Per l'acquisizione gratuita di aree lottizzate abusivamente è sufficiente l'accertamento oggettivo del fatto in sede processuale e anche con estinzione del reato.
Mutamenti di destinazione su edifici in contrasto agli strumenti urbanistici possono configurare complessivamente il reato di lottizzazione abusiva
Nell’immaginario collettivo, il concetto di lottizzazione evoca l’edificazione di una porzione territoriale vergine. Tuttavia, nell’ordinamento giuridico italiano, tale concetto ha un ampio perimetro, come precisato dalla giurisprudenza nei casi di lottizzazione abusiva: essa ha confermato più volte che il reato di lottizzazione abusiva può configurarsi anche in presenza di un territorio già edificato o addirittura su un immobile esistente (Cass. Pen. n. 19222/2020, n. 24096/2008).
Si tratta di superare quel concetto di mutamento di destinazione normalmente associato all’edificio, andando a configurare piuttosto il cambio di destinazione d’uso del territorio, piuttosto che di una costruzione, soprattutto in contrasto alla strumentazione e disciplina urbanistica pianificatoria.
Nel dettaglio, l’illecito edilizio (gravissimo) di lottizzazione abusiva, rilevante soprattutto sul profilo penale e amministrativo, può manifestarsi attraverso una o più tipologie meglio definite dalla giurisprudenza consolidata e dall’articolo 30 del D.P.R. 380/01:
- Materiale: quando vengono avviate opere che comportano la trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali, o senza la prescritta autorizzazione.
- Cartolare o negoziale: si verifica mediante frazionamenti non autorizzati e vendite di terreni in lotti, creando i presupposti per l’esecuzione differita nel tempo senza ancora concretizzarsi con opere fisiche o cambiamenti funzionali del territorio.
- Funzionale: attraverso un globale mutamento della destinazione d’uso dei volumi appartenenti a un complesso edificato, al fine di conferire all’area interessata un diverso assetto territoriale che incide sostanzialmente sugli standard urbanistici e sulle dotazioni territoriali.
Il reato di lottizzazione abusiva può essere integrato anche dal cambiamento della destinazione d’uso di un immobile che alteri il complessivo assetto del territorio, comportando una significativa incidenza sulle dotazioni degli standard di zona (Cass. Pen. n. 19222/2020).
La giurisprudenza penale ha costantemente considerato la lottizzazione abusiva in termini più ampi, associandola al reato di pericolo: esso si configura non solo con la trasformazione effettiva del territorio, ma anche con qualsiasi attività che comporti il solo pericolo di urbanizzazione non prevista o in contrasto con quella pianificata dallo strumento urbanistico (Cass. Pen. n. 37383/2013).
Ciò significa che anche attraverso cambiamenti funzionali degli immobili, contrari alla normativa e alla disciplina locale, è possibile essere accusati di lottizzazione abusiva (art. 30 D.P.R. 380/01) anziché di costruzione senza permesso (art. 31 D.P.R. 380/01).
Sullo stesso principio, il reato di lottizzazione abusiva può essere contestato anche effettuando una serie complessiva di interventi edilizi autorizzati con permesso di costruire o tramite condoni edilizi rilasciati o presentati su edifici separati; questo concetto tuttavia apre una seria zona grigia da sorvegliare attentamente, cioè la linea di confine per inquadrare gli abusi edilizi effettuati con lottizzazione abusiva o assenza di permesso di costruire.
Un esempio potrebbe essere un complesso immobiliare autorizzato per un uso ricettivo, convertito abusivamente a uso residenziale con vendite frazionate, violando il divieto di riconversione abitativa e l’inadeguatezza delle dotazioni territoriali/standard urbanistici del piano comunale.
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La giurisprudenza amministrativa ha incluso la rilevante trasformazione funzionale, con o senza opere fisiche, nel contesto del reato di lottizzazione abusiva. La verifica dell’attività edilizia nel suo complesso può rivelare un illecito cambiamento della destinazione d’uso del territorio, anche se le variazioni coinvolgono solo la destinazione d’uso dei manufatti realizzati. Ciò è considerato conforme all’art. 30 del D.P.R. n. 380/01, che considera come lottizzazione abusiva qualsiasi tipo di opera idonea a stravolgere l’assetto del territorio preesistente (Consiglio di Stato n. 5204/2019, n. 2816/2015).
Inoltre, le pronunce giurisprudenziali forniscono indicazioni per configurare la lottizzazione abusiva derivante dai cambiamenti d’uso degli immobili: essa configura un fenomeno unitario che va oltre la consistenza delle singole opere e, talvolta, ne prescinde, come nel caso del cambiamento di destinazione d’uso di complessi edilizi regolarmente autorizzati. La sua rilevanza giuridica deriva dall’impatto sul territorio interferendo con la pianificazione, la conservazione dei valori paesistici e ambientali, le dotazioni territoriali e gli standard urbanistici (Consiglio di Stato n. 148/2023, n. C.G.A.R.S. n. 93 del 8 febbraio 2021).
Il filo conduttore che collega i cambiamenti di destinazione d’uso di un complesso edilizio alla lottizzazione abusiva passa attraverso i seguenti punti cruciali:
- Il contrasto con la disciplina pianificatoria locale.
- La rilevanza qualitativa e quantitativa delle variazioni del carico urbanistico;
- l’interferenza sulle dotazioni territoriali e gli standard urbanistici.
Infine, è importante ricordare che la valutazione degli abusi edilizi e degli illeciti commessi su un immobile deve avvenire considerando l’insieme delle opere eseguite e le reciproche interazioni, piuttosto che in modo frammentato, poiché il pregiudizio al regolare assetto del territorio deriva dalla complessiva trasformazione edilizia e dal loro impatto contestuale (Consiglio di Stato n. 2119/2023, n. 8848/2022, 7601/2019).
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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