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Secondo l’attuale normativa vigente (D.Lgs. 81/2008) non esiste incompatibilità fra D.L. e CSE perché da un punto di vista giuridico non c’è commistione fra D.L. e C.S.E: non esiste coincidenza fra controllato e controllore.


di Valerio Cinelli, geometra

Diversamente, per questo motivo, il D.Lgs. 81/2008 si esprime “negativamente” per colui che ricopre il ruolo di legale rappresentante sia dell’impresa affidataria che delle imprese esecutrici. Estendendo questo divieto anche a coloro che ne sono dipendenti e/o incaricati come professionisti (vedi RSPP anche esterni).

Questa assenza di incompatibilità sarebbe reale se vivessimo in un paese dove la cultura del lavoro e dei rapporti sociali e/o professionali avesse raggiunto livelli di umana decenza. Ma essendo noi paese con usi e costumi, nonché consuetudini, molto discutibili, mi permetto di esprimere il mio personalissimo parere contrario alla norma vigente. Anche e soprattutto per un opinione maturata sull’esperienza personale direttamente in cantiere ricoprendo spesso entrambe le figure.

Nel mondo reale il professionista che ricopre il ruolo di D.L. è di fatto uomo del committente. Questo non perché, come è giusto che sia, è professionista di fiducia del committente, ma bensì persona (non professionista) succube della committenza. Di fatto, persona che cessa di essere un professionista con tutte le sue peculiarità, e diventa una sorta di “prestanome” a favore della committenza per l’esecuzione dell’opera.

Lo scopo primario del tecnico professionista D.L. dovrebbe essere quello di “consigliare” il committente in tutte quelle scelte che sono inevitabili nella realizzazione dell’opera, che possono in qualche modo risultare difficoltose per il committente “ignorante” della materia, o che possono risultare addirittura pericolose da un punto di vista giuridico (vedi abusi e inadempienze di legge).

Nella realtà, il tecnico professionista che ricopre la figura del D.L., è visto (…ed anche pagato) come un burocrate privato al soldo della committenza, che svolge una mera mansione obbligatoria per legge a cui il committente non può rinunciare. Spesso le decisioni prese in cantiere, sono prese a dispetto del D.L., in una sorta di clima “di complotto” fra committente e impresa esecutrice, che si eleva al rango di consulente e realizzatore dell’opera (vera commistione fra controllore e controllato).

Quando il D.L. si trova in questa situazione, spesso, ha un compito che assomiglia più a quello di un “capo voga”, avendo come compito quello di far consegnare l’opera nel più breve tempo possibile, o nei tempi prestabiliti, e a perfetta regola d’arte. Il tutto unito alla figura di un “commercialista” e/o “fiscalista” che deve far quadrare i conti.

In questa cupa realtà (sicuramente non professionale) le figure del D.L. e quella del C.S.E. diventano incompatibili.

Quando si ha il compito di far lavorare le imprese esecutrici nei tempi previsti, se non nel più breve tempo possibile, e con il minor budget possibile, non si può certo avere un buon rapporto con un C.S.E. che ha il compito di far svolgere le fasi lavorative secondo gli standard imposti dalle norme sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. Parliamoci chiaro, ad un D.L. con la committenza alle calcagna, con il rischio di “farsi un nemico” che ha il blocchetto degli assegni in mano, la scelta è sicuramente: morte tua, vita mea! In questo caso direi proprio letteralmente “morte tua”.

La sicurezza sui luoghi di lavoro, in particolar modo quella dei cantieri temporanei o mobili, è qualcosa che basa le sue fondamenta (per rimanere in tema) nell’analisi del ciclo produttivo e delle sue tempistiche obbligatorie ed inderogabili.

Far diminuite i tempi senza agire sul numero delle maestranze, o sulle tecnologie impiegate (costo), significa agire negativamente sulle regole che sono dettate dalla sicurezza. Un esempio per tutti: la imbiaccatura di una facciata si fanno in tre modi distinti. Con un ponteggio montato a perfetta regola d’arte (DPC), con un sistema ausiliario (trabattello, cestello ecc… sempre DPC), alla vecchia maniera (espedienti che assomigliano più ad un circo che ad un cantiere edile).

E’ più che ovvio che alla vecchia maniera utilizzando finestre, scale a pioli (magari improvvisate), balconi, e chi più ne ha ne metta, si abbattono costi e tempi. Il D.L. è stato costretto a chiudere tutti e due gli occhi perché non può e non vuole perdere un cliente, magari importante. Il D.L. è costretto a fare certe scelte, anche contro la propria volontà.

La presenza del CSE dovrebbe limitare in maniera drastica una situazione del genere, perché anche se uomo della committenza, quindi sul libro paga, è anche vero che è professionista pagato per far rispettare la norma sulla sicurezza. Rimane indubbio il fatto che, aimè, esistono professionisti di basso livello che pur di mantenere un cliente sono disposti ad essere complici nella totale, o quasi totale, violazione della norma. E’ un fatto che il C.S.E. risponde personalmente sia da un punto di vista civile che penale di quello che non viene rispettato in cantiere. Anche se pur vero che il suo compito è quello di coordinare la sicurezza fra le ditte, e quindi di verificare che i rischi interferenti non nuocciano reciprocamente fra le varie ditte che operano in cantiere, è anche vero che ha l’obbligo normativo di segnalare ed intervenire sui rischi considerati gravi ed imminenti.

Tornando alla commistione fra D.L. e C.S.E., risulta chiaro, dopo queste considerazioni derivanti da esperienza diretta, che un buon professionista, anche in questi periodi di poco lavoro, dovrebbe valutare bene quali siano gli incarichi che può ricoprire per il proprio committente. Ovviamente ogni regola ha la sua eccezione, molti colleghi mi chiedono consiglio proprio in questa direzione, se sia o no ammissibile e soprattutto tecnicamente possibile e consigliabile ricoprire entrambe le figure. La mia domanda iniziale è sempre la stessa: importo lavori, tipologia di lavoro, condizioni generali di intervento, numero di imprese previste.

Questi sono i discriminanti.
Un cantiere piccolo con due tre imprese, con tempi brevi di esecuzione, certezza di basso rischio (se basso lo si può definire in cantiere temporaneo o mobile), può anche ammettere una coincidenza fra D.L. e C.S.E.. Una situazione del genere difficilmente mette in contrasto D.L. e C.S.E. sulle problematiche di cantiere.

Al contrario i cantieri medio grandi che hanno problematiche generali di intervento, di logistica, con molte ditte presenti e che operano contemporaneamente in diverse aree del cantiere, a mio avviso impongono una scelta professionale chiara nella direzione della separazione degli incarichi fra D.L. e C.S.E..

Non meno importante, il fatto che, una separazione dei due incarichi con due professionisti distinti, crei anche un clima di collaborazione, che molto spesso si tramuta (dipende dal livello professionale degli incaricati) in una sinergia utile al corretto funzionamento del cantiere, non solo da un punto di vista normativo giuridico, ma anche e soprattutto da un punto di vista operativo.

con gentile concessione a pubblicare

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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