Doppia conformità semplificata potrebbe rendere sanabili illeciti edilizi già sanzionati
L’Adunanza plenaria ha chiarito i limiti applicativi della sanzione pecuniaria prevista dall’art. 38 del D.P.R. 380/01
Da tempo circolava il dubbio sulla possibilità di regolarizzare o meno la procedura dei permessi di costruire rilasciati da una P.A. con certi vizi formali e/o sostanziali.
E’ stato finalmente sciolto dal Consiglio di Stato riunito in Adunanza plenaria n. 17 del 7 settembre 2020, indicando il corretto indirizzo giurisprudenziale da applicare rispetto ai tre che si erano formati da tempo sull’argomento.
Prima di proseguire: [ ARTICOLI ANNULLAMENTO PERMESSO DI COSTRUIRE ]
La fiscalizzazione del vizio e affidamento del privato prevista dall’art. 38 T.U.E.
L’articolo 38 del Testo Unico per l’edilizia pone una possibile soluzione da applicare in caso di annullamento del Permesso di costruire, quando non sia possibile rimuovere i vizi oppure la rimessa in pristino.
In altre parole si pone il problema di risolvere gli effetti derivanti dall’annullamento del titolo abilitativo, cioè quando non sia possibile:
- risolvere il vizio della procedura amministrativa, esempio con nuova emissione di Permesso di Costruire (in versione corretta)
- rimuovere l’opera o loro parti che hanno comportato l’annullamento del PdC.
La questione diventa spinosa sopratutto quando le opere e la costruzione oggetto di Permesso sono state avviate e addirittura completate.
Lo scopo dell’art. 38 è quello di offrire una possibilità di riparare un errore commesso nel rilascio del Permesso di Costruire, bilanciando l’interesse pubblico nel ripristino della legalità violata e il legittimo affidamento del privato.
Lo stesso articolo 38 non chiarisce la tipologia de vizi non rimovibili delle procedure amministrative, che potrebbero essere di due tipi, anche congiuntamente tra loro:
- formale o procedurale (es. non sono stati allegati documenti essenziali previsti dal Regolamento Edilizio);
- sostanziale (es. un intervento non ammesso dal Piano Regolatore);
Al netto dei tre indirizzi giurisprudenziali che analizzeremo dopo, l’articolo 38 del D.P.R. 380/01 prevede la possibilità di riparare la situazione di “stallo” applicando una sanzione pecuniaria (fiscalizzazione dell’abuso).
Il comma 2 dell’Art. 38 dispone che il pagamento della sanzione pecuniaria produce i medesimi effetti del permesso di costruire ottenuto in sanatoria di cui all’art. 36 del D.P.R. 380/01. E tutto ciò si applica anche agli interventi edilizi rientranti o compiuti con la cosiddetta Super-SCIA, cioè la SCIA alternativa al P.d.C. (art. 23 comma 01 del TUE).
La sanzione pecuniaria dell’art. 38 è pura fiscalizzazione per mancata demolizione o sanatoria edilizia ?
Per rispondere alla domanda è necessario introdurre i tre orientamenti giurisprudenziali che si sono formati, che corrispondono a tre scenari derivanti dalla combinazione delle possibilità.
Prima di proseguire, ti preavviso che il termine “emendabile” che leggerai significa modificabile, o correggibile.
Primo scenario: Fiscalizzazione dell’abuso applicabile a vizi formali e/o sostanziali (estensivo e recente)
Questa ipotesi diventerebbe una sorta di particolare Condono edilizio , proprio perchè in grado di rendere regolare abusi edilizi di natura sostanziale (Cons. di Stato n. 5089/2019).
Secondo scenario: Fiscalizzazione dell’abuso applicabile soltanto per vizi formali o procedurali emendabili.(più risalente, nato dall’art. 11 L. 47/85).
Possibilità di fiscalizzare l’abuso soltanto per vizi formali o procedure amministrative emendabili (modificabili o correggibili a posteriori), escludendo qualsiasi ipotesi di vizi sostanziali e “condono” per abusi sostanziali (Cons. di Stato 1861/2016).
Terzo scenario: fiscalizzazione di vizi formali, e fiscalizzazione dei vizi sostanziali emendabili (modificabili), intermedio tra i primi due
Oltre ad consentire quanto già previsto dal secondo scenario per vizi formali emendabili, prevede la fiscalizzazione per vizi sostanziali esclusivamente emendabili. In questo caso non ci sarebbe la sanatoria dell’abuso perchè verrebbe eliminato con le modifiche al progetto prima del rilascio della sanatoria che, tuttavia, non sarebbe un vero accertamento di (doppia) conformità ex art. 36 perchè non richiesto in questo passaggio (Cons. di Stato n. 4221/2015).
Ha prevalso l’orientamento più restrittivo, Fiscalizzazione abusi soltanto per vizi formali emendabili
Nell’Adunanza plenaria sono stati confermati dei principi che hanno tenuto conto del bilanciato tra interesse pubblico che tutela l’ordinato assetto del territorio, e quello del privato a mantenere l’opera con i vizi, il tutto alla luce della generale presunzione di legittimità degli atti amministrativi.
La fiscalizzazione prevista dall’art. 38, a certe condizioni, vuole appunto bilanciare e compensare le due rispettive posizioni, monetizzando il valore delle opere o loro parti compiute abusivamente da versare al Comune.
Le condizioni essenziali per fiscalizzare sono due, e cioè la motivata valutazione circa l’impossibilità di:
a) rimozione dei vizi delle procedure amministrative (convalida con rilascio nuovo permesso);
b) restituzione in pristino delle opere compiute abusivamente;
Detto ciò, nell’Adunanza plenaria viene rammentata il punto fermo della procedura di accertamento di conformità prevista dall’art. 36 del D.P.R. 380/01; tale procedura non consente di sanare gli illeciti sostanziali ma quelli formali, rispettando il criterio della doppia conformità alla disciplina urbanistico edilizia vigente al momento dell’istanza sia all’epoca dell’esecuzione (Cons. di Stato n. 1240/2020).
In altre parole la sanatoria viene rilasciata per sanare il mancato ottenimento di un titolo edilizio che sarebbe stato comunque rilasciato.
Sulla base di questo punto fermo, l’Adunanza plenaria ha ritenuto di convalidare solo l’orientamento più restrittivo (il secondo dei tre), perchè l’ambito della fiscalizzazione dell’art. 38 non può consentire alcuna forma di condono amministrativo affidato alla valutazione della P.A.
In questo modo si potrebbero creare i presupposti per eludere i principi di programmazione e tutela dell’assetto territoriale, derogando cioè alla pianificazione urbanistica, ambientale e paesaggistica.
In altre parole, l’Adunanza plenaria afferma che “i vizi cui fa riferimento l’art. 38 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall’amministrazione, risultino di impossibile rimozione”.
Pertanto ha prevalso la linea giurisprudenziale più ferrea, trovandosi coerente con l’assenza di ogni possibilità di sanare illeciti sostanziali a qualsiasi titolo.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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