Doppia conformità semplificata potrebbe rendere sanabili illeciti edilizi già sanzionati
Sostituire la demolizione dell’opera con sanzione pecuniaria è possibile solo a certe condizioni
Fiscalizzare l’abuso significa monetizzare la mancata demolizione delle opere parzialmente abusive pregiudizievoli della parte legittima.
Partiamo con un esempio semplice: ipotizziamo che sia stato rilasciato un permesso per realizzare un palazzo con intelaiatura in calcestruzzo armato, un semplice “scatolone” alto venti metri, largo dodici e profondo dieci. Ammettiamo pure che al termine dei lavori invece l’intelaiatura strutturale risulti avere una larghezza pari a dodici metri e cinquanta centimetri.
E’ ovvio che non sarebbe possibile in nessuna ipotesi “tranciare” da cielo a terra questo palazzo compiuto, per il semplice fatto che sia stato realizzato più largo di cinquanta centimetri rispetto al progetto.
Questo è un caso lampante in cui il ripristino della legalità e dell’opera così come da progetto approvato, sarebbe puramente impossibile senza determinare danni alla porzione legittimamente approvata.
Questioni vincolistiche e antisismiche a parte, esiste la possibilità di applicare sanzione pecuniaria in luogo della demolizione solo quando essa non possa avvenire in pregiudizio della parte compiuta in conformità.
L’art. 34 del DPR 380/01 riguarda esclusivamente le opere parzialmente difformi ad un regolare permesso di costruire rilasciato ed efficace.
Pertanto restano escluse da questa possibilità le opere compiute in totale difformità o con variazioni essenziali, in quanto prendono in esame nel loro insieme l’intero organismo edilizio, sia come unità immobiliare singola, sia come fabbricato.
Il presupposto principale infatti è la presenza di una parte compiuta pienamente legittima, mentre la totale difformità o variazioni essenziali comportano uno snaturamento totale rispetto al progetto/permesso rilasciato.
La fiscalizzazione dell’abuso si basa sulla valutazione comparativa tra quanto virtualmente legittimo e l’oggettiva difficoltà nel ripristino della legalità.
Il pagamento sostitutivo con la sanzione pecuniaria non legittima le difformità sotto il profilo urbanistico.
Si usa il termine improprio di “fiscalizzazione”, ed è una procedura opzionale che riguarda la parziale difformità ove tecnicamente non rimovibile applicando una sanzione pari al doppio del costo di produzione (a livello nazionale, alcune regioni applicano il doppio dell’aumento del valore venale) in modo da colpire l’indebito profitto che l’avente titolo di fatto può beneficiare.
Affinché possa trovare applicazione la sanzione pecuniaria deve risultare in modo inequivoco che la demolizione, per le sue conseguenze materiali, inciderebbe sulla stabilità dell’edificio nel suo complesso: la sanzione pecuniaria prevista dal secondo comma dell’art. 34 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380 per gli interventi in parziale difformità dal titolo edilizio deroga alla regola generale della demolizione negli illeciti edilizi prevista dal primo comma: è perciò applicabile solo quando sia «oggettivamente impossibile» procedere alla demolizione delle parti difformi senza incidere, per le sue conseguenze materiali, sulla stabilità dell’intero edificio (Cons. di Stato VI n. 4013/2017, Cons. Stato, Sez. VI, 30 marzo 2017, n. 1484; Sez. VI, 9.4.2013 n. 1912).
In sostanza la sanzione demolitoria può essere sostituita da sanzione pecuniaria detta “fiscalizzazione” per mancato ripristino, per la quale occorre una valutazione compiuta in via amministrativa in ordine alla insussistenza dei presupposti per ammettere la proprietà al pagamento della sanzione pecuniaria in luogo di quella demolitoria, valutazione da effettuare in maniera motivata.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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