Comune non poteva certificare Agibilità con illegittimità edilizie, ma Salva Casa ha disciplinato l'argomento
La sola dichiarazione di regolarità formale del rogito non garantisce l’acquisto di edificio suscettibile di demolizione
Ho trovato interessante la fattispecie contenuta nella sentenza TAR Lazio n. 9113/2021, riguardante la compravendita di un immobile tramite rogito notarile avvenuta soltanto sulla base di mere dichiarazioni formali, prive di riscontro sostanziale. Si tratta del caso di “incauto acquisto” effettuato su fiducia e buona fede da parte dell’acquirente.
Stiamo parlando ancora dell’argomento STATO LEGITTIMO IMMOBILIARE.
La storia oggetto del ricorso al TAR
L’acquirente aveva comprato un’abitazione nel 2019 con rogito notarile, edificato in forza di licenza edilizia dell’aprile 1967 (anteriore al 1° settembre 1967).
I nuovi proprietari, convinti che fosse tutto regolare, hanno provveduto a presentare una Scia alternativa al Permesso di Costruire per ristrutturazione e una Segnalazione Certificata di Agibilità.
In seguito il Comune svolge verifiche e accerta che pur avendo ottenuto la licenza edilizia, risulta esservi stata una pregressa ordinanza di sospensione dei lavori/decadenza del 1968, in quanto il Direttore dei Lavori si era dimesso, dichiarando contestualmente la conformità dello stato di avanzamento delle opere.
Tuttavia secondo il Regolamento Edilizio Comunale dell’epoca l’assenza del Direttore Lavori era condizione sufficiente per rendere inoperante la licenza edilizia e il completamento della costruzione (aspetto peraltro ritenuto legittimo dal TAR).
Tali motivi hanno portato il Comune ad emettere una recente ordinanza di demolizione dell’intero edificio (anche a distanza di molto tempo), tuttavia il TAR ha affermato che l’ordinanza di demolizione non poteva essere riferita all’intero edificio, ma soltanto alla parte realizzata dopo l’intervenuta decadenza del predetto titolo abilitativo, arrivando a dichiarare l’annullamento dell’ordinanza di demolizione solo per vizi procedimentali.
La parte acquirente nel ricorso ha chiesto il risarcimento danni nei confronti del Comune causati dalle incertezze e ritardi lamentati. Tuttavia il TAR non ha ritenuto responsabile l’ente pubblico per le conseguenze di omesso o erroneo controllo dello Stato legittimo dell’immobile compravenduto, e i danni derivati dall’adozione di misure repressive dell’illecito edilizio non sono risarcibili ai sensi dell’art. 30 c.3 del C.P.A.
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In base alla documentazione presente nel ricorso, il TAR ha ritenuto che le oggettive problematiche concernenti la legittimità urbanistico edilizia dell’immobile avrebbero potuto essere rilevate dall’acquirente prima dell’atto stesso di compravendita.
Infatti dall’atto notarile di compravendita del 2019, la parte acquirente ha dispensato la venditrice dal produrre la documentazione attestante la conformità urbanistica e regolarità dell’immobile, dichiarando di aver provveduto mediante tecnici di fiducia all’accertamento della conformità dell’opera e di essere a conoscenza dello stato di fatto e di diritto dell’immobile e di accettarlo tale e quale.
In sostanza, per il TAR il danno avrebbe potuto essere evitato se l’operazione di compravendita fosse stata effettuata con le dovute cautele, tenendo conto che l’edificazione ante 1967 non assicurava la legittimità dell’immobile realizzato in un’area in cui il Regolamento edilizio del Comune già richiedeva di munirsi di prescritto “nulla osta” del Sindaco.
Nella sentenza il TAR sostiene che se fosse stata svolta apposita ricerca negli archivi del Comune, gli acquirenti avrebbero potuto acquisire tale titolo abilitativo edilizio, necessaria al perito per verificare la corrispondenza tra l’immobile effettivamente realizzato con quello autorizzato con Licenza edilizia del 1967 mediante sopralluogo sul campo, da cui sarebbe altresì emersa l’esistenza dell’ordinanza di sospensione/revoca del 1968.
Peraltro gli acquirenti avrebbero potuto verificare l’eventuale vincolo di “bellezza naturale” L. 1497/1939 istituito nel 1954 con apposito decreto, con conseguente necessità anche della previa autorizzazione della competente Soprintendenza, etc.), in modo da ottenere tutte le informazioni necessarie per una più accorta valutazione dell’effettiva convenienza dell’acquisito.
In altri termini, non possono essere addossati al Comune i costi di un sistema di trasferimento degli immobili che si fonda sulle mere dichiarazioni dei venditori (vedi la classica “Ante ’67”) di cui il notaio rogante assicura solo la regolarità formale, senza garantirne la correttezza sostanziale della conformità urbanistica.
Per cui chi acquista l’immobile non ha alcuna garanzia o certezza di comprare un edificio che non sarà costretto poi a demolire a sue spese (anche se potrà agire davanti giudice ordinario nei confronti dei danti causa ed eventualmente del notaio rogante).
Direi una conclusione calzante nel momento in cui vige la definizione di Stato Legittimo dell’art. 9-bis del DPR 380/01, introdotta col D.L. 76/2020. E’ importante consigliare adeguate verifiche preventive alla compravendita, per evitare di fare incauto acquisto e di vedersi perfino limitare i diritti di risarcimento danni e risoluzioni contrattuali, in certi casi (neanche tanto rari).
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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