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Pochi mesi dopo l’approvazione della L. 47/85 una circolare chiariva l’applicabilità dell’Art. 26 ai casi di frazionamento e fusione tra unità immobiliari entro la stessa costruzione

Si torna ad approfondire il precedente post circa la dubbia efficacia di una pratica ex Art. 26 L. 47/85 depositata per effettuare un frazionamento e fusione urbanistica.

Sono pervenuti numerosi contributi, commenti e osservazioni, alcuni dei dibattuti proficuamente anche su alcuni social forum.
In effetti il tipico dubbio di “area grigia” aleggiava comunque e i lettori in misura praticamente uguale si erano schierati verso le tesi opposte.

Anch’io devo ammettere che, nonostante una prima propensione all’incongruità di tale pratica, la questione lasciava margini interpretativi: rimaneva in dubbio se l’applicazione dell’art. 26 fosse circoscritta all’involucro della singola unità immobiliare o della costruzione nel suo insieme, sulla quale si è ritenuto scegliere l’interpretazione più restrittiva.

Nel voler sgombrare il campo da dubbi di sorta si sono svolti ulteriori approfondimenti alla ricerca di documentazioni esplicative.
In genere quando avanzano dubbi conviene andare a spulciare giurisprudenza consolidata e circolari ministeriali, scovandone una che chiarisce e applica l’interpretazione in via estensiva, consentendo quindi il frazionamento e fusione immobiliare con l’ex l’Art. 26: la Circolare Ministeriale LL. PP. n. 3357/25 del 30 Luglio 1985 (G.U. n.186 08-08-1985).

La circolare tratta la questione all’articolo 10 e considera legittima la trasformazione di modifiche interne che prevedono ampliamenti e riduzioni tra unità adiacenti, senza aumento di superfici, volume e di unità immobiliare, e senza modifiche di prospetto e sagoma planivolumetrica.

Il punto nevralgico di questo articolo è riportato nel seguente estratto:

« La norma esclude, inoltre, dalla categoria delle opere interne quelle che comportano aumento delle superfici utili e del numero delle unità medesime. Circa la superficie – stante che la norma si riferisce alle costruzioni e non solo alle unità immobiliari – deve ritenersi che siano consentiti ampliamenti di tali unità nell’ambito della costruzione, mediante accorpamento totale o parziale di unità contigue. Non costituisce, comunque, aumento della superficie utile l’eliminazione o lo spostamento di pareti interne o di parti di esse.
L’aumento del numero delle unità immobiliari, attraverso il frazionamento di quelle preesistenti, invece, è espressamente escluso dalle “opere interne” poiché comporta un maggior “peso” urbanistico: è di tutta evidenza, infatti, che un maggior numero di unità immobiliari comporta la presenza, nella costruzione e nella zona, di un maggior numero di famiglie o di altri utenti, con conseguenze di carattere urbanistico, più o meno sensibili. »

Dunque, una buona notizia.
Sono da ritenersi valide le trasformazioni edilizie operate a titolo di modifiche interne ex Art. 26 se circoscritte nell’ambito dell’intera costruzione e/o delle singole unità immobiliari, sempre che non comportino:

  • modifiche della sagoma;
  • modifiche della costruzione;
  • modifiche dei prospetti;
  • aumento delle superfici utili;
  • aumento numero delle unità immobiliari;
  • modifiche della destinazione d’uso delle costruzioni e delle singole unità immobiliari;
  • pregiudizio alla statica dell’immobile;
  • alterazioni alle originarie caratteristiche costruttive degli immobili compresi nei centri storici;

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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