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La sanzione pecuniaria può sostituire la demolizione in alcune specifiche ipotesi di abusi edilizi

Nell’attuale configurazione normativa esistono poche possibilità di mantenere gli illeciti edilizi pagando una sanzione pecuniaria.

Più dettagliatamente, analizziamo quei casi particolari che non soddisfano il requisito di doppia conformità per l’accertamento ex art. 36 del D.P.R. 380/01 (il discorso vale anche per l’art. 37), ma che possono comunque sfuggire alla demolizione coatta. In questo articolo prendiamo in considerazione soltanto la categoria di opere illecite primario, cioè che avrebbero richiesto il permesso di costruire.

Attualmente il Testo Unico per l’edilizia non lascia molte strade aperte ai responsabili degli illeciti o ai proprietari di immobili: o l’illecito è davvero conforme (e quindi sanabile), oppure va rimosso.

E appunto, il criterio fondamentale per ottenere la sanatoria edilizia dell’illecito (al netto di condono, ovviamente) è quello di far accertare dal comune il rispetto della doppia conformità alle discipline urbanistico edilizie, sia al momento dell’istanza che all’epoca della realizzazione.

Ne ho parlato più volte in questo blog del meccanismo “mannaro” della doppia conformità, e ti rimando agli specifici articoli e video gratuiti.

Detto questo, il legislatore si era posto il problema dell’effettiva indemolibilità degli illeciti e abusi edilizi già prima del Testo Unico per l’edilizia D.P.R. 380/01.

Infatti con la L. 47/85 aveva disciplinato con gli articoli 9 e 12 una possibile categoria di situazioni che consentivano soluzioni alternative alla demolizione totale dell’immobile.

Tali articoli sono stati traslati nel T.U.E. rispettivamente negli articoli 33 e 34. Analizziamoli nel merito.

Esistono due ipotesi di “fiscalizzazione” degli abusi edilizi.

Ho messo tra virgolette questo termine perchè non è espressamente previsto nel T.U.E., ed è applicato dalla giurisprudenza per individuare i pochi casi di demolizione sostituita da sanzione pecuniaria.

La sanzione pecuniaria versata al posto della mancata demolizione non comporta effetto sanante, sia sotto il versante sostanziale, e tanto più quello formale.

E’ un peso imposto dal legislatore per azzerare il possibile arricchimento che ne deriva al proprietario dell’immobile, in caso di mantenimento dell’opera per oggettiva difficoltà al ripristino.

In definitiva, si potrebbe tradurre così il senso di questa scelta legislativa: “se io non riesco a demolire l’opera abusiva, comunque ti colpisco al portafoglio azzerandoti ogni vantaggio“.

Nel D.P.R. 380/01 ci sono i due articoli 33 e 34 che ammettono la possibile fiscalizzazione, in chiavi e modalità diverse tra loro. Ma hanno una cosa in comune: riguardano casistiche con illeciti edilizi di tipo primari, cioè quelli rientranti nella sfera del Permesso di Costruire, sottacendo sulle opere inquadrabili in SCIA.

Infatti nel T.U.E. l’ipotesi di fiscalizzazione degli illeciti rientranti in SCIA non è prevista, neppure dall’art. 37 D.P.R. 380/01. E’ pur vero che alcune regioni hanno disciplinato comunque la casistica, la Toscana con l’art. 200 della L.R. 65/2014 ne è un esempio.

Fiscalizzazione degli abusi edilizi: due ipotesi del D.P.R. 380/01

Esistono soltanto due casi disciplinati in questione:

Entrambi contengono la possibilità di evitare la demolizione tramite versamento di sanzione pecuniaria, ma sono condizionate in forme diverse tra loro.

Ristrutturazione edilizia “pesante”.

Per prima cosa si parla di una particolare casistica di ristrutturazione edilizia, e quindi non di tutte le possibili versioni di ristrutturazione.

Infatti l’articolo 33 del T.U.E richiama espressamente le ristrutturazioni rientranti nell’art. 10 comma 1 del T.U.E, cioè quelle cosiddette “pesanti”. Ciò significa che non vi rientrano tutte le altre tipologiche, e per maggiore spiegazione rinvio a questo articolo con video incorporato.

Il discorso vale comunque per le ristrutturazioni edilizie assoggettabili alla SCIA alternativa al Permesso di Costruire dell’art. 23 comma 01 T.U.E).

Inoltre occorre sottolineare che sono ammesse le ristrutturazioni “pesanti” compiute in:

  • assenza di Permesso di costruire;
  • in totale difformità dal Permesso di costruire;

Notare bene che non vi rientra invece il caso di parziale difformità al PdC: tale ipotesi, anche se residuale, si va ad incasellare nel successivo art. 34 T.U.E.

Riportando un estratto dell’art. 33 T.U.E, si capisce meglio:

Art. 33 – Interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità
1. Gli interventi e le opere di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 10, comma 1, eseguiti in assenza di permesso o in totale difformità da esso, sono rimossi ovvero demoliti e gli edifici sono resi conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistico-edilizi entro il congruo termine stabilito dal dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale con propria ordinanza, decorso il quale l’ordinanza stessa è eseguita a cura del comune e a spese dei responsabili dell’abuso.
2. Qualora, sulla base di motivato accertamento dell’ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile, il dirigente o il responsabile dell’ufficio irroga una sanzione pecunaria pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile, conseguente alla realizzazione delle opere, determinato, con riferimento alla data di ultimazione dei lavori …(omissis)

In questo caso, la fiscalizzazione è possibile nel momento in cui il Comune abbia accertato, con adeguata motivazione, l‘impossibilità di ripristinare lo stato dei luoghi. Memorizzate bene questo aspetto perchè è differente da quello previsto nel seguente articolo 34 T.U.E.

Parziali difformità al Permesso di Costruire

Le opere compiute in parziali difformità al Permesso di costruire costituiscono la prima condizione essenziale per accedere alla fiscalizzazione degli abusi edilizi.

Si tratta di illeciti rilevanti, cioè che avrebbero richiesto il Permesso di costruire in variante ad esso.

La seconda condizione che emerge per accedere alla fiscalizzazione riguarda l’oggettiva difficoltà ( o meglio, impossibilità) demolitoria da parte degli organi competenti.

Infatti spetta al Comune accertare tale condizione, cioè individuare l’ipotesi in cui la demolizione pregiudichi la parte che comunque risulterebbe compiuta in conformità. Spesso un motivo che giustifica il pregiudizio riguarda gli aspetti strutturali e antisismico del fabbricato nel suo insieme. Possono tuttavia presentarsi diversi casi con effetti simili.

Art. 34 – Interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire  1. Gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell’abuso entro il termine congruo fissato dalla relativa ordinanza del dirigente o del responsabile dell’ufficio. Decorso tale termine sono rimossi o demoliti a cura del comune e a spese dei medesimi responsabili dell’abuso.
2. Quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione pari al doppio del costo di produzione… (omissis)

Analogie e differenze tra articoli 33 e 34 T.U.E.

Alla base delle due versioni di fiscalizzazione risultano esserci due sfumature differenti nei presupposti oggettivi:

  • ristrutturazioni pesanti illecite: impossibilità di ripristino dello stato dei luoghi (art. 33);
  • parziali difformità al PdC: pregiudizio della parte eseguita in conformità (art. 34);

Per quanto simili, sono invece due previsioni diverse anche sotto il profilo sostanziale.

La fiscalizzazione non vale per opere di totale difformità dal Permesso (escluso le ristrutturazioni pesanti) o in assenza di esso

In conclusione, la cosiddetta Fiscalizzazione degli abusi edilizi intende concedere il mantenimento degli illeciti compiuti su immobili preesistenti (ristrutturazione pesante) oppure su nuovi interventi quando si è raggiunta una solida e prevalente situazione di legittimità della costruzione.

E’ molto importante sottolineare che il meccanismo del pregiudizio della parte eseguita in conformità vale in caso di parziali difformità dal PdC.

Tutto ruota attorno alle condizioni e presupposti indicate finora.

Nei casi in cui non rientrasse in tali fattispecie, non trova applicazione la fiscalizzazione e sanzione pecuniaria sostitutiva, e rimane soltanto la rimessa in pristino/demolizione integrale dell’opere illecite.

Ad esempio la realizzazione di un intero piano primo aggiuntivo, rispetto ad un permesso di costruire rilasciato, non può accedere alla sanzione pecuniaria sostitutiva a quella demolitoria; piuttosto rientra nella ipotesi di totale difformità dal permesso (Cons. di Stato n. 4418/2018).

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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