Anche l'incremento di carico urbanistico e chiusura spazi esistente rende improcedibile la Compatibilità paesaggistica art. 167 del Codice
Le opere abusive compiute su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici non sono sanabili
Il TUE prevede una specifica disciplina relativa agli immobili abusivi realizzati su suoli di proprietà pubblica o statale. Le opere abusive compiute su suoli demaniali da parte di privati, quindi effettuando anche una occupazione abusiva “violenta” di essa, non sono sanabili. L’art. 35 del TUE esclude da ogni casistica la possibilità di sanare questo tipo di abusi, come invece previsto dal successivo art. 36 del TUE in materia di accertamento di conformità (leggi sanatoria ordinaria). Il legislatore ha volutamente imposto l’esclusione di questa fattispecie privilegiando l’interesse pubblico su quello privato, finalizzato a tutelare la sua conservazione e natura di uso collettivo, nonché disponibilità di possesso per finalità pubbliche. L’articolo 35 del DPR 380/01 dispone:
Art. 35 – Interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici
1. Qualora sia accertata la realizzazione, da parte di soggetti diversi da quelli di cui all’articolo 28, di interventi in assenza di permesso di costruire, ovvero in totale o parziale difformità dal medesimo, su suoli del demanio o del patrimonio dello Stato o di enti pubblici, il dirigente o il responsabile dell’ufficio, previa diffida non rinnovabile, ordina al responsabile dell’abuso la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi, dandone comunicazione all’ente proprietario del suolo. 2. La demolizione è eseguita a cura del comune ed a spese del responsabile dell’abuso. 3. Resta fermo il potere di autotutela dello Stato e degli enti pubblici territoriali, nonchè quello di altri enti pubblici, previsto dalla normativa vigente. 3-bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli interventi edilizi di cui ((all’articolo 23, comma 01)), eseguiti in assenza di segnalazione certificata di inizio attività, ovvero in totale o parziale difformità dalla stessa.
Sul punto è calzante il principio confermato dal ultimo con sentenza del Consiglio di Stato n. 9786/2024:
L’articolo 35, d.P.R. n. 380 n. 2001 va interpretato con particolare rigore, in quanto l’abuso, se commesso ai danni del suolo pubblico, risulta essere ancora più grave che se commesso illegittimamente su suolo privato. L’art. 35 citato, volto a tutelare le aree demaniali o di enti pubblici dalla costruzione di manufatti da parte di privati, configura un potere di rimozione che ha carattere vincolato, rispetto al quale non può assumere rilevanza l’approfondimento circa la concreta epoca di realizzazione dei manufatti e non è configurabile un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente che il tempo non può legittimare in via di fatto. Infatti il provvedimento con cui viene ingiunta, sia pure tardivamente, la demolizione di un immobile abusivo, per la sua natura vincolata e rigidamente ancorata al ricorrere dei relativi presupposti in fatto e in diritto, non richiede motivazione in ordine alle ragioni di pubblico interesse (diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata) che impongono la rimozione dell’abuso. Né il Comune è tenuto ad effettuare una valutazione comparata tra l’interesse privato e quello pubblico, al ripristino della legalità violata, e a darne conto con specifica motivazione (vedi anche Cons. di Stato n. 729/2024, n. 8707/2023, n. 8935/2022)
In sostanza tale norma non ammette alcuna ipotesi di sanatoria a favore del privato che compie abuso edilizio su suolo demaniale.
Dalla ipotesi generale sono esclusi infatti i soggetti diversi da quelli dell’articolo 28 del TUE, cioè quelli diversi da amministrazioni statali. Quindi non è escluso che un ente statale possa sanare un proprio abuso se compiuto sul suolo di propria disponibilità, o addirittura su suolo di proprietà di un ente statale diverso da quello che ha compiuto l’abuso. Facciamo un esempio:
ammettiamo che sul terreno di proprietà della provincia di Snari sia stata realizzata un magazzino da parte del Comune di Slattilandia: in questo caso è ammissibile avviare una domanda di sanatoria. Al contrario, se l’abuso sul terreno della provincia di Snari fosse compiuto dal cittadino di Slattilandia, ai sensi dell’articolo 35 non può minimamente essere ammesso.
Nota bene: il regime della sanatoria ordinaria è assai diverso dal condono edilizio.
Se trattasi di condono edilizio di opera abusiva compiuta su area demaniale, esiste una specifica disciplina, diversa per forma e sostanza da quella trattata in questo post. Anche l’epoca di compimento dell’abuso non cambia niente, neppure se di epoca assai remota; l’art. 35 del D.P.R. n. 380 del 2001 è volto a tutelare le aree demaniali di costruzioni abusive da parte di privati, rispetto al quale non assume rilevanza l’approfondimento della concreta epoca di ultimazione degli abusi (TAR Piemonte Sez. II n. 374 del 15 marzo 2017). Non è configurabile un affidamento in capo al privato tutelabile alla conservazione di una situazione di illecito permanente, che il tempo non può legittimare in via di fatto (cfr., tra molte: TAR Veneto, sez. II, 20 novembre 2015 n. 1247; TAR Campania, Napoli, sez. IV, 6 ottobre 2016 n. 4574). Pertanto coloro che hanno costruito sulle spiagge, si mettano l’animo in pace: non sono sanabili in nessuna ipotesi; condoni e giubilei edilizi a parte.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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