Foto satellitari utilizzabili come prova attestante l'esistenza dei manufatti in varie epoche, ennesima conferma dalla giurisprudenza
Cassazione convalida l’utilizzo delle immagini estratte da Google Earth e Street view per accertare la consistenza legittima degli edifici
Dalla sentenza n. 45900/2021 della Cassazione Penale viene confermata la possibilità di utilizzare le risultanze di Google Maps® per dimostrare l’esistenza e condizioni di un manufatto ad una certa data. Nulla di nuovo e al contrario si conferma per l’ennesima volta quanto già consolidato in altra giurisprudenza analizzata in questi approfondimenti.
Mi riferisco in particolare alle immagini consultabili sui portali o applicazioni come Google Maps®, Google Earth® e Street view®, scattate da satelliti o tramite strade/spazi pubblici dai propri autoveicoli (i relativi marchi appartengono ai rispettivi titolari).
L’ausilio delle aerofotogrammetrie per dimostrare la consistenza dell’immobile ad una certa data è prassi poco diffusa, ma altamente utile.
A maggior ragione, la valenza probante è stata confermata dall’espressa menzione nello Stato Legittimo dell’immobile di cui all’art. 9-bis comma 1-bis del DPR 380/01, quando si parla di “riprese fotografiche“. E tale definizione può contemplare anche foto frontali con data certa, come quelle in parola.
Riporto la definizione di Stato Legittimo art. 9-bis c.1-bis del DPR 380/01:
1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa e da quello che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al secondo periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non sia disponibile copia.
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La fattispecie della sentenza n. 45900/2021 di Cassazione Penale
La questione riguarda una richiesta di contributo di ricostruzione di ricostruzione di edificio danneggiato da eventi sismici del 20 e 29 maggio 2012 (in zona modenese).
Nell’anno 2015 è stata giurata una perizia tecnica di parte per accertare e quantificare i danni causati dal sisma; con essa veniva attestato che l’immobile si presentava “quasi completamente diroccato”, con “crollo quasi totale della copertura” e con “crollo completo dei solai a volta e di vaste zone di quello in putrelle”, precisando altresì che “a seguito del rilievo effettuato, è stato possibile valutare lo stato del danno e determinare il nesso di causalità con gli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012”.
Tale situazione di asserito danneggiamento avrebbe comportato la demolizione e ricostruzione dell’edificio (livello operativo E3), e il riconoscimento di un contributo consistente in base anche al caricamento della richiesta sulla relativa piattaforma.
Tuttavia il competente ufficio comunale, nell’esaminare l’istruttoria per l’istanza di permesso di costruire, ha acquisito le immagini tratte da “Google Maps®” e “Street Views®” datate ottobre 2011 e precedenti all’evento sismico.
Da esse emergeva chiaramente che l’edificio si presentasse già prima del sisma in stato di ingente danno, con crollo quasi totale del tetto e di una parte consistente del primo piano, incompatibile con qualunque utilizzo in sicurezza.
Da qui è scaturito il conseguente diniego alla domanda di contributo, rigettando anche le osservazioni fatte dal richiedente che affermava l’utilizzo dell’immobile prima dell’evento sismico.
La Cassazione Penale ha confermato il diniego di accesso ai contributi e il riconoscimento del danno patrimoniale verso l’ente pubblico tramite profili di falsità sia per il professionista che soggetto richiedente.
Il motivo e la conclusione del diniego sono assai “incisivi”, leggete voi stessi questo passaggio:
Questa evidenza – che documentalmente smentisce l’imputata e la sua difesa, comprova il dolo e rende ingiustificabile il successivo comportamento dell’imputata – ha indotto la Corte territoriale a ritenere come fosse “arduo pensare che un professionista, nell’asseverare con perizia giurata una situazione urbanistica preesistente, non abbia avuto il banale e semplice scrupolo di ottenere dati di importante rilievo grazie alla consultazione delle ortofoto Agea o delle fotografie aeree di Google Earth, accessibili a chiunque …”.
Direi una pesante critica verso l’operato del tecnico professionista che ha asseverato una falsa attestazione. Aggiungo pure che per la Cassazione le verifiche aerofotogrammetriche e delle banche dati di Google debbano essere una prassi applicativa da manuale.
Come non essere d’accordo?
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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