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Sono due procedure distinte da effettuare entrambe per mantenere la corretta continuità della conformità immobiliare

E’ bene ripetere che le trasformazioni edilizie devono essere legittimate presso il Comune e poi comunicate al Catasto ai fini fiscali.

Pochi giorni fa su di un gruppo facebook per professionisti un collega affermò che per procedere alla vendita frazionata di un appartamento in tre unità fosse necessario il solo frazionamento catastale, tralasciando in toto il versante urbanistico.

Nonostante che in diversi colleghi gli abbiano fatto notare l’incongruenze e l’illegittimità dell’operazione prospettata, costui ha ribadito il suo indirizzo cioè procedere alla vendita ritenendo sufficiente la presentazione della pratica catastale Docfa con causale “frazionamento per trasferimento diritti”.

Ho preso spunto da quella che sarà una certa “tavanata galatattica” per scrivere un articolo chiarificatore.

Il frazionamento edilizio è una diffusa operazione di intervento con cui una più ampia unità immobiliare viene divisa in altre aventi dimensioni ridotte.
Per unità immobiliare si intende uno spazio dotato di autonoma e completa capacità di utilizzo da parte dei fruitori per cui è destinato.

L’operazione di frazionamento è inquadrata nel nostro ordinamento come un intervento comportante aumento del carico urbanistico.
L’incremento di abitanti nelle nuove unità comporta aumento della necessità di servizi e dotazioni pubbliche atte a soddisfare un minimo livello qualitativo per svolgere la normale vita per i nuovi abitanti.

Trattandosi di un intervento edilizio ad un manufatto esistente, il frazionamento deve essere sempre legittimato con relative pratiche e titoli abilitativi prescritti a livello nazionale e regionale.

Le casistiche di frazionamento immobiliare spaziano da quelle “soft” con edilizia libera a quelle con sostituzione edilizia, in stragrande maggioranza assoggettato al pagamento del contributo sul costo di costruzione (oneri) a favore del comune.

Il versante urbanistico è disgiunto da quello catastale, anche se devono essere sempre congruenti e coerenti tra loro.

Non si possono depositare piantine catastali che rappresentano immobili diversi da quelli effettivamente utilizzati o effettivamente autorizzati sul profilo urbanistico/comunale.

Il rischio concreto è quello di creare confusione nella conformità urbanistica dell’immobile e nella continuità degli atti urbanistici e catastali.

Se da una parte non esiste una legge perentoria che disponga espressamente la stretta coerenza tra i due ambiti (catastali e urbanistici), ci si arriva ugualmente con un briciolo di buon senso e applicando le norme.

Come più volte ribadito, Catasto e Urbanistica viaggiano su due binari paralleli:

  • il Catasto è soggetto a regime comunicativo a cui bisogna adempiere depositando lo stato trasformate entro determinati tempi e consistenze raggiunte dall’immobile durante la trasformazione stesso, in regime “as built“;
  • Urbanistica è invece assoggettata a regime preventivo, nei quali tutti gli interventi devono essere precedentemente autorizzati, abilitati o comunicati prima dell’effettivo inizio dell’opera,

Al termine dell’intervento è buona prassi depositare la comunicazione di fine lavori, e dotare obbligatoriamente le nuove unità dell’Agibilità/Abitabilità affinché possa essere legittimamente utilizzato dai destinatari.

In futuro il frazionamento immobiliare effettuato depositando la sola denuncia di variazione al Catasto senza idonea pratica edilizia potrebbe essere acquisito dal comune come elemento probante la data di avvenuto abuso edilizio del frazionamento, in quanto nella denuncia di variazione il proprietario (e non il professionista) dichiara che la trasformazione è stata ultimata entro specifica data.

Motivo per cui è consigliato operare con “best pratice“: prima viene l’urbanistica, poi il Catasto.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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