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  • Carlo Pagliai
  • SCIA

Se rammentate il nome della pratica edilizia ai Tecnici, qualcuno reagirà come i cavalli nella scena del film Frankenstein Junior.

Il motivo?

Semplicissimo. La redazione di una pratica SCIA per interventi di trasformazione edilizia diviene sempre più complessa conseguentemente all’evolversi della normativa urbanistica, e sopratutto della scintillante evoluzione della giurisprudenza in materia. E soprattutto, delle responsabilità penali connesse!

Una novità passata quasi in sordina e assai rilevante è stata introdotta circa un anno fa tramite la cosiddetta semplificazione e unificazione dei modelli di pratica edilizia (ben venga, aggiungo io).
La SCIA unificata a livello nazionale (giugno 2014), integrata con le rispettive modifiche apportate su scala regionale, ha introdotto un quadro “g” inerente la descrizione dello stato legittimo vigente della costruzione, la cui redazione è a carico del committente (non compare infatti nella Relazione asseverata del tecnico).

Sta di fatto che è impensabile che la committenza possa avere nozioni e cognizione chiara su questo aspetto urbanistico; quindi in molti casi il professionista, fornendo un opera intellettuale rilevante e assoluta nel processo edilizio, assume comunque responsabilità oggettiva anche per queste dichiarazioni poste a carico del proprietario firmante la SCIA.
Ecco per cui si ritorna all’inizio come nel gioco dell’oca:
la specificazione dello stato legittimo diviene quindi evidente e preponderante, ed occorre quindi iniziare a dotarsi di cognizioni, strumenti e informazioni capaci di affrontare un aspetto fino a poco tempo fa tenuto in disparte.

Rispetto alla Comunicazione di Inizio Lavori la questione non si pone, in quanto nella vigente modulistica per essa è richiesto solo la legittimità relativa alla trasformazione stessa, e non l’attestazione dello stato legittimo dell’area o immobile ove andiamo a operare.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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