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A venti anni dalla riforma del Titolo V della Costituzione permane un discreto contenzioso costituzionale sulle normative regionale di urbanistica, edilizia e paesaggio

Volge al termine l’anno 2022, e se non abbiamo contato male, in questo anno abbiamo totalizzato ben undici pronunce di incostituzionalità verso varie norme regionali riguardanti la materia urbanistica, edilizia e paesaggio.

Praticamente una al mese.

Praticamente una regione su due.

E comunque le norme regionali vigenti continuano a presentare diversi lati oscuri o contrasti con i principi nazionali e il DPR 380/01 (Testo Unico Edilizia).

Probabilmente i vari Governi non hanno avuto modo di revisionare tutte le norme regionali e le relative innumerevoli modifiche  – per cui dovrebbero istituire un apposito organismo indipendente – e qualcosa è scappato.

Almeno fino alla prossima pronuncia.

A questo punto ai piani alti dovrebbero iniziare a farsi qualche domandina, del tipo: sarà il caso di fare un passo avanti oppure uno indietro?

Per passo avanti intendiamo procedere verso un rafforzamento e chiarimento di cosa si dovrebbe intendere per legislazione concorrente in ambito edilizio e urbanistico, definendo il concetto di governo del territorio in modo chiaro e finalmente pertinente e segnando in modo comprensibile i rapporti con le discipline “di confine”, prima tra tutte la materia paesaggistica, in cui la “concorrenza” nelle competenze legislative è confinata entro i margini risicatissimi (per non dire pari a zero, di fatto) della “promozione”.

Per passo avanti azzarderemmo anche l’idea di fare una scelta di campo definitiva e finalmente coerente: se regionalismo deve essere regionalismo sia, ma per intero.

Il nostro regionalismo a metà ha funzionato? In materia urbanistica parrebbe di no.

A questo punto l’ipotesi strampalata di andare verso la repubblica federale, regalando a tutte le regioni uno statuto autonomo “pieno” e dando loro pieni poteri anche in ambito urbanistico edilizio, potrebbe funzionare?

Forse sarebbe un passo avanti e tre indietro: si andrebbe a somigliare all’Italia preunitaria in cui principati, repubblichine, regni, granducati e staterelli vari hanno frenato per oltre mille anni maturazione di paese e la nazionalizzazione.

Per passo indietro intendiamo ridisegnare le competenze legislative e togliere di mezzo legislazione concorrente, competenza residuale regionale e statuti speciali, definendo in modo razionale gli ambiti di autonomia sotto il controllo statale e per tutte le regioni, senza compromessi.

Per certi aspetti si tornerebbe a prima degli anni Ottanta quando, nonostante l’affermazione di principio di una competenza concorrente e di un regionalismo rimasti in realtà sulla carta,  la normativa era puramente statale, salvo le discipline espressamente delegate alle regioni (dallo Stato). E salvo anche quelle normative regionali “ribelli” che abbiamo visto in qualche rara occasione, vedi i condoni edilizi regionali menzionati dalla L. 47/85.

Conclusione: dove vogliamo andare? Per rispondere dovremmo farci una domanda più difficile: dove siamo ora, culturalmente parlando, e quanto siamo maturi per andare?

Noi anticipiamo una risposta personale che non piacerà, con una visione di sconforto degna dei grandi film e registi del Dopoguerra: il nostro non è un problema di assetto amministrativo, ma di persone.

Se non risolviamo quello, cambiando l’ordine degli addendi il risultato non cambia.

Tradotto: se prima non facciamo una bella iniezione di buon senso alle teste decisionali, possiamo ristrutturare quante volte vogliamo Stato, Regioni, Province e Comuni, senza ottenere risultati significativi.

Una mossa in ogni caso la dobbiamo fare, altrimenti siamo paralizzati.

Buon 2023 a tutti.

Carlo Pagliai Ing. e Fabio Squassoni Avv.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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