Le due definizioni normative convivono insieme, ma indipendenti l’una dall’altra, almeno in apparenza
Le modifiche abusive postume al 1° settembre 1967 non invalidano il contratto per nullità sostanziale e commerciabilità prevista dalla L. 47/85
Interessante il caso particolare analizzato dall’ordinanza di Cassazione Civile n. 23394/2023, sulla compravendita di un immobile dove il venditore ha dichiarato che le opere erano iniziate anteriormente al 1 settembre 1967, e sul quale in seguito furono effettuate importanti modifiche di ampliamento.
Tuttavia in sede di rogito notarile il venditore non aveva fatto menzione delle importanti modifiche e opere effettuate successivamente, né aveva indicato gli estremi del titolo abilitativo ad esse inerente. Ergo, tali interventi configuravano illecito edilizio.
In tal senso l’acquirente ha contestato la nullità sia sostanziale che formale dell’atto di compravendita, per violazione dell’articolo 1418 comma 3 del Codice Civile e articolo 40 L. 47/85, ma questa tesi viene respinta.
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L’obbligatorietà delle dichiarazioni urbanistiche negli atti di compravendita e della possibile nullità contrattuale “formale”, istituita con articolo 40 L. 47/85 e art. 46 DPR 380/01 intende consentire all’acquirente la possibilità di condurre opportune indagini finalizzate alla verifica della regolarità urbanistica (anche sul piano sostanziale) del bene compravenduto, onde consentigli di determinarsi consapevolmente, nel caso di riscontrata difformità edilizia, in ordine alla scelta di stipulare egualmente l’atto, nonchè di apprezzare l’effettivo valore commerciale da attribuire al bene medesimo in relazione alla sua diversa qualità giuridica. Non è per niente utile scoprire irregolarità e abusi edilizi dopo la compravendita, e non garantisce la nullità dell’atto di trasferimento.
Per quanto attiene invece le verifiche di regolarità dell’immobile “sostanziale” è sopravvenuta col D.L. 76/2020 la normativa obbligatoria sullo Stato Legittimo e attestazione tolleranze edilizie, rispettivamente inquadrati negli articoli 9-bis e 34-bis del D.P.R. 380/01.
Tornando sulla nullità dell’atto di compravendita relativa all’anzidetta ordinanza di Cassazione, per una migliore comprensione facciamo riferimento agli stessi chiarimenti giurisprudenziali stabiliti dalla sentenza di n. 8230/2019 a Sezioni Unite di Cassazione Civile, che ha sciolto il contrasto sulla natura formale e non sostanziale della nullità dei contratti di compravendita e di commerciabilità immobiliare della L. 47/85. In particolare si riportano i due principi essenziali:
- la nullità comminata dall’art. 46 D.P.R. n. 380 del 2001 e dagli artt. 17 e 40 L. n. 47 del 1985 va ricondotta nell’àmbito dell’art. 1418, comma 3, c.c., di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come ”testuale“, con tale espressione intendendosi, in stretta adesione al dato normativo, un’unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle disposizioni che la prevedono ed è volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell’immobile; titolo che, tuttavia, deve esistere realmente ed essere riferibile proprio a quell’immobile;
- ove nell’atto sia presente la dichiarazione degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all’immobile, il contratto è valido, a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione al titolo menzionato.
Questi principi sono stati ritenuti applicabili anche per le costruzioni iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, rispetto alla quale l’art. 40, comma 2 L. n. 47/1985 prevede la dichiarazione rilasciata dal proprietario o da altro avente titolo attestante la sussistenza del presupposto cronologico stabilito dalla legge. in luogo dell’indicazione degli estremi della licenza edilizia.
Costruzioni e dichiarazione esistenza Ante ’67
In base alle norme e principi giurisprudenziali accennati, la nullità formale (e non sostanziale) del rogito di compravendita si configura quando la dichiarazione attestante l’inizio delle opere in data anteriore al 1° settembre 1967 non corrisponda alla realtà (vedi anche Cass. Civ. n. 30425/2022).
Pertanto per la validità dell’atto di trasferimento immobiliare, è richiesta soltanto la corrispondenza/veridicità della dichiarazione ante ’67 della parte alienante (resa contestualmente alla stipula dell’atto o recuperata successivamente mediante il procedimento di conferma previsto dal comma 3 dello stesso articolo), rispettivamente a:
- un titolo edilizio realmente rilasciato dall’autorità competente e recante gli estremi indicati, e la piena riferibilità all’edificio compravenduto;
- all’elemento cronologico della data di inizio delle opere ante ’67;
In questa fattispecie e quadro generale risultano irrilevanti per la validità e nullità dell’atto di compravendita le eventuali difformità rispetto allo stato di fatto originario, senza che al riguardo si riveli di una qualche utilità la distinzione in termini di variazioni essenziali e non essenziali (Cass. Civ. n. 23394/2023, Cass. n. 15587/2022). Sui profili di nullità della compravendita immobile totalmente difforme dal permesso di costruire, ho già scritto un apposito approfondimento.
Va inoltre esclusa la nullità del contratto di compravendita in base alla non veridicità della dichiarazione con la quale le venditrici avevano attestato che successivamente al 1° settembre 1967 non erano state eseguite modifiche richiedenti il rilascio di apposito titolo abilitativo:
anche questo aspetto è estraneo all’ambito di applicabilità della norma di cui all’art. 40, comma 2, L. n. 47/1985 e potenzialmente rilevante ai soli fini dell’affermazione di un’eventuale responsabilità contrattuale delle dichiaranti.
Aggiungo commentando che in un caso simile, sono da valutare i profili di risoluzione per inadempimento e risarcimento danni.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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