Comune non poteva certificare Agibilità con illegittimità edilizie, ma Salva Casa ha disciplinato l'argomento
Occorre voltare pagina su buona parte di discordanze del patrimonio immobiliare esistente
Chiariamoci subito, con questo articolo non intendo invocare il tanto acclamato (quarto) condono edilizio, perché passeremmo dalla padella alla brace, gettando un nuovo e inutile carico di lavoro agli enti pubblici per vederlo concludere tra venti anni.
In altre parole, al punto in cui è arrivato l’attuale ordinamento normativo nazionale in materia urbanistica, sommato all’ingessamento di tanti uffici pubblici per vari motivi, è necessario tirare una riga col passato.
Questo aspetto ultimamente sta esplodendo per l’entrata in vigore del provvedimento del Superbonus 110%, tant’è che il legislatore ha dovuto apportare subito una correzione in merito allo stato legittimo quando si opera sulle parti comuni del fabbricato. E’ un palliativo che non sarà capace di risolvere invece un problema ben più macroscopico.
Ritengo più che mai indispensabile stabilire davvero un nuovo “anno zero” per la stagione urbanistica e di rinnovamento immobiliare, non più rinviabile.
Si tratterebbe di “ristrutturare” l’attuale regime sanzionatorio e repressivo degli illeciti edilizi, sotto tutti i vari aspetti, cioè considerando anche quelli antisismici, vincolistici, paesaggistici, eccetera.
Altro distinguo: non voglio neppure sostenere un colpo di spugna su reati gravi e impattanti a livello urbanistico e territoriale; lottizzazioni abusive ed ecomostri devono essere perseguiti.
Più precisamente intendo riferirmi ad una particolare sottocategoria di discordanze e difformità frequenti sul patrimonio edilizio realizzato decenni fa.
Rispondete a questa domanda, cari colleghi tecnici: quante probabilità esistono di operare su un immobile del passato (ipotizziamo anteriore alla L. 47/85) e di trovarlo con un complessivo stato legittimo nel suo insieme e nelle relative unità immobiliari esclusive?
Rispondo io per voi: zero.
Infatti buona parte di questo patrimonio “datato” è stato costruito con pratiche edilizie e sensibilità costruttiva meno precisa rispetto a quella richiesta oggi, perché:
- Molti fabbricati sono stati costruiti con “piante tipo” assai riduttive e generiche;
- L’istituto della variante in corso d’opera non era normato;
- Le poche varianti in corso d’opera licenziate avvenivano soltanto per consistenti variazioni sostanziali, tralasciandone molte altre significative soltanto ai tempi nostri;
- Strumenti e tecniche di rilievo topografico/architettonico dell’epoca erano meno precisi e più dispendiosi;
- Il regime normativo sanzionatorio è assai più mite e generico di quello riformato a partire dalla L. 47/85;
- La sensibilità media degli attori coinvolti e le esigenze/tecniche costruttive erano assai meno prestazionali rispetto a quelle di oggi.
Per cui non c’è da stupirsi che di fronte a qualunque accesso agli atti, oggi nessun immobile possa risultare conforme e avere uno stato legittimo che si avvicini al rispetto delle tolleranze edilizie, così come riformate anche nel nuovo art. 34-bis del DPR 380/01 post Decreto “Semplificazioni”.
Ma non finisce qui: al netto di quanto sopra, buona parte del patrimonio immobiliare esistente realizzato in quell’epoca, è dotato di Abitabilità e/o Agibilità rilasciata dal Comune, anche a fronte di evidenti illeciti e difformità edilizie.
A questo aggiungo che almeno fino all’entrata in vigore del DPR 425/94 la procedura di rilascio del Certificato di Abitabilità avveniva previo sopralluogo di dipendente pubblico che, a norma del R.D. 1265/1934, riscontrava la conformità dell’opera compiuta ai progetti. Dopo il DPR 425/94 la conformità veniva attestata al Direttore Lavori, incaricato dal committente, venendo meno il controllo finale da parte della P.A.
E adesso ditemi, cari colleghi Tecnici: quante volte facciamo accesso agli atti e reperito Abitabilità/Agibilità per immobili con difformità rilevanti (sagoma, volumetria, traslazione, altezza, prospetti, eccetera) per i quali la P.A. ha pure riscontrato formalmente?
Capita solo a me di trovare Abitabilità con elaborati o relate descrittive in cui il dipendente comunale attestava la presa d’atto di difformità simili?
Ma in qualunque ipotesi la vogliamo vedere, l’ente pubblico in quella sede aveva diritto/dovere di accertare le violazioni edilizie e di agire di conseguenza, visto che la disciplina sanzionatoria c’era già (anche se meno “severa” di oggi).
Diciamo che in gran parte dei casi simili è stata rilasciata ugualmente l’Abitabilità in presenza di discordanze e irregolarità.
Credo che il legislatore debba prendere intanto in seria considerazione di dichiarare non più perseguibili tale discordanze, in buona parte avvenute in buona fede nei confronti dei successivi proprietari arrivati decenni dopo.
Ante ’67, Ante ’42 e ante tutto.
Apro un’altra parentesi di riflessione relativa ad altra tipologia di immobili presenti sul territorio: le costruzioni presumibilmente iniziate in epoca e zone dove non c’era obbligo di licenza edilizia, cioè i famigerati “Ante ‘67”, e anche “Ante ‘42”.
Non intendo sostenere che dobbiamo chiudere un occhio a prescindere e legittimare automaticamente questo tipo di patrimonio. Piuttosto voglio aprire una riflessione già battuta più volte nel mio blog e nel mio libro “Ante ‘67”: da una parte la P.A. e la giurisprudenza richiedono all’attuale proprietario di comprovare datazione e consistenza del fabbricato a tali epoche, dall’altra è praticamente inesistente una banca dati documentale che possa aiutare il cittadino a dimostrare con la dovuta certezza richiesta quanto richiesto.
Infatti la banca dati aerofotogrammetrica italiana pubblica, nonché quella allora compiuta da compagnie private, non è stata realizzata in maniera assai frequente e tanto meno ad alta qualità con voli a bassa quota; al contrario spesso si riscontrano strisciate localizzate, con voli ad alta quota utilizzando macchine fotografiche di un certo tipo.
Per cui l’utilizzo dell’aerofotogrammetria può non essere sufficiente in molti casi; ma per assurdo incombe solo al privato proprietario dimostrare datazione e epoca di costruzione, nonché accertare l’effettiva consistenza.
Devo aggiungere che le altre fonti documentabili possibili, richiamate anche dalla nuova definizione dello stato legittimo del DPR 380/01, siano gravemente insufficienti per ricostruire l’esatta consistenza legittima. Chi svolge Due Diligence ai massimi livelli sa bene di cosa sto parlando.
Archivio comunali e difficoltà di accesso agli atti
Spesso molti colleghi mi segnalano forti difficoltà operative in varie parti d’Italia, dovute agli eccessivi ritardi per svolgere accesso agli atti negli archivi degli enti pubblici (Comuni, Soprintendenze, Genio Civile/Prefetture, eccetera). Ritardi che si misurano in termini di mesi, ben oltre i canonici trenta giorni previsti dalla normativa.
A questo si devono aggiungere ulteriori complicazioni diffuse, come l’irreperibilità della pratica edilizia. In altre parole, nonostante una pratica del passato sia menzionata negli elenchi, questa risulta scomparsa o indisponibile, a volte danneggiata da eventi imprevisti.
E nel frattempo si parla di digitalizzazione della P.A. e relativi archivi: ci sono comunque esempi virtuosi di enti pubblici che hanno completato la digitalizzazione, almeno in Toscana vi segnalo l’ottimo esempio del Comune di Firenze.
Soluzioni e conclusioni.
Se davvero vogliamo sciogliere tutti questi ingranaggi descritti, e se davvero si vuole tornare a lavorare efficacemente sul patrimonio immobiliare esistente ad una certa soglia (ritengo almeno la L. 47/85), ritengo sia necessario riformare l’attuale regime sanzionatorio e repressivo differenziandone i termini.
Tra l’altro mi preme sottolineare anche l’estrema rigidezza del meccanismo della doppia conformità attualmente vigente nella procedura di sanatoria edilizia ex art. 36 D.P.R. 380/01. Forse è il caso di migliorarlo, consentendo anche l’esecuzione di opere postume di adeguamento e conformazione alle norme vigente.
Sono consapevole che questa impostazione potrebbe creare una disparità tra coloro che fino ad oggi hanno presentato (o subìto) l’attuale regime, pagando oblazioni e sanzioni anche pesanti.
Ma è anche pur vero che è necessario tirare una riga rossa per tutte le parziali difformità compiute su fabbricati licenziati e concessionati, dotati spesso di Abitabilità/Agibilità.
E’ pur vero che per gli immobili risalenti (Ante ’67 e Ante ’42) sia il caso di dare una presunzione di legittimità o affidamento nel privato, in quanto per essi non esiste una adeguata strumentazione documentale capace di descrivere inconfutabilmente la consistenza legittima.
Se davvero vogliamo avviare una duratura stagione di rigenerazione urbana e insediativa;
Se davvero vogliamo spianare la strada ai vari SuperBonus 110%;
Se davvero vogliamo fluidificare le compravendite immobiliari e la loro commerciabilità;
Se davvero vogliamo avviare la digitalizzazione del patrimonio immobiliare esistente, istituendo il fascicolo elettronico di fabbricato;
Se davvero vogliamo tutto ciò, come comunità di professionisti tecnici abbiamo il dovere di suggerire alcune soluzioni al legislatore.
Io propongo il Giubileo dell’Urbanistica, come già descritto nel mio libro “Ante ‘67” del 2019.
In sostanza occorre dichiarare una sorta di “non perseguibilità” di certi illeciti, riformando l’art. 40 della L. 47/85, o di differenziare il sistema sanzionatorio per certe tipologie di irregolarità edilizie ed epoche di ultimazione.
Chiaramente riterrei equilibrata una soluzione che in merito a tali casistiche, consentisse al cittadino di depositarne l’attuale stato effettivo dei luoghi, unitamente alla valutazione di vulnerabilità sismica dell’edificio. Se poi il legislatore coglierà l’occasione per far cassa chiedendo un pagamento “una tantum”, sarà a sua scelta.
In questo modo potremmo anche schedare e monitorare i fabbricati, costituendo una banca dati affidabile con cui pianificare davvero la rigenerazione dei tessuti consolidati abitativi e immobili risalenti. Lo vogliamo fare davvero o no il SuperBonus 110% ?
Prendete questa ipotesi come una idea “madre” perfettibile, di cui mi sono limitato a dare alcuni lineamenti.
Sono consapevole che la questione merita una maggiore trattazione e analisi: spero soltanto che questo articolo possa veicolare fino ai piani alti del legislatore, e convincerlo a trovare una rapida soluzione.
Per favore non chiamatelo “Condono Edilizio”: si tratta di una semplice ammissione di colpa relativa ad un concorso di colpe avvenuta nel passato sistema pubblico/privato.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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