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La facoltà d’uso residenziale di un manufatto sottoposto a sequestro preventivo “impeditivo” è incompatibile con lo scopo della misura cautelare

L’adozione del provvedimento di sequestro preventivo di un immobile ultimato e occupato intende evitare l’ulteriore aggravamento del carico urbanistico, divenendo incompatibile con l’autorizzazione all’uso di esso.

La sentenza di Cassazione Penale III n. 53928 del 18 dicembre 2016 si esprime su un caso riguardante l’opposizione all’ordinanza di sequestro preventivo di un immobile edificato abusivamente, tenuto conto delle condizioni economiche, di salute e di età dell’utilizzatore.

La richiesta di attenuazione del provvedimento cautelare richiesta dal soggetto, finalizzata a consentirne l’utilizzo nonostante esso, era fondata sul diritto alla casa dignitosa riconosciuto dalla Costituzione e dal CEDU.

Nella fattispecie il soggetto utilizzatore non ottiene la meglio e la sua richiesta viene respinta.

In materia di reati edilizi la facoltà d’uso residenziale privato di un manufatto sottoposto a sequestro preventivo c.d. impeditivo è incompatibile con le finalità della misura cautelare (Cass. Pen. III n. 16689 del 26/02/2014).

Ai fini dell’adozione del provvedimento di sequestro preventivo di un immobile già ultimato ed occupato, l’esigenza cautelare di evitare l’aggravamento del carico urbanistico (e dell’abuso) è incompatibile con l’autorizzazione all’uso dell’immobile stesso (Cass. Pen. III n. 825 del 04/12/2008).

L’esigenza cautelare del sequestro è finalizzata ad interrompere e impedire comportamenti la consumazione dei reati edilizi

In passato la Cassazione Penale sez. III ha potuto anche affermare che è abnorme il provvedimento del Gip che rigetta l’istanza di revoca del sequestro preventivo di un immobile abusivo, differendo il termine di sgombero fissato dal PM per ragioni di mera opportunità, esercitando così il potere di determinazione delle modalità esecutive del provvedimento ablativo che, a norma dell’art. 655 cod. proc. pen., spetta esclusivamente al pubblico ministero (Cass. Pen. III n. 22665/2001).

In casi simili la giurisprudenza di Cassazione Penale ha costantemente affermato il principio che l’esigenza cautelare ex art. 321 c. 1 C.P.P di evitare che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato di abuso edilizio possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altre reati è incompatibile con l’autorizzazione all’uso, in tutto o in parte, dell’immobile sequestrato (Cass. Pen. III n. 16689 del 26/02/2014).

Il pericolo derivante per la collettività conseguente al reato edilizio è sufficiente a imporre il sequestro cautelare.

In un’altra fattispecie la facoltà di utilizzo residenziale privato di un immobile, destinato a prestazione di servizi socio-assistenziali residenziali, è stata ritenuta incompatibile con le finalità del sequestro preventivo disposto al fine di impedirne un uso estraneo a quello che ne aveva legittimato l’edificazione (Cass. Pen. III n. 48924 del 21.10.2009).

Il limite apposto con il sequestro alla disponibilità dei beni è correlato ad esigenze connesse ad una situazione di pericolo concreto ed attuale per la collettività (per le evidenti compromissioni dell’assetto territoriale, dell’equilibrio tra l’uomo e il territorio) sufficiente a giustificare l’imposizione del vincolo di sequestro (veda pronuncia n. 48/1994 della Corte Costituzionale).

Viene dunque riaffermato il principio che la possibilità di utilizzazione residenziale privata di un manufatto sequestrato ai sensi dell’art. 321, c. 1 C.P.P. contrastano con le stesse finalità della misura cautelare, quali inibizione delle conseguenze antigiuridiche e prosecuzione della consumazione dei reati, discendenti da un uso degli edifici estraneo alla loro destinazione, contraddicendole e vanificandole.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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