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Possono presentarsi diversi casi di parziali differenze apportate rispetto al titolo edilizio, definibili in funzione della doppia conformità e della possibile loro rimozione.

Attualmente questa fattispecie di abuso edilizio è regolata dal combinato disposto degli articoli 34 e 36 del T.U. dell’edilizia DPR 380/01, introdotto con l’art. 12 della L. 47/85 del condono

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La parziale difformità consiste nell’intervento apportante modifiche senza preventiva variante al permesso di costruire, quindi presuppone la preesistenza di un titolo edilizio abilitante l’intervento o la costruzione; sono esclusi i casi di interventi in assenza di titolo, totale difformità o con variazioni essenziali da esso.

Il campo applicativo delle parziali difformità non è proprio ben circoscritto e ne avevo esaminato gli aspetti in questo articolo.

Possono presentarsi quattro combinazioni di parziali difformità in funzione del rispetto della c.d. “doppia conformità”:

  1. doppiamente conformi alla disciplina urbanistica vigente sia al momento dell’esecuzione che ad oggi;
  2. conformi alla disciplina urbanistica vigente all’esecuzione e in contrasto con quella vigente ad oggi;
  3. in contrasto con la disciplina urbanistica vigenti all’esecuzione e conformi con quella vigente ad oggi;
  4. doppiamente in contrasto con gli strumenti urbanistici/norme vigenti sia all’epoca di esecuzione che ad oggi;

per disciplina urbanistica si intende:

  • l’insieme di norme, regolamenti e strumenti urbanistici in essere ad una certa data, considerandoli un “unicum” nel suo insieme, compreso gli aspetti settoriali come vincolistica, strutturale e quant’altro che meritano un approfondimento a parte.
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Nei casi di parziale difformità il calcolo dell’oblazione è riferito alla sola parte di opera difforme dal permesso.

La prima casistica di doppia conformità possiede le condizioni che può consentire l’ottenimento del Permesso di costruire in sanatoria
tramite la procedura di Accertamento di conformità (art. 36 DPR 380/01),  procedura che a livello nazionale (salvo disposizioni regionali) prevede:

  • rilascio del permesso in sanatoria col pagamento di sanzione pari al doppio del contributo di costruzione (oneri  urbanizzazione + costo di costruzione);
  •  per i casi di gratuità di legge (es. aziende agricole), rilascio del permesso in sanatoria con sanzione in misura pari a quella prevista dall’articolo 16 del T.U. ovvero il contributo di costruzione singolo, come se avesse perso il diritto di esenzione;

La doppia conformità permette il rilascio del Permesso di costruire in sanatoria, cosa che consente possibili trasformazioni successive delle porzioni sanate.

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Casistiche di parziali difformità non conformi


Ove l’abuso risulti in contrasto anche ad una sola disciplina urbanistica vigente all’epoca dell’abuso e al momento dell’istanza di sanatoria, non è ammessa la possibilità di regolarizzarne l’esecuzione e di ottenerne il rilascio del permesso di costruire in sanatoria secondo l’art. 36 DPR 380/01.

Se si incorre in una di queste tre casistiche occorre valutare se il ripristino dell’abuso di parziale difformità possa cagionare pregiudizio alla parte costruita in conformità (doppia, ndr) come previsto dal comma 2 dell’art. 34 DPR 380/01.

In tali casi occorre dimostrare con fondati motivi tecnici l’oggettiva difficoltà esecutiva per rimuovere l’abuso senza danneggiare, compromettere o ledere la parte conforme;

Quasi sempre il pregiudizio deriva per aspetti strutturali e antisismici che possono compromettere seriamente l’organismo edilizio

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Il Consiglio di Stato ha  fermamente respinto l’onerosità economica come criterio giustificante pregiudizio alla parte conforme, e ha specificato che la norma deve essere interpretata in conformità alla natura di illecito posto in essere e alla sua valenza derogatoria rispetto alla regola generale posta dal primo comma, nel senso che si applica la sanzione pecuniaria  art. 34 DPR 380/01 (ex art. 12 L. 47/85) soltanto nel caso in cui sia “oggettivamente impossibile” procedere alla demolizione (CdS sez. VI n. 1912/2013).
Inoltre ha ribadito che deve risultare in maniera inequivoca che le conseguenze materiali dell’esecuzione e dell’azione ripristinatoria inciderebbero sulla stabilità dell’edificio nel suo complesso.

Infatti se fosse preso in esame tale criterio si rischierebbe di trasformare l’istituto in esame in una sorta di “condono mascherato” con grave ripercussioni sull’assetto del territorio e in contrasto con la chiara intenzione del legislatore, che ha disposto l’eccezione alla demolizione parziale nel solo caso in cui il ripristino materiale incida sulla stabilità dell’intero edificio; ad esempio non sarebbe sufficiente la presenza di strumenti o impianti costosi nella parte da demolire (cfr. analoghe Cons. Stato, V, 29 novembre 2012, n. 6071; Cons. Stato, V, 5 settembre 2011, n. 4982).

L’onerosità dell’opera non può essere considerata come criterio di pregiudizio ostativo al ripristino.

Una volta riscontrato l’oggettivo pregiudizio per la parte legittimata/conforme, il dirigente responsabile applica la sanzione relativa alla porzione difforme dal Permesso di costruire pari a

  • uso residenziale:
    doppio del costo di produzione ex L. 392 del  27 luglio 1978 (equo canone);
  • uso non residenziale:
    doppio del valore venale determinato a cura della Agenzia del territorio(Catasto);

Il Consiglio di Stato su questo aspetto ha confermato tale impostazione con cui l’applicazione della sanzione pecuniaria applicata ex art. 12 della l. n. 47/1985 non ha valenza ripristinatoria dell’assetto edilizio violato e che la norma è quindi derogatoria rispetto alla normativa generale al riguardo, con conseguente applicazione di interpretazione restrittiva (CdS. sez. V n. 04982/2011).

La fiscalizzazione della mancata demolizione o rimessa in pristino delle parziali difformità non legittima l’intervento abusivo e ne consente la sola permanenza in situ.

Sul procedimento sulla parziale difformità, in assenza di doppia conformità e con oggettiva impossibilità di rimozione, è importante sottolineare che:

  • il pagamento della sanzione equivale a fiscalizzazione/monetizzazione del mancato intervento di rimessa in pristino con conseguente mantenimento (non legittimato) in luogo;
  • non porta al rilascio di un Permesso di costruire in sanatoria come avviene per l’Accertamento di conformità ex art. 36 DPR 380/01;
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L’intento è quello di non escludere il carattere abusivo dello stesso, rispondendo alla sola finalità di impedire che la (pur sempre doverosa) demolizione coinvolga anche le porzioni del manufatto legittimamente realizzate.

Tale orientamento è stato fermamente ribadito più volte dal Consiglio di Stato con le sentenze sez. VI, 9 n. 1912/2013, n. 352/2016;

Ho riscontrare norme tecniche di alcuni PRG che limitavano le trasformazioni edilizie degli immobili oggetto di tali sanzioni.

Quanto sopra vale anche agli interventi edilizi “sostanziali” di cui all’articolo 22, comma 3 eseguiti con SCIA in parziale difformità dalla essa, elenchiamoli per chiarezza:

  • ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonchè gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni;
  • interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica qualora disciplinati da piani attuativi comunque denominati;
  • gli interventi di nuova costruzione realizzate tramite strumenti urbanistici generali recanti precise disposizioni plano-volumetriche;

Il Legislatore nazionale ha limitato l’applicazione del sanzionamento specificando che non si ha parziale difformità dal titolo abilitativo in presenza di violazioni di altezza, distacchi, cubatura o superficie coperta che non eccedano per singola unità immobiliare il 2 per cento delle misure progettuali, le cosiddette tolleranze nelle costruzioni affrontate in questo articolo.
La questione delle tolleranze edilizie per immobili sottoposti a vincolo sono state affrontate in altro specifico articolo.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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