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La conformità delle nuove opere alla disciplina urbanistico-edilizia ha carattere recessivo rispetto al carattere abusivo permanente dell’immobile

La conformità delle opere da realizzare agli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi implica la regolarità dell’edificio

Sappiamo bene che il D.L. 76/2020 (L. 120/2020) ha introdotto la definizione di Stato legittimo nel Testo Unico Edilizia DPR 380/01 all’art. 9-bis comma 1-bis.

Ma questo non significa che abbiamo un altro “anno zero” da cui far partire l’obbligo di verificare la conformità del fabbricato ai vari titoli abilitativi che ne legittimano l’integrale consistenza.

In verità il legislatore ha preso un principio divenuto ormai pacifico in giurisprudenza, e lo ha reso norma di legge, cioè lo Stato Legittimo (Definizione normativa).

Partiamo allora da un altro principio assai noto: l’abuso edilizio avviene come realizzazione di opere ad effetti permanenti, per le quali l’Amministrazione. Essa, nel vigilare sul rispetto della normativa urbanistico-edilizia, non può che disporre il ripristino dell’assetto urbanistico indebitamente violato, anche per manufatti risalenti nel tempo, ove realizzati senza il prescritto titolo abilitativo.

Per lo stesso motivo, non si può considerare efficace una D.I.A. che asseveri la conformità urbanistica dell’opere oggetto di intervento su un immobile di cui non sia consentita la legittima permanenza sul territorio (Cons. di Stato n. 1413/2014, n. 5513/2013).

Da decenni in tutte le pratiche edilizie si attesta con asseverazione il rispetto di molti presupposti essenziali, quali il rispetto della conformità delle opere a:

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L’efficacia delle pratiche edilizie è legata al rispetto delle regole

Questo tipo di presupposti viene tuttora asseverato in pratiche edilizie di ogni genere:

Se facciamo caso, negli ultimi tre decenni si è assistito ad un progressivo incremento dell’uso delle pratiche edilizie “liberalizzate”, cioè quelle in cui l’attività edilizia viene legittimata e autorizzata senza il rilascio di provvedimento espresso dalla Pubblica Amministrazione.

Queste forme procedurali sono basate sulla dichiarazione di parte del soggetto interessato: hanno la finalità di legittimare l’intervento edilizio e l’esigenza di rendere ancora più rapida ed efficace l’azione amministrativa.

Il meccanismo di efficientamento della procedura passa proprio attraverso il maggior coinvolgimento della responsabilità del professionista tecnico abilitato; per questo il tecnico abilitato non può non fondare la propria valutazione di legittimità degli interventi “da effettuare” anche con riferimento alla verificata regolarità, sotto il profilo urbanistico-edilizio, dell’immobile interessato dai lavori (Cons. di Stato n. 1413/2014).

Infatti appare evidente che le varie tipologie di interventi edilizi, diversi da quelli di nuova edificazione ed incidenti su immobili già realizzati, debbano avere come indefettibile presupposto il carattere non illegittimo di detti immobili (Cons. di Stato n. 1413/2014).

Ogni intervento edilizio presuppone la regolarità dell’immobile

Ad esempio tale evidenza è rafforzata dalla possibilità di effettuare con SCIA (una volta DIA) art. 22 comma 3 d.P.R. n. 380/2001 “gli interventi di ristrutturazione di cui all’art. 10, comma 1, lettera c)”, normalmente soggetti a permesso di costruire ed implicanti – come specificato sia nel citato art. 10 che nell’art. 3, comma 1, lettera d), del medesimo d.P.R. n. 380 del 2001 – “un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente” anche con “aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, dei prospetti e delle superfici”, non esclusa la “demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria” dell’edificio preesistente.

Ove la SCIA (e una volta DIA) non fosse chiamata a certificare la legittimità dell’intervento nella dimensione più ampia, riferita anche alla regolarità urbanistico-edilizia dell’immobile preesistente, si potrebbero verificare situazioni paradossali facilmente intuibili.

Se l’edificazione di un immobile con SCIA o DIA portasse a considerare automaticamente regolare l’edificio, come ad esempio la demolizione e ricostruzione fedele di un fabbricato abusivo oppure la sopraelevazione di un edificio privo di titolo abilitativo, esso verrebbe sostanzialmente sanato – con effetti sovrapposti alle disposizioni vigenti in materia (art. 36 d.P.R. n. 380 del 2001). Infatti ove l’Amministrazione ritenesse di agire in via di autotutela, non troverebbero applicazione le misure repressive previste per tali illeciti, con l’effetto di paralizzare le misure repressive imposte dall’ordinamento, con lesione dell’interesse pubblico alla doverosa salvaguardia dell’ordine del territorio.

Una normale pratica edilizia non può legittimare a posteriori l’intervento.

Soltanto alcune procedure di regolarizzazione edilizia consentono la possibilità di legittimare ex post un’attività edilizia abusiva col DPR 380/01

  • Condono Edilizio L. 47/85, 724/94, 326/03;
  • Accertamento di conformità ex art. 36 DPR 380/01 (Permesso di Costruire in sanatoria);
  • SCIA in sanatoria ex art. 37 DPR 380/01
  • CILA Tardiva art. 6-bis DPR 380/01
  • (aggiungo anche la procedura ex art. 38 DPR 380/01);

Al netto di queste procedure di regolarizzazione, se viene accertato che il manufatto abusivo precede l’ottenimento del titolo abilitativo, quest’ultimo non può essere invocato per legittimare a posteriori l’illecito edilizio. Infatti la normale pratica edilizia non risponde alla finalità di sanare una illegittimità, ma a quella di permettere l’edificazione sulla base dello stato dei fatti vigente alla data del suo rilascio (TAR Lazio n. 10910/2021).

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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