, sotto un profilo amministrativo, con lo sperato effetto di rendere noti agli attori della compravendita l’effettiva natura.
Inoltre, con lo stesso provvedimento, il legislatore introdusse l’obbligo di depositare preventivamente al Comune ogni atto di frazionamento catastale del territorio, allo scopo di dissuadere e impedire eventuali frazionamenti preordinati a future successive fasi di edificazione incontrollata; quasi come per rendere edotto un Comune delle possibili intenzioni circa la fattibilità della lottizzazione abusiva.
In genere la predisposizione o la concreta esecuzione di lottizzazione abusiva è finalizzata alla successiva alienazione verso terzi, interessati con consapevolezza o meno a realizzare il proprio intervento edilizio, in spregio alle norme e strumenti urbanistici.
Prima di proseguire, permettimi di consigliare questo video:
Non entro in merito sul fatto di come questi possano dribblare norme e prassi procedurali negli atti di compravendita.
E’ importante invece che la giurisprudenza respinge l’argomentazione dei successivi compratori diretta a reclamare la buona fede e la completa estraneità all’abuso, avendo acquistato i suoli solo a valle del frazionamento dell’area, con conseguente impossibilità, per la stessa, di essere partecipe di qualsivoglia disegno lottizzatorio (TAR Emilia Romagna (BO) Sez. I n. 1019/2016).
Il predominante orientamento della giurisprudenza amministrativa stabilisce che la lottizzazione abusiva opera in modo oggettivo e indipendentemente dai successivi proprietari interessati, i quali, eventualmente, potranno far valere la propria buona fede nei confronti dei propri danti causa (Cons. Stato, sez. IV, nr. 3115/2014 e n. 1589/2014).
Pertanto è pienamente legittima l’irrogazione degli ordini di sospensione nei confronti degli attuali proprietari, anche allegando l’originaria o precedente ordinanza di sospensione di lottizzazione abusiva notificata al precedente proprietario (TAR Emilia Romagna (BO) Sez. I n. 1019/2016).
La giurisprudenza esclude l’ipotesi di affidamento ingenerato dai precedenti atti di compravendita
Sul punto, il consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa esclude che da una situazione di abusivismo edilizio e, tanto meno, da un’accertata lottizzazione abusiva, possa derivare, in capo ai successivi acquirenti della proprietà una situazione di affidamento circa la legittimità delle pregresse alienazioni della stessa.
Anzi, al contrario, la giurisprudenza amministrativa largamente sostenuto non solo che una pregressa attività di “lottizzazione abusiva” non possa ingenerare alcun tipo di affidamento giuridicamente tutelato circa la non sanzionabilità di tale condotta illecita nel caso di successive alienazioni dei suoli, ma anche che tale grave tipologia di abuso non consenta di sanare i singoli interventi realizzati in ciascun lotto oggetto di illecito frazionamento.
La lottizzazione abusiva è un illecito edilizio permanente e insanabile perchè difforme dalla pianificazione urbanistica.
Il suddetto indirizzo giurisprudenziale qualifica infatti la lottizzazione abusiva come un illecito permanente e insanabile, poiché produce una deviazione dagli scopi stabiliti con la pianificazione urbanistica e lede perciò l’essenziale prerogativa comunale della programmazione in materia, alla cui protezione tende l’art. 30 del D.P.R. n. 380 del 2001 (e in precedenza l’art. 18 della L. n. 47 del 1985).
Essa ha dunque una maggiore rilevanza di quella del singolo abuso edilizio poiché incide sull’interesse pubblico primario alla corretta urbanizzazione del territorio, inficiando indebitamente le scelte pianificatorie future della p.a. (Cons. Stato, IV n. 384/2013, e n. 6870/2010).
Dalle considerazioni che precedono discende ulteriormente che la fattispecie della lottizzazione abusiva è distinta da quella delle singole costruzioni prive di titolo abilitativo: non può essere applicata alla prima la disciplina sul condono edilizio e non possono essere sanate le seconde, quando realizzate nell’ambito di una lottizzazione abusiva, se non previa valutazione globale dell’attività lottizzatoria secondo lo speciale meccanismo di cui agli articoli 29 e 35, comma 13, della legge n. 47 del 1985, cioè previa adozione di una variante dello strumento urbanistico (Cons. Stato, IV, 7 giugno 2012, n. 3381).
Così come, in ragione della differenza fra le due fattispecie, non è prevista per la prima la possibilità del ripristino da parte del privato come invece espressamente consentito al responsabile del singolo abuso ai sensi dell’art. 31, c. 3, del D.P.R. n. 380 del 2001.
Sulla base di quanto chiaramente dispone l’art. 31 del D.P.R. n. 31 del D. P.R. n. 380 del 2001, e del consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa in merito all’ambito applicativo della suddetta disposizione, è legittima l’ordinanza di demolizione di opere abusive emessa non solo nei confronti dell’effettivo responsabile dell’abuso edilizio ma anche verso gli attuali proprietari, in quanto, l’abuso è illecito di carattere permanente, con la conseguenza che il provvedimento amministrativo che lo sanziona produce validi effetti anche sui successivi proprietari dell’immobile (Cons. Stato, sez. VI n. 4125/2015).
Il tempo intercorso non elide il doveroso e imprescrittibile esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’amministrazione pubblica.
Quindi l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni d’interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può legittimare…” (Cons. Stato, Sez. IV n. 3747/2016, CdS V n. 5106/2016).
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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