A prescindere dall’entità e tipologia edilizia, le verifiche immobiliari vanno svolte come si deve
L’onere di provare consistenza legittima dell’immobile grava sul soggetto interessato, conferma dal Consiglio di Stato
Più volte ho affrontato il tema degli edifici “risalenti”, cioè edificati in epoca anteriore al 1° settembre 1967, data spartiacque introdotta dalla legge ponte n. 765/1967 con cui fu introdotto l’obbligo di licenza su tutto il territorio comunale.
Prima di allora c’erano alcune zone dei territori comunali dove era possibile edificare o trasformare costruzioni senza l’obbligo di licenza edilizia. Ho scritto “possibile” e forse anche probabile, ma tale obbligo poteva essere già stato esteso a più parti o perfino all’intero ambito comunale.
Infatti già prima dell’entrata in vigore della L. 765/1967 un Comune poteva estendere tale obbligo di titolo abilitativo all’intero territorio comunale, perfino prima della L. 1150/42.
Certamente la ricostruzione dello Stato legittimo degli immobili “Ante 67” non è una passeggiata, e diventa una vera caccia al tesoro nelle pieghe dei tempi passati.
Vediamo adesso se sia possibile esibire come elementi probanti la consistenza legittima dell’immobile le cartoline d’epoca o cartoline storiche, ancora meglio se “viaggiate” cioè dotate di francobollo annullato con timbro postale e data certa.
Cartoline storiche nello Stato Legittimo immobiliare
Un caso dove sono state utilizzate cartoline d’epoca per attestare lo Stato Legittimo riguarda la sentenza del Consiglio di Stato n. 61/2022, dove purtroppo non si sono rivelate sufficienti per annullare l’ordine di rimessa in pristino emesso contro demolizione e ricostruzione abusiva di un magazzino per attrezzi agricoli, conseguente al diniego dell’istanza di sanatoria “paesaggistica” ex art. 15 L. 1497/1939 (nell’anno 1994).
Si legge che trattasi di due distinte cartoline storiche del 1906 e 1941, le quali tuttavia non sono state determinanti a causa della loro «genericità della rappresentazione dello stato dei luoghi non sono certo idonee a comprovare con certezza che non vi siano stati dei mutamenti anche esteriori dell’immobile, né variazioni di localizzazione e, in ogni caso, non fanno venir meno la natura dell’intervento».
La buona notizia è che tali documenti non sono stati esclusi per la loro natura o per assenza di valore probante, bensì non sono risultate utili per quella fattispecie, oltre al fatto che sono state presentate per la prima volta in appello (Consiglio di Stato) invece che al TAR.
Infatti il divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello riguarda anche le prove cosiddette precostituite, quali i documenti, la cui produzione è subordinata al pari delle prove cosiddette costituende, alla verifica della sussistenza di una causa non imputabile, che abbia impedito alla parte di esibirli in primo grado ovvero alla valutazione della loro indispensabilità (Cons. Stato n. 61/2022, n. 1962/2020, n. 2111/2019).
La fattispecie in sintesi.
Al ricorrente è stata contestata l’avvenuta demolizione e ricostruzione del manufatto con diverse caratteristiche sostanziali rispetto alla situazione ante opera, configurando una ristrutturazione edilizia comportante alterazione dell’aspetto esteriore.
Tuttavia l’area ove era già soggetta a vincolo paesaggistico e perciò tale intervento avrebbe richiesto autorizzazione ex art. 7 L. 1497/1939, anche perchè l’allora vigente art. 82 DPR 616/1977 la esonerava soltanto per interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria di consolidamento statico e di restauro conservativo “che non alterino lo stato dei luoghi e l’aspetto esteriore degli edifici”.
Assieme ad altri motivi quali il contrasto alla disciplina paesistica, nel 1998 viene dato diniego alla istanza di concessione in sanatoria edilizia e paesaggistica presentata nel 1994 relativa all’avvenuta demolizione e diversa ricostruzione, nonchè all’avvio dei provvedimenti repressivi.
Principio dell’onere di prova a carico del soggetto interessato
Diventa difficile dimostrare lo Stato legittimo degli immobili realizzati ante ’67.
Anche in questa fattispecie è stato ribadito che in tema di sanatoria edilizia, la prova circa la consistenza delle opere è nella disponibilità dell’interessato e non della P.A., dato che solo l’interessato può fornire gli inconfutabili atti, documenti o gli elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell’addotta sanabilità del manufatto, dovendosi in ogni caso fare applicazione del principio in base al quale la ripartizione dell’onere della prova va effettuata secondo il principio della vicinanza della prova (Cons. di Stato n. 61/2022).
Infatti secondo costante giurisprudenza, in caso di istanza di sanatoria ricade sul soggetto richiedente l’onere della prova dell’esistenza dei presupposti per il rilascio del provvedimento di sanatoria (Cons. di Stato n. 7583/2021).
Pur rispettando questo principio generale, occorre osservare che la ricerca di elementi e documenti probanti edilizi attestanti la passata consistenza immobiliare è tutt’altro che facile.
Infatti molto spesso ci troviamo a misurarci o scontrarci col silenzio delle fonti documentali, o la loro insufficienza all’atto pratico. Pensiamo alle foto aeree di scarsa qualità o non sufficientemente dettagliate per effettuare dimostrazione della consistenza oggi richieste al centimetro. Ergo va aggiustato il tiro normativo anche in questo ambito.
Anche il Comune deve fornire elementi attestanti data o epoca di realizzazione oggetto di contestazione amministrativa
Diciamo pure che la Pubblica Amministrazione non può assumere un atteggiamento poco partecipativo nella ricerca dello stato legittimo dell’immobile, vediamo perchè.
Da una parte è pacifico che la giurisprudenza ponga in capo al proprietario o al responsabile dell’abuso destinatario dell’ordine di demolizione, l’onere di provare la preesistenza del manufatto (Cons. di Stato n. 3877/2021, n.1391/2018).
Ma è anche vero che tale orientamento ammette un temperamento secondo ragionevolezza nell’ipotesi in cui il privato, da una parte, produca a sostegno della propria tesi elementi non implausibili e, dall’altra parte, il Comune alleghi elementi incerti in merito alla presumibile data o epoca di realizzazione della costruzione sprovvista di titolo (Cons. di Stato n. 3877/2021, n. 5988/2018, n. 3177/2016).
In altre parole anche il Comune è tenuto a motivare adeguatamente con elementi certi l’ordinanza di demolizione, per cui sarà sempre necessario valutare caso per caso le reciproche valutazioni, documenti ed elementi probanti finalizzati a dimostrare le consistenze legittime.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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