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Nel computo della volumetria bisogna comprendere anche gli ambienti sottostrada perchè incidenti sull’assetto del territorio e carico urbanistico

Visto che molte persone ritengono che la realizzazione di ambienti seminterrati e interrati “non fa volume”, forse è il caso di spiegare meglio che non corrisponde a verità. In altre parole, non possiamo considerarli tanto meno attività edilizia libera, altrimenti li troveremmo menzionati nel vigente art. 6 DPR 380/01.

Per chiarire se i volumi seminterrati o interrati fanno volume è necessario fare adeguata premessa sulle norme e disposizioni urbanistiche nazionali, e soprattutto sui riflessi a quella regionali e comunali.

Una nota a parte va spesa per i locali tombati o vuoti tecnici strutturali, che ho già approfondito in precedente post.

Il quadro nazionale dopo il Regolamento Edilizio Tipo nazionale

Come impostazione generale nazionale, si può affermare che le porzioni degli edifici realizzate in seminterrato e interrato costituiscano volume totale o volumetria. Chiaramente poi nelle norme regionali e discipline comunali esistono disposizioni che facilitano o derogano la realizzazione di spazi ad uso accessorio seminterrato/interrato, ad esempio:

  • cantine, deposito, ripostigli
  • autorimesse e rimesse
  • lavanderie e sgomberi
  • ecc.

Detto ciò, iniziamo a fare riferimento al Regolamento Edilizio Tipo nazionale, emanato con DPCM 20 ottobre 2016, dal quale si desumono alcune definizioni utili per risolvere il dubbio (Allegato A).

Secondo le definizioni generali, anche gli spazi seminterrati e interrati compartecipano al calcolo della volumetria dell’edificio:

19 – Volume totale o volumetria complessiva
Volume della costruzione costituito dalla somma della superficie totale di ciascun piano per la relativa altezza lorda.

Di conseguenza riporto le due definizioni/fattori che comportano il calcolo della volumetria complessiva:

12 – Superficie totale ST
Somma delle superfici di tutti i piani fuori terra, seminterrati ed interrati comprese nel profilo perimetrale esterno dell’edificio

26 – Altezza lorda
Differenza fra la quota del pavimento di ciascun piano e la quota del pavimento del piano sovrastante. Per l’ultimo piano dell’edificio si misura l’altezza del pavimento fino all’intradosso del soffitto o della copertura

Occorre ricordare che il Regolamento Edilizio Tipo nazionale, per entrare in vigore in un territorio regionale e nei relativi comuni, richiede obbligatoriamente il recepimento con atto espresso.

Ad oggi quasi tutte le regioni hanno adottato e recepito il Regolamento Edilizio Tipo, adottando una versione regionale contenente diverse integrazioni e aggiunte rispetto a quello nazionale.

Il recepimento regionale non scatta in maniera automatica e perentoria, bensì sono state previste graduali modalità di inserimento e applicazione delle definizioni standardizzate nel:

  1. Regolamento Edilizio comunale;
  2. Strumenti urbanistici comunali (Piano Regolatore e similari);

Infatti la norma nazionale DPCM 20 ottobre 2016 ha dedicato l’intero articolo 2 per pianificare tempistiche e modalità di recepimento “all’ultimo miglio” degli enti locali, per evitare possibili impatti negativi.

Basti pensare a coloro che vedrebbero ridursi improvvisamente le volumetrie di calcolo a causa dei nuovi criteri di calcolo e definizioni.

Per evitare ciò, il legislatore nazionale ha differenziato l’entrata in vigore degli aggiornamenti, adeguamenti e superamento delle definizioni urbanistiche edilizie:

  • Regolamento edilizio comunale (art. 2 c.3):
    entro 180 giorni dal recepimento regionale il comune adegua il proprio regolamento, per conformarsi al regolamento edilizio tipo regionale, decorso il quale trovano diretta applicazione, prevalendo sulle disposizioni comunali con esse  incompatibili;
  • Strumento urbanistico comunale, PRG, eccetera (art. 2 commi 1,4 e 5):
    con l’emanazione del Regolamento edilizio tipo regionale sono previste automaticamente norme, modalità e tempistiche di raccordo per garantire l’invarianza dei diritti edificatori, cubaggi e volumetrie già previste dagli strumenti urbanistici comunali vigenti o adottati alla data di entrata in vigore del Regolamento edilizio tipo regionale.
    Chiaramente alla prima variante generale o nuovo strumento urbanistico, e comunque entro i termini previsti dalla normativa regionale, si dovranno recepire e dimensionare i piani regolatori con le nuove definizioni standardizzate regionali.

In questo modo si è creato un doppio binario di trattamento che, da una parte pone maggiore difficoltà applicative nei permessi di costruire, SCIA e CILA soggette ad una verifica duplicata (definizioni diverse tra Regolamento Edilizio tipo e PRG), dall’altra si è garantito il mantenimento degli indici e parametri urbanistici.

Regolamento Edilizio Tipo nazionale DPCM 20 ottobre 2016.

Art. 2  Modalità e termini di attuazione    

1. Entro il  termine  di  centottanta  giorni  dall’adozione  della presente intesa, le regioni ordinarie provvedono al recepimento dello schema di regolamento edilizio  tipo  e  delle  definizioni  uniformi nonché  all’integrazione  e  modificazione,  in   conformità   alla normativa  regionale  vigente,  della  raccolta  delle   disposizioni sovraordinate  in  materia  edilizia.  Con  il   medesimo   atto   di recepimento,  le  regioni,  nel  rispetto  della  struttura  generale uniforme dello schema di regolamento edilizio tipo approvato, possono specificare  e/o  semplificare  l’indice. Le regioni, altresì, individuano,  alla  luce  della  normativa  regionale   vigente,   le definizioni aventi incidenza sulle previsioni dimensionali  contenute negli strumenti urbanistici e, ove  necessario,  in  via  transitoria possono dettare indicazioni  tecniche  di  dettaglio  ai  fini  della corretta interpretazione di tali  definizioni  uniformi  in  fase  di prima  applicazione.  L’atto  di  recepimento  regionale   stabilisce altresì i metodi, le procedure e i tempi, comunque non  superiori  a centottanta  giorni,  da  seguire  per  l’adeguamento  comunale,  ivi comprese specifiche norme transitorie volte a  limitare  i  possibili effetti dell’adeguamento sui procedimenti  in  itinere  (permessi  di costruire,  Scia,  sanatorie,  piani   attuativi,   progetti   unitari convenzionati).   

2. Il Governo, le regioni ordinarie e gli enti locali si  impegnano ad  utilizzare  le  definizioni  uniformi  nei  propri  provvedimenti legislativi e regolamentari, che saranno adottati  dopo  la  data  di sottoscrizione della presente intesa, fermo restando quanto  previsto dal comma 3.   

3.  Entro  il  termine  stabilito  dalla   regioni   nell’atto   di recepimento  regionale  e  comunque  non  oltre  centottanta   giorni decorrenti dal medesimo atto di  recepimento,  i  comuni  adeguano  i propri regolamenti edilizi per conformarli allo schema di regolamento edilizio tipo e relativi allegati, come eventualmente  specificati  e integrati a livello regionale. Decorso il termine  di  cui  al  primo periodo entro il quale i comuni sono  tenuti  ad  adeguare  i  propri regolamenti  edilizi,  le  definizioni  uniformi  e  le  disposizioni sovraordinate  in  materia  edilizia  trovano  diretta  applicazione, prevalendo sulle disposizioni comunali  con  esse  incompatibili.  In caso di mancato  recepimento  regionale  i  comuni  possono  comunque provvedere all’adozione dello schema di regolamento edilizio  tipo  e relativi allegati.

4. Il  recepimento  delle  definizioni  uniformi  non  comporta  la modifica delle previsioni dimensionali  degli  strumenti  urbanistici vigenti, che continuano ad essere regolate dal piano comunale vigente ovvero adottato alla data di sottoscrizione della presente intesa.   

5.  Laddove  al  momento  della  sottoscrizione  dell’intesa  siano vigenti norme regionali che prevedono termini perentori entro i quali i comuni sono tenuti ad adeguare i propri strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica ai contenuti delle  normative  regionali, il recepimento comunale dello schema di regolamento edilizio  tipo  e relativi allegati, avviene entro  il  medesimo  termine,  secondo  le modalità di gestione della fase transitoria definite  dalle  regioni stesse.

Giurisprudenza in merito alle volumetria interrata

Anche la giurisprudenza penale sembra confermare l’automatica rilevanza dell’aumento del carico urbanistico collegato alla volumetria di locali seminterrati e interrati.

Riporto la massima estratta dalla sentenza n. 45960/2021 di Cassazione Penale, contenente una giusta riserva:

Il computo della volumetria deve essere effettuato, salvo che non viga una espressa e particolare disposizione contraria, con riferimento all’opera in ogni suo elemento, ivi compresi gli ambienti seminterrati ed interrati (cioè, sottostanti al livello stradale), funzionalmente asserviti, poiché nel concetto di costruzione rientra ogni intervento, che abbia rilevanza urbanistica, in quanto incide sull’assetto del territorio ed aumenta il c.d. carico urbanistico.

La riserva di una clausola residuale verso una diversa regolamentazione e disciplina è corretta: infatti le disposizioni regionali, e quelle comunali, potrebbero contenere disposizioni diverse in questo senso. Tuttavia se devo essere sincero, negli ultimi non le ho trovate durante la consultazione dei piani regolatori ove opero.

Infatti negli strumenti urbanistici comunali di recente adozione, soprattutto nelle regioni con normative regionali abbastanza aggiornate, non hanno liberalizzato la volumetria interrata o seminterrato.

Diciamo che hanno introdotto la possibilità di svolgere più agevolmente questi volumi entro certi limiti e condizioni, in rapporto alla superficie lorda abitabile o situata al piano terra/rialzato.

In altre parole, molti regioni e comuni consentono la realizzazione di volumetrie in piano interrato o seminterrato, considerandoli superfici accessorie (limitate e condizionate) ed esonerandoli dal conteggio della superficie lorda; generalmente è su quest’ultimo parametro che sono dimensionati i carichi urbanistici insediativi, le urbanizzazioni e standard urbanistici.

Conclusioni

Considerare automaticamente libera o irrilevante la volumetria seminterrata o interrata degli edifici è un errore non solo ai fini urbanistici, ma anche paesaggistici.

Al contrario, bisogna tenerne sempre conto nel dimensionamento dei cubaggi relativi ai titolo abilitativi e alle sanatorie edilizie.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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