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FAQ linee guida Salva Casa

Pubblicate sul sito del MIT le linee di indirizzo e criteri interpretativi sull’attuazione del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2024, n. 105 (DL Salva Casa). Sono state anticipate il 28 gennaio al Tavolo sulla Casa.

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Linee di indirizzo e criteri interpretativi sull’attuazione del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2024, n. 105 (DL Salva Casa)

Il decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2024, n. 105 (di seguito, il “DL Salva Casa”), ha inteso fornire risposte urgenti alle esigenze rappresentate dagli attori coinvolti nel processo edilizio – dalle istituzioni ai cittadini – in relazione alle tematiche afferenti alla semplificazione del quadro normativo di riferimento.

Le novelle al Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (di seguito, il “Testo unico”), possono essere articolate convenzionalmente intorno a quattro macro-aree di intervento:

  1. ridefinizione dei titoli che consentono di comprovare lo stato legittimo degli immobili (articolo 9-bis del Testo unico);
  2. nuova disciplina relativa ai mutamenti di destinazione d’uso (articolo 10, comma 2, e 23-ter del Testo unico);
  3. regime delle tolleranze e semplificazione delle procedure finalizzate a sanare o regolarizzare situazioni di difformità:
    • tolleranze costruttive ed esecutive (articolo 34-bis del Testo unico);
    • casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo (nuovo articolo 34-ter del Testo unico);
    • ridefinizione della cd. doppia conformità, limitatamente alle parziali difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 34, alle ipotesi di assenza o difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 37, nonché alle variazioni essenziali (nuovo articolo 36-bis del Testo unico);
  4. adeguamento degli standard edilizi alle trasformazioni del contesto sociale ed urbano:
    • recupero dei sottotetti (articolo 2-bis del Testo unico);
    • edilizia libera (articolo 6 del Testo unico);
    • certificato di agibilità (articolo 24 del Testo unico).

In relazione alle predette quattro aree di intervento, il presente documento, in risposta alle sollecitazioni pervenute a questo Ministero dalle competenti amministrazioni, nonché dagli operatori di settore, intende fornire linee di indirizzo e criteri interpretativi finalizzati a fornire un supporto nell’attuazione sull’intero territorio nazionale delle disposizioni del DL Salva Casa.

Va infatti precisato che le disposizioni del decreto-legge sono di per sé auto-applicative e non richiedono ulteriori interventi attuativi da parte dello Stato. Ne deriva l’esigenza di garantire piena e tempestiva attuazione alle disposizioni in esame sull’intero territorio nazionale, fatta salva la possibilità per la legislazione regionale di adottare norme di dettaglio nel rispetto della ratio di ciascuna disposizione novellata dal DL Salva Casa e dei limiti del rapporto tra legislazione statale e legislazione regionale nella materia in esame.

Tanto premesso, e fermi restando i rinvii operati dalle novelle in esame alla legislazione regionale e agli strumenti urbanistici o determinazioni delle competenti amministrazioni comunali, si ritiene che un intervento sotto forma di quesiti di agevole consultazione possa contribuire a promuovere prassi interpretative e attuative coordinate rispetto alle scelte operate dal legislatore statale nell’esercizio delle competenze al medesimo costituzionalmente attribuite. In coerenza con tali istanze, il presente documento si articola in quattro sezioni:

  • una prima sezione dedicata alle questioni afferenti allo stato legittimo degli immobili;
  • una seconda sezione dedicata alle modifiche in tema di mutamento della destinazione d’uso;
  • una terza sezione dedicata alle nuove procedure di regolarizzazione delle difformità edilizie;
  • una quarta sezione dedicata alle disposizioni afferenti all’adeguamento degli standard edilizi.

Il presente documento, in relazione alle predette quattro aree di intervento, riporta:

  • le informazioni di inquadramento delle disposizioni del Testo unico, così come novellate dal DL Salva Casa, organizzate per sotto-paragrafi tematici;
  • un riquadro grigio, nel quale viene riportato il testo della disposizione del Testo unico oggetto di trattazione;
  • appositi riquadri, contenenti indicazioni operative e chiarimenti interpretativi, in forma di domanda e risposta, distinti per colore sulla base delle predette quattro aree di intervento, secondo la seguente legenda:
    • stato legittimo degli immobili;
    • modifiche in tema di mutamento della destinazione d’uso;
    • nuove procedure di regolarizzazione delle difformità edilizie;
    • disposizioni afferenti all’adeguamento degli standard edilizi.

Il presente documento ha la finalità di inquadrare il contesto applicativo del provvedimento in esame e facilitarne l’attuazione da parte delle amministrazioni competenti e di fornire ai cittadini linee di orientamento e di indirizzo, indicazioni di massima e, per quanto possibile, suggerimenti operativi su elementi attuativi di particolare rilievo che caratterizzano le procedure edilizie. Le linee di indirizzo e criteri interpretativi contenuti nel presente documento sono fornite a titolo informativo e non hanno valore vincolante. Esse rappresentano orientamenti applicativi che possono essere soggetti ad integrazioni o aggiornamenti.

1. Stato legittimo degli immobili (articolo 3-bis del Testo unico)

Il DL Salva Casa ha apportato modifiche all’articolo 9-bis del Testo unico finalizzate a razionalizzare gli adempimenti a carico dei legittimi proprietari o aventi titolo per comprovare lo stato legittimo degli immobili e unità immobiliari mediante una duplice semplificazione, di natura formale e sostanziale.

Articolo 3-bis, commi 1-bis e 1-ter, Testo unico
1-bis. Lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare è quello stabilito dal titolo abilitativo che ne ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa o da quello, rilasciato o assentito, che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o l’intera unità immobiliare, a condizione che l’amministrazione competente, in sede di rilascio del medesimo, abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Sono ricompresi tra i titoli di cui al primo periodo i titoli rilasciati o formati in applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 34-ter, 36, 36-bis e 38, previo pagamento delle relative sanzioni o oblazioni. Alla determinazione dello stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare, concorrono, altresì, il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e c, e 38, e la dichiarazione di cui all’articolo 34-bis. Per gli immobili realizzati in un’epoca nella quale non era obbligatorio acquisire il titolo abilitativo edilizio, lo stato legittimo è quello desumibile dalle informazioni catastali di primo impianto, o da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza, e dal titolo abilitativo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali. Le disposizioni di cui al quarto periodo si applicano altresì nei casi in cui sussista un principio di prova del titolo abilitativo del quale, tuttavia, non siano disponibili la copia o gli estremi.
1-ter. Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo delle singole unità immobiliari non rilevano le difformità insistenti sulle parti comuni dell’edificio, di cui all’articolo 1117 del codice civile. Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo dell’edificio non rilevano le difformità insistenti sulle singole unità immobiliari dello stesso.

1.1.  Semplificazione formale

L’articolo 9-bis, comma 1-bis, del Testo unico semplifica i titoli necessari a dimostrare lo stato legittimo degli immobili e riduce gli oneri documentali a carico dei privati, prevedendo che:

  1. per gli immobili o unità immobiliari interessati da interventi edilizi successivi al momento del rilascio del titolo abilitativo originario, lo stato legittimo possa essere comprovato con la presentazione del titolo che ha disciplinato l’ultimo intervento edilizio sull’intero immobile o unità immobiliare;
  2. la predetta semplificazione possa essere fatta valere a condizione che il titolo edilizio più recente sia stato rilasciato dall’amministrazione competente all’esito di un procedimento che abbia riguardato, anche parzialmente, il medesimo immobile o unità immobiliare e che, in ragione degli elementi forniti all’Amministrazione, abbia posto la medesima nella condizione di verificare la legittimità dei titoli pregressi.
D1.1.1 Come è possibile concretamente provare il requisito della verifica della legittimità dei titoli pregressi?La verifica della legittimità dei titoli pregressi da parte dell’amministrazione competente può essere presunta qualora nella modulistica relativa all’ultimo titolo edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare siano stati indicati gli estremi dei titoli pregressi sulla base del presupposto che, in sede di rilascio di ciascun titolo, l’Amministrazione è chiamata a verificare puntualmente, in base alla documentazione tecnica fornita dal richiedente, eventuali situazioni di difformità che ostano al rilascio del medesimo.
Il riferimento alla verifica della “legittimità dei titoli pregressi” non può, quindi, comportare alcun riesame da parte dell’Amministrazione dei precedenti titoli, con la conseguenza che eventuali difformità tra lo stato di fatto e i progetti indicati nelle richieste di rilascio dei titoli o nelle segnalazioni certificate di inizio attività non potranno essere contestate quali mancanza di stato legittimo dell’immobile, ove non contestate in precedenza al fine di negare il titolo edilizio. Pertanto, la verifica richiesta dalla norma in esame deve intendersi come esclusivamente volta ad accertare che l’immobile o l’unità immobiliare siano stati interessati da titoli validi ed efficaci; situazione nella quale dovrà, quindi, affermarsi la sussistenza dello stato legittimo dell’immobile. Resta fermo, ovviamente, il potere dell’Amministrazione di accertare eventuali difformità realizzate dopo il rilascio o la formazione dei titoli pregressi, che, ove riscontrate, precluderanno di ritenere sussistente lo stato legittimo dell’immobile e consentiranno all’Amministrazione di procedere con i poteri previsti dall’ordinamento, ivi compreso il potere di negare il rilascio di nuovi titoli.
A titolo esemplificativo, se un’amministrazione è chiamata ad esprimersi sulla richiesta di rilascio di un titolo edilizio (T4) di modifica di un immobile x, interessato dopo il rilascio dell’originario T0 da tre successivi interventi di modifica, associati a corrispondenti titoli edilizi T1, T2 e T3, l’amministrazione potrà verificare se tra il titolo T3 e la documentazione progettuale presentata per il rilascio del titolo T4 siano intercorse situazioni di difformità che richiedono verifiche istruttorie integrative. Non potrà all’inverso sindacare situazioni di difformità astrattamente intercorse tra il rilascio del titolo T0 e T1 ovvero T1 e T2 o ancora T3 e T4, e che avrebbero consentito solo all’epoca di presentazione delle relative istanze di negare tali titoli. In presenza di eventuali difformità non rilevate dall’Amministrazione in sede di rilascio dei titoli pregressi non potrà, quindi, contestarsi la mancanza di stato legittimo dell’immobile.

Nel merito, sulle condizioni per far valere il titolo edilizio più recente che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, si ritiene possibile assumere che l’amministrazione competente abbia verificato la legittimità dei titoli pregressi in tali circostanze:

b1) laddove il titolo più recente sia stato rilasciato dall’amministrazione con formale provvedimento, che – anche mediante ricorso a clausole-tipo – attesti esplicitamente che il medesimo è stato adottato previa verifica della legittimità dei titoli pregressi;

b2) con riferimento ai titoli rilasciati con formale provvedimento ovvero formatisi implicitamente, per silenzio-assenso (come nel caso della SCIA, della SCIA alternativa al permesso di costruire), laddove sia stata fornita l’indicazione degli estremi del titolo originario e di quelli successivi relativi all’immobile o unità immobiliare, e, in considerazione della documentazione prodotta, non sia stata formulata alcuna contestazione dall’Amministrazione su eventuali difformità rispetto allo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare oggetto dell’intervento. Resta ovviamente implicita la possibilità per l’Amministrazione di attivare gli opportuni strumenti di tutela giuridica nei confronti di comportamenti elusivi delle norme edilizie fondate sulla presentazione di una documentazione incompleta o non corrispondente allo stato di fatto, ove sussistano i presupposti per l’annullamento in autotutela dei precedenti titoli. Tanto premesso, la modulistica dovrà richiedere l’indicazione degli estremi dei titoli pregressi a supporto dell’istanza al fine di garantire un’applicazione generalizzata delle semplificazioni introdotte dall’articolo in commento. Resta fermo il potere dell’Amministrazione di richiedere eventuali integrazioni documentali che si rendessero necessarie nel caso specifico, nel rispetto delle precisazioni sopra indicate in ordine all’impossibilità di utilizzare la verifica dello stato legittimo per contestare difformità non rilevate in sede di rilascio dei titoli precedenti. Resta ferma, altresì, la possibilità per il richiedente, che si ritrovi nell’impossibilità di ricostruire l’iter documentale dei titoli pregressi per verificare la conformità ad una delle condizioni sub-b1) o sub-b2), di fare richiesta di accesso agli atti presso gli archivi dell’Amministrazione, secondo le regole vigenti.  

1.2 Semplificazione sostanziale

L’articolo 9-bis, comma 1-bis, del Testo unico opera una semplificazione sostanziale dei titoli abilitativi rilevanti ai fini della dimostrazione dello stato legittimo degli immobili, che alla luce del DL Salva Casa comprendono anche:

  • i titoli rilasciati o assentiti all’esito delle procedure:
    • di regolarizzazione degli interventi realizzati come variante in corso d’opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima della data di entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (segnalazione certificata di inizio attività ex articolo 34-ter, comma 3, del Testo unico);
    • di accertamento di conformità (permesso di costruire in sanatoria ex articolo 36 del Testo unico; permesso di costruire o SCIA in sanatoria ex articolo 36-bis del Testo unico);
    • relative a interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato, ovvero a interventi edilizi di cui all’articolo 23, comma 01, del Testo unico in caso di accertamento dell’inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo. In particolare, si fa riferimento al rilascio di un permesso di costruire postumo, in sede di riesame dell’originaria domanda di permesso di costruire ai sensi dell’articolo 38, comma 1 ovvero al pagamento delle sanzioni ex articolo 38 del Testo unico, che, ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria di cui all’articolo 36 del Testo unico;
  • il pagamento delle sanzioni previste nei seguenti casi:
    • interventi di ristrutturazione edilizia eseguiti in assenza di permesso di costruire o in totale difformità da esso, ovvero interventi di ristrutturazione edilizia di cui all’articolo 23, comma 01, del Testo unico, eseguiti in assenza di segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire (cd. Super-SCIA) o in totale difformità da essa (pagamento delle sanzioni ex articolo 33, commi 2, 4 e 6-bis, del Testo unico);
    • interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, ovvero interventi edilizi di cui all’articolo 23, comma 01, del Testo unico, eseguiti in parziale difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire (cd. Super-SCIA) (pagamento delle sanzioni ex articolo 34, commi 2 e 2-bis del Testo unico);
    • interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività (pagamento delle sanzioni ex articolo 37 del Testo unico);
    • interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato, ovvero interventi edilizi di cui all’articolo 23, comma 01, del Testo unico in caso di accertamento dell’inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo (pagamento delle sanzioni ex articolo 38);
  • la dichiarazione relativa alle tolleranze costruttive, esecutive e in materia di distanze e requisiti igienico-sanitari, incluse quelle risultanti dall’applicazione del disposto di cui all’articolo 34-ter, comma 4, del Testo unico (dichiarazione di cui all’articolo 34-bis, comma 3, del Testo unico).

La ratio delle disposizioni in esame è quella di consentire che lo stato legittimo degli immobili ovvero delle singole unità immobiliari possa essere comprovato non solo attraverso i titoli “tradizionali”, assentiti dall’amministrazione competente o formatisi implicitamente per silenzio assenso (come la SCIA e il permesso di costruire, ordinari o in sanatoria), ma anche attraverso strumenti di “regolarizzazione” degli abusi sanabili o delle irregolarità (come il pagamento delle sanzioni e le dichiarazioni asseverate).

Tale obiettivo risulta coerente con le esigenze di certezza del diritto, che impongono di definire chiaramente l’impatto dei singoli procedimenti disciplinati dal Testo unico sullo stato legittimo di un immobile o di una unità immobiliare.

D1.2.1 Come posso comprovare gli interventi regolarizzati mediante pagamento di una sanzione?Mediante l’indicazione degli estremi o della ricevuta del pagamento della sanzione, come previsto dalla modulistica.

1.3. Interconnessione tra semplificazioni formali e sostanziali.

La formulazione testuale dell’articolo 9-bis conferma che tutti i titoli elencati al secondo periodo del comma 1-bis, nonché i pagamenti delle sanzioni e le dichiarazioni elencati al terzo periodo del medesimo comma 1-bis producono gli effetti di semplificazione sostanziale impliciti nella disposizione in esame, consistenti nella rilevanza del titolo, del pagamento e della dichiarazione ai fini dell’attestazione dello stato legittimo dell’immobile o della singola unità immobiliare.

La formulazione testuale del primo periodo del comma 1-bis in esame, nella misura in cui fa riferimento al “titolo abilitativo”, non consente tuttavia di associare al pagamento delle sanzioni e alle dichiarazioni del terzo periodo anche gli obiettivi di semplificazione formale al medesimo associati.

D1.3.1 In che modo il pagamento di sanzioni (cd. fiscalizzazioni) e le dichiarazioni sulle tolleranze si rapportano allo stato legittimo?Il pagamento delle sanzioni previste dagli articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e 6 (cd. fiscalizzazioni) e le dichiarazioni sulle tolleranze di cui all’articolo 34-bis “concorrono” alla dimostrazione dello stato legittimo. Ne deriva che a seguito delle modifiche introdotte dal DL Salva Casa le difformità oggetto di fiscalizzazione o rientranti nella disciplina sulle tolleranze potranno essere considerate pienamente sanate anche ai fini della dimostrazione dello stato legittimo attraverso la mera esibizione delle predette attestazioni (il pagamento della sanzione o la dichiarazione del tecnico asseveratore). Tale innovazione consente di superare le incertezze risultanti dalla precedente normativa, che portavano a “tollerare”, ma non a “sanare” le difformità interessate da fiscalizzazioni o dalla disciplina sulle tolleranze.

Tuttavia, le predette attestazioni (il pagamento delle sanzioni e le dichiarazioni sulle tolleranze), non costituendo “titoli abilitativi”, non potranno essere utilizzate per dimostrare, a monte, la legittimità dei titoli pregressi, secondo quanto previsto dal meccanismo di semplificazione formale di cui al primo periodo del comma 1-bis.
Ai fini della dimostrazione dello stato legittimo, tali atti potranno affiancare (in funzione integrativa) il titolo originario ovvero l’ultimo titolo, che sono i soli dal quale può essere avviata la dimostrazione dello stato legittimo. Ne deriva che non tutti gli atti citati al comma 1-bis possono essere fatti valere automaticamente dal legittimo proprietario o dall’avente titolo coerentemente con l’obiettivo di semplificazione formale che consente di dimostrare lo stato legittimo anche solo con l’ultimo titolo che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare. In particolare, si osserva che gli obiettivi di semplificazione formale non possono automaticamente essere associati:
– al pagamento delle sanzioni di cui articoli 33, 34, 37, commi 1, 3, 5 e 6, del Testo unico, che per loro natura non sono idonee ad attestare la verifica dei titoli pregressi da parte delle competenti amministrazioni. Fa eccezione il pagamento della sanzione prevista dall’articolo 38, comma 1, per il caso di intervento eseguito in base a permesso di costruire annullato, che produce i medesimi effetti del permesso di costruire in sanatoria;
– alle dichiarazioni relative alle tolleranze presentate da un tecnico abilitato, in quanto esclusivamente funzionali alla rappresentazione di lievi scostamenti non costituenti violazione edilizia.

A titolo esemplificativo, si pensi al caso in cui un immobile sia stato interessato dai seguenti interventi:

a) costruzione, previo rilascio del permesso di costruire;
b) manutenzione straordinaria ‘pesante’ sull’intero immobile, previa SCIA;
c) difformità rispetto alla SCIA sub-b), seguiti dal pagamento della sanzione prevista dall’articolo 37 del Testo unico.

Volendo avvalersi della semplificazione formale introdotta dal primo periodo dell’articolo 9-bis, comma 1-bis del DL Salva Casa, lo stato legittimo dell’immobile sarà quello stabilito dalla SCIA (lettera b). Tuttavia, essendo stato eseguito un intervento difforme rispetto alla SCIA, lo stato di fatto non coinciderà con quello di diritto e, pertanto, occorrerà affiancare al predetto titolo anche la fiscalizzazione operata ai sensi dell’articolo 37. In questi termini deve essere interpretata la locuzione “concorre” di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, terzo periodo, del Testo unico.

2 Mutamento della destinazione d’uso (articolo 10, comma 2, e 23-ter del Testo unico)

L’articolo 23-ter del Testo unico in tema di mutamento d’uso è stato modificato dal DL Salva Casa nell’ottica di introdurre misure di semplificazione della materia e consentire il ricorso all’istituto, anche mediante procedure a finalità multipla, nel rispetto delle condizioni definite dalle competenti amministrazioni comunali in relazione alle diverse tipologie di aree ed immobili.

In generale, si è inteso agevolare i mutamenti di destinazione d’uso, anche in caso di contestuale esecuzione di opere edilizie, mediante l’istituzione di un regime unitario disciplinante i caratteri del singolo mutamento, insieme ai titoli abilitativi che si rendono di volta in volta necessari:

  • all’interno della stessa categoria funzionale (cd. mutamenti di destinazione d’uso urbanisticamente irrilevanti o orizzontali)
  • tra categorie funzionali diverse (cd. mutamenti di destinazione d’uso urbanisticamente rilevanti o verticali.

Quanto, in particolare, ai mutamenti di destinazione d’uso orizzontali, la riforma conferma il principio dell’indifferenza funzionale tra destinazioni d’uso omogenee, come individuate dalla legge statale o regionale. Ciò, al fine di semplificare il ricorso allo strumento nei casi in cui il mutamento non abbia rilevanza urbanistica e, quindi, non comporti variazioni significative sui rispondenti carichi urbanistici, ovverosia sul fabbisogno di dotazioni territoriali, inteso come maggiore richiesta di servizi secondari in termini, per esempio, di spazi pubblici destinati a parcheggio o a verde attrezzato, di smaltimento e riciclaggio di rifiuti o di infrastrutture viarie derivante dalla nuova destinazione d’uso del bene.

Quanto ai mutamenti di destinazione d’uso verticali di singole unità immobiliari, la riforma ha inteso fornire una disciplina chiara dello strumento, agevolando, in generale, il mutamento tra le categorie funzionali residenziale, turistico-ricettiva, produttiva e direzionale, commerciale. In queste ipotesi, è riconosciuta la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare, qualora se ne ravvisi la necessità, specifiche condizioni, volte a prevedere misure di contingentamento delle richieste di mutamento di destinazione d’uso, al fine di preservare l’assetto e lo sviluppo armonico del territorio, oltre che una distribuzione equilibrata dei carichi insediativi.

La riforma estende le norme agevolative dei mutamenti di destinazione d’uso anche alle ipotesi di contestuale realizzazione di opere edilizie. In tali ipotesi, si configura un procedimento a finalità multipla, all’interno del quale, per ragioni di economia procedurale, viene contestualmente vagliata la legittimità sia dell’intervento da eseguire che del mutamento d’uso richiesto, e all’esito del quale, se del caso, viene rilasciato un unico titolo abilitativo.

La Figura 1 evidenzia, in formato grafico, come la nuova disposizione ha declinato le diverse casistiche di mutamento di destinazione d’uso semplificate sulla base dei seguenti elementi:

  • singola unità immobiliare ovvero intero immobile;
  • rilevanza urbanistica (cd. verticale)(1) ovvero irrilevanza urbanistica (cd. orizzontale)(2);
  • assenza di opere(3) ovvero esecuzione di opere(4)

1 Trattasi del mutamento di destinazione d’uso di un immobile o di una singola unità immobiliare tra categorie funzionali diverse (ad esempio tra la categoria residenziale e quella turistico-ricettiva).

2 Trattasi del mutamento di destinazione d’uso di un immobile o di una singola unità immobiliare all’interno di una stessa categoria funzionale (ad esempio, nell’ambito della categoria residenziale, il mutamento da appartamento ad alloggio per affitti brevi).

3 Si ha mutamento di destinazione d’uso senza opere quando:
(i) l’intervento non comporta la l’esecuzione di opere edilizie; ovvero
(ii) le opere da eseguire sono riconducibili agli interventi che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo di cui all’articolo 6 del Testo unico (cd. edilizia libera).

4 Si ha mutamento di destinazione d’uso con opere se le opere da eseguire sono riconducibili ad interventi:
(i) subordinati a comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA) di cui all’articolo 6-bis del Testo unico;
(ii) subordinati a permesso di costruire (PdC) di cui all’articolo 10 del Testo unico;
(iii) subordinati a segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) di cui all’articolo 22 del Testo unico;
(iv) subordinati a segnalazione certificata di inizio di attività in alternativa al permesso di costruire (SCIA Alternativa, cd. Super SCIA) di cui all’articolo 23 del Testo unico.

2.1. Il mutamento della destinazione d’uso della singola unità immobiliare e le novità del DL Salva Casa

Articolo 23-ter, commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, Testo unico
1-bis. Il mutamento della destinazione d’uso della singola unità immobiliare all’interno della stessa categoria funzionale è sempre consentito, nel rispetto delle normative di settore, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni. 1-ter. Sono, altresì, sempre ammessi il mutamento di destinazione d’uso tra le categorie funzionali di cui al comma 1, lettere a), a-bis), b) e c), di una singola unità immobiliare ubicata in immobili ricompresi nelle zone A), B) e C) di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, ovvero nelle zone equipollenti come definite dalle leggi regionali in materia, nel rispetto delle condizioni di cui al comma 1-quater e delle normative di settore e ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni. 1-quater. Per le singole unità immobiliari, il mutamento di destinazione d’uso di cui al comma 1-ter è sempre consentito, ferma restando la possibilità per gli strumenti urbanistici comunali di fissare specifiche condizioni, inclusa la finalizzazione del mutamento alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare conforme a quella prevalente nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile. Nei casi di cui al comma 1-ter, il mutamento di destinazione d’uso non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale previsto dal decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, e dalle disposizioni di legge regionale, né al vincolo della dotazione minima obbligatoria di parcheggi previsto dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150. Resta fermo, nei limiti di quanto stabilito dalla legislazione regionale, ove previsto, il pagamento del contributo richiesto per gli oneri di urbanizzazione secondaria. Per le unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate il cambio di destinazione d’uso è disciplinato dalla legislazione regionale, che prevede i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni dei commi da 1-ter a 1-quinquies si applicano anche alle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate.

D.2.1.1 Cosa si intende per “specifiche condizioni”?Le condizioni individuate dopo l’entrata in vigore del DL Salva Casa dai competenti enti territoriali con apposite determinazioni. Posto che i poteri pianificatori degli enti locali in materia di destinazioni territoriali e dei singoli edifici possono estrinsecarsi nell’imposizione di condizioni, limitazioni o divieti, si chiarisce preliminarmente che le “condizioni” menzionate all’articolo 23-ter, commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, dovranno risolversi in criteri oggettivi e non discriminatori, tali, quindi, da non imporre arbitrarie limitazioni o restrizioni. Tali condizioni, peraltro, potranno riferirsi ai soli aspetti concernenti il mutamento di destinazione d’uso e non anche alle modalità di realizzazione degli interventi nelle ipotesi di esecuzione di opere edilizie contestuale al mutamento stesso. In secondo luogo, le condizioni dovranno essere specifiche, e, quindi, non potranno essere implicitamente desunte dagli strumenti urbanistici comunali vigenti, in considerazione del fatto che quanto disposto dal novellato articolo 23- ter del Testo unico prevale sulle previsioni restrittive o impeditive negli stessi contenute. Invero, nell’ambito del quadro normativo delineato dalla riforma, la facoltà di imporre o meno specifiche condizioni costituisce un meccanismo di flessibilità che consente all’ente locale di tenere conto delle esigenze concrete di ordinato assetto del territorio. Invero, il legislatore statale esprime un chiaro favor per la semplificazione e l’agevolazione del mutamento di destinazione d’uso, nella consapevolezza, però, dell’esigenza di consentire i necessari adattamenti al modello regolatorio delineato dalla riforma al fine di poter considerare le specificità del contesto urbano di riferimento. Ne deriva che le condizioni fissate dovranno essere sorrette da adeguata motivazione, in punto, per esempio, della necessità, valutata in concreto dall’amministrazione, di salvaguardare il decoro urbano o la salute e la sicurezza pubblica. Pertanto, le “specifiche condizioni” potranno essere definite nelle forme ritenute idonee dal comune, nel rispetto del Testo unico degli enti locali, anche traendo dagli strumenti urbanistici vigenti le previsioni che si intendono far valere quali condizioni ai fini dell’attuazione delle novelle in esame. Alla luce di quanto precede, le condizioni possono rivestire una triplice finalità e, segnatamente:
possono limitare, in relazione a specifiche e motivate esigenze, l’operatività della legge statale, la quale, in loro assenza, consente senz’altro il mutamento di destinazione d’uso orizzontale (comma 1-bis) e il mutamento verticale (comma 1- ter) di una singola unità immobiliare, nel rispetto delle normative di settore; possono consentire la piena operatività della legge statale, qualora gli strumenti urbanistici comunali siano abilitati a individuare specifiche zone ove applicare la disciplina in commento anche alle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate (comma 1-quater); possono modulare l’operatività della legge statale, nell’ipotesi di apposizione della speciale condizione volta a consentire il mutamento di destinazione d’uso verticale di una singola unità immobiliare soltanto in conformità alla forma di utilizzo prevalente nell’immobile.
D.2.1.2 Cosa si intende per prevalenza funzionale?Il requisito della prevalenza funzionale può essere letto alla luce del parametro costituito dal numero assoluto delle unità immobiliari destinate ad un determinato uso all’interno dell’immobile.

Si ritiene, infatti, che la prevalenza non debba necessariamente essere accertata sulla base della superficie complessiva occupata dalle singole unità immobiliari destinate ad un determinato uso all’interno dell’immobile. Ciò in quanto rilevare, per ogni unità immobiliare, la superficie esatta, imporrebbe oneri informativi eccessivamente gravosi, soprattutto laddove si trattasse di edificio condominiale.
Resta ferma in ogni caso la possibilità per gli enti territoriali di declinare tale requisito secondo gli specifici criteri definiti nella legislazione regionale di settore.
D.2.1.3. Come è regolato il mutamento per unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate?Il cambio di destinazione d’uso delle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate è disciplinato dalla legislazione regionale.

La legislazione regionale dovrà prevedere i casi in cui gli strumenti urbanistici comunali possono individuare specifiche zone nelle quali le disposizioni di semplificazione concernenti il mutamento di destinazione d’uso verticale introdotte dal DL Salva Casa si applicano anche a tali unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate. Nell’ambito della pianificazione locale, la possibilità di disciplinare, mediante l’apposizione di specifiche condizioni, il mutamento di destinazione d’uso verticale delle unità immobiliari poste al primo piano fuori terra o seminterrate, dovrà tenere conto della tipologia di zona territoriale omogenea, in quanto limitazioni o restrizioni al mutamento si giustificano tendenzialmente all’interno delle zone A), ove più spesso possono manifestarsi esigenze legate alla necessità di preservare il decoro urbano, mentre dovrebbero affievolirsi nelle altre zone, ove generalmente non si registrano esigenze di salvaguardia di pari intensità. Quanto alla nozione di primo piano fuori terra, dovrà farsi riferimento alla voce n. 20 dell’Allegato A del Regolamento Edilizio Tipo che definisce “piano fuori terra” quale piano dell’edificio il cui livello di calpestio sia collocato in ogni sua parte ad una quota pari o superiore a quella del terreno posto in aderenza all’edificio. A titolo esemplificativo, in presenza di una unità seminterrata, il primo piano fuori terra coinciderà con il cd. piano rialzato.
D.2.1.4 Come deve essere intesa la deroga dall’assolvimento degli oneri urbanistici?Il mutamento di destinazione d’uso cd. verticale relativo ad una singola unità immobiliare di cui al comma 1-ter non è assoggettato all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale né al vincolo della dotazione minima obbligatoria di parcheggi, né al pagamento degli oneri di urbanizzazione primaria, fermo restando il pagamento di quelli di urbanizzazione secondaria.
La disposizione del comma 1-quater, secondo periodo, va intesa come norma di principio contenente un esonero dal reperimento delle aree, per cui la non assoggettabilità all’obbligo di reperimento di ulteriori aree per servizi di interesse generale opera non solo in carenza, ma anche in presenza di specifiche disposizioni della pianificazione urbanistica dettate, per esempio, nell’ambito delle Norme tecniche di attuazione (N.T.A.) dei P.R.G. vigenti, rispetto alle quali la disposizione di livello statale in commento si impone. La ratio della disposizione è quella di introdurre una semplificazione per agevolare i cambi d’uso rilevanti per singole unità immobiliari, ad esclusione di quelle rurali, giustificata dalla circostanza che nelle zone A), B) e C) di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444), il mutamento avviene tendenzialmente in un contesto già urbanizzato, ove l’incremento del carico urbanistico si presume compensato o ridimensionato. Le considerazioni appena svolte giustificano la mancata previsione circa la debenza degli oneri di urbanizzazione primaria, che sono correlati alle opere di urbanizzazione necessarie all’utilizzo degli edifici. Invero, si è ritenuto che imporre la corresponsione degli oneri di urbanizzazione primaria si risolverebbe in una sostanziale duplicazione di costi a fronte dell’unicità dei servizi già predisposti nella zona interessata (e.g. strade residenziali, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, pubblica illuminazione). Tali oneri, pertanto, nei casi di mutamento regolati dal comma 1-ter, non sono dovuti, neppure in presenza di diverse previsioni poste dalla normativa regolamentare comunale. Al riguardo, si rammenta, infatti, che, ai sensi del primo periodo del comma 3 dell’articolo 23-ter in commento, i principi dallo stesso discendenti trovano applicazione diretta e, pertanto, impongono la disapplicazione della fonte regolamentare contraria. Diversamente, ai sensi del terzo periodo del comma 1-quater, continua ad essere dovuto, ove previsto e nei limiti di quanto stabilito dalla legislazione regionale, il pagamento del contributo richiesto per gli oneri di urbanizzazione secondaria. Invero, si è ritenuto che le spese relative alle opere di urbanizzazione secondaria (e.g. asili nido e scuole materne, mercati di quartiere, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, attrezzature culturali e sanitarie) non possano automaticamente risolversi in una duplicazione di costi, in quanto funzionali alla vita di relazione degli abitanti della zona interessata. La disposizione discende dalla constatazione per la quale il mutamento d’uso, nei casi di cui al comma 1-ter, avviene, come accennato, solo tendenzialmente ad invarianza urbanistica. Sul tema, occorre ulteriormente chiarire il regime cui sono soggetti i mutamenti di destinazione d’uso orizzontali di cui al comma 1-bis in punto di debenza degli oneri di urbanizzazione. Muovendo da un’interpretazione sistematica del complesso dell’articolo 23-ter, si ricava che nelle ipotesi di cui al comma 1-bis non è dovuto il pagamento né degli oneri di urbanizzazione primaria né di quelli di urbanizzazione secondaria. In tali ipotesi, l’equivalenza del carico urbanistico viene valutata a priori dalla legislazione statale e, pertanto, il mutamento di destinazione d’uso non comporta la necessità di adeguare la dotazione esistente di aree per servizi pubblici o di uso pubblico o l’esecuzione di opere di urbanizzazione.

2.2. Le procedure per il mutamento di destinazione d’uso

L’articolo 23-ter, comma 1-quinquies, disciplina i titoli richiesti per il mutamento di destinazione d’uso nei casi in cui lo stesso sia realizzato senza opere (lettera a) ovvero con opere (lettera b).

Articolo 23-ter, comma 1-quinquies, Testo unico
1- quinquies. Ai fini di cui ai commi 1-bis e 1-ter, il mutamento di destinazione d’uso è soggetto al rilascio dei seguenti titoli:
a) nei casi di cui al primo periodo del comma 1, la segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241;
b) nei restanti casi, il titolo richiesto per l’esecuzione delle opere necessarie al mutamento di destinazione d’uso, fermo restando che, per i mutamenti accompagnati dall’esecuzione di opere riconducibili all’articolo c-bis, si procede ai sensi della lettera a).

D.2.2.1 Quale titolo è necessario per il mutamento di destinazione d’uso in base agli interventi che si intendono realizzare?

D.2.2.2 Come si procede nei casi che non rientrano nelle semplificazioni del DL Salva Casa?La disciplina relativa al mutamento dovrà rinvenirsi nella fonte di livello regionale o locale. Per i casi non rientranti nelle semplificazioni introdotte con il DL Salva Casa, resta fermo quanto previsto in generale dall’articolo 10, comma 2, del Testo unico che demanda alla legge regionale l’individuazione del titolo necessario. In particolare, in caso di mutamento di destinazione d’uso verticale di un intero immobile si evidenzia che l’intera disciplina relativa al mutamento dovrà rinvenirsi nella fonte di livello regionale o locale, senza che, in tal caso, siano previste eccezioni quanto alla disciplina dei titoli richiesti per il mutamento.

2.3.  Il rapporto tra la legislazione statale e regionale

Articolo 23-ter, comma 3, primo periodo, Testo unico
3. Le regioni adeguano la propria legislazione ai princìpi di cui al presente articolo, che trovano in ogni caso applicazione diretta, fatta salva la possibilità per le regioni medesime di prevedere livelli ulteriori di semplificazione.

D.2.3.1 Qual è il rapporto intercorrente tra legislazione statale e regionale in materia di mutamento di destinazione d’uso?È fatta salva la possibilità per le regioni di prevedere livelli ulteriori di semplificazione, anche in relazione ai titoli richiesti per il mutamento di destinazione d’uso.

2.4. Il mutamento di destinazione d’uso orizzontale di un intero immobile

Articolo 23-ter, comma 3, secondo periodo, Testo unico
3. [omissis] Salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali, il mutamento della destinazione d’uso di un intero immobile all’interno della stessa categoria funzionale è consentito subordinatamente al rilascio dei titoli di cui al comma 1-quinquies.

D.2.4.1 Cosa si intende per “intero immobile”?Per immobile deve intendersi “l’elemento minimo inventariabile che ha autonomia reddituale e funzionale, esistente su una particella nell’ambito del Catasto dei Fabbricati, ferma restando l’ipotesi di fabbricati costituiti da un’unica unità immobiliare”. Conseguentemente, ne discende che, per il caso di immobile costituito da un’unica unità immobiliare, non possono ritenersi applicabili le disposizioni di cui all’articolo 23-ter, comma 1-bis.
D.2.4.2 Cosa cambia rispetto al passato?Nulla cambia se non la disciplina dei titoli richiesti per il mutamento, che dovrà essere quella di cui al comma 1-quinquies. Si evidenzia come, in linea con l’originaria formulazione dell’articolo 23-ter, il mutamento di destinazione d’uso orizzontale di un intero immobile sia sempre possibile, salva diversa previsione della legge regionale o dagli strumenti urbanistici comunali. In tale ipotesi, l’intera disciplina relativa al mutamento dovrà rinvenirsi nella fonte di livello regionale o locale, di talché, ad esempio, potrà essere possibile, per gli strumenti urbanistici comunali, fissare, oltre che condizioni, anche limitazioni o divieti.

3 Semplificazione delle procedure finalizzate a sanare o regolarizzare situazioni di difformità edilizia parziali o relative a variazioni essenziali

3.1. Tolleranze costruttive (articolo 34-bis del Testo unico)

L’articolo 34-bis, commi 1, 1-bis e 1-ter, del Testo unico, come novellato dal DL Salva Casa, prevede la creazione di due distinti regimi giuridici in relazione alle tolleranze costruttive:

  • da un lato, è rimasta immutata la regola che riteneva non rilevanti come illecito edilizio le difformità sussistenti tra l’opera realizzata e il progetto della stessa, ove le stesse si fossero mantenute entro la percentuale del 2%. Una regola volta, in sostanza, ad introdurre margini di tolleranza rispetto a difformità che potevano essere state ingenerate, ad esempio, da possibili imprecisioni nelle rilevazioni, dalla diversa consistenza dei materiali o da adeguamenti necessari in sede di esecuzione dei lavori (comma 1);
  • dall’altro, è stata introdotta una disciplina valevole solo per gli interventi realizzati entro la data del 24 maggio 2024, caratterizzata da una progressione inversamente proporzionale delle soglie di tolleranza a seconda della superficie utile dell’unità immobiliare interessata dall’intervento (comma 1-bis).

La diversificazione del regime in ragione del dato temporale rinviene la propria ratio nella necessità di evitare che gli interventi realizzati dopo l’introduzione della nuova disciplina possano essere volontariamente eseguiti tenendo conto degli scostamenti percentuali più ampi. Il nuovo comma 1-bis, al pari della regola di cui al comma 1, opera in relazione alla singola unità immobiliare, da intendersi come l’elemento minimo inventariabile che ha autonomia reddituale e funzionale, esistente su una particella nell’ambito del Catasto dei Fabbricati, ferma restando l’ipotesi di fabbricati costituiti da un’unica unità immobiliare.

Inoltre, la limitazione temporale trova giustificazione nelle differenti tecniche progettuali e costruttive invalse nel passato; se, infatti, in ragione delle tecniche moderne la sussistenza di difformità rispetto al progetto risulta ipotesi più remota, per gli interventi eseguiti nel passato (e, quindi, per la grande maggioranza del patrimonio edilizio esistente) vale un discorso diverso, stante i metodi e le tecniche meno precisi cui si è fatto ricorso.

Articolo 34-bis, commi 1, 1-bis e 1-ter, Testo unico
1. Il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro il limite del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo.
1-bis. Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, il mancato rispetto dell’altezza, dei distacchi, della cubatura, della superficie coperta e di ogni altro parametro delle singole unità immobiliari non costituisce violazione edilizia se contenuto entro i limiti:
a) del 2 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile superiore ai 500 metri quadrati;
b) del 3 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 300 e i 500 metri quadrati;
c) del 4 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile compresa tra i 100 e i 300 metri quadrati;
d) del 5 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 100 metri quadrati;
d-bis) del 6 per cento delle misure previste nel titolo abilitativo per le unità immobiliari con superficie utile inferiore ai 60 metri quadrati.
1-ter. Ai fini del computo della superficie utile di cui al comma 1-bis, si tiene conto della sola superficie assentita con il titolo edilizio che ha abilitato la realizzazione dell’intervento, al netto di eventuali frazionamenti dell’immobile o dell’unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo. Gli scostamenti di cui al comma 1 rispetto alle misure progettuali valgono anche per le misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari.

D.3.1.1 Cosa accade nel caso di plurime difformità di cui solo alcune rientrino nelle soglie di tolleranza?Ove la difformità riguardi due distinti parametri (ad esempio, superficie coperta e altezza) e soltanto uno dei due superi la percentuale massima di scostamento indicata al comma 1-bis o al comma 1, potrà procedersi a dichiarare la tolleranza con riferimento alla difformità rientrante nella predetta percentuale, mentre occorrerà un procedimento edilizio in sanatoria per quella che superi tale soglia.
Rispetto al richiamo – tanto al comma 1-bis come al comma 1 – ad una pluralità di parametri, occorre preliminarmente evidenziare come le tipologie di difformità indicate dal legislatore non siano cumulative, ma alternative. La disposizione di cui al comma 1-bis – al pari di quella contenuta all’interno del comma 1- trova applicazione, pertanto, anche laddove ricorra anche una sola delle difformità indicate, nei limiti della soglia percentuale prevista dal legislatore.
D.3.1.2 Cosa si intende per “superficie utile”?La superficie di pavimento degli spazi di una unità immobiliare, misurata al netto di murature, pilastri, tramezzi, sguinci, vani di porte e finestre, così come definita dal regolamento edilizio tipo (RET) sancito con intesa del 20 ottobre 2016, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e i Comuni (di seguito, il “Regolamento Edilizio Tipo”).

Nel computo della superficie utile occorrerà, in ogni caso, tener conto di quanto previsto dal titolo originario che ha abilitato la realizzazione dell’intervento, senza, quindi, considerare eventuali frazionamenti dell’immobile o dell’unità immobiliare eseguiti nel corso del tempo (comma 1-ter, primo periodo). Tale regola costituisce, in sostanza, una clausola di salvaguardia, volta ad evitare che, in forza dei frazionamenti, si possa determinare l’applicazione di percentuali più elevate di tolleranza, rendendo, quindi, irrilevanti situazioni che, complessivamente considerate, potrebbero, di converso, integrare nette divergenze rispetto al progetto di impianto originario. La regola vale solo per il computo della superficie utile ai sensi del comma 1-bis, e, quindi, per gli interventi sottoposti al regime “speciale” valevole per le difformità realizzate fino alla data del 24 maggio 2024: infatti, la disposizione di cui al comma 1-ter non ha richiamato il comma 1, circoscrivendo il proprio campo applicativo ai soli interventi di cui al comma 1-bis.
D.3.1.3 Quali sono le soglie di scostamento per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024?Si riportano di seguito, a fini di maggior chiarezza, le soglie percentuali massime di scostamento rispetto alle misure indicate nel titolo abilitativo previste dal nuovo comma 1-bis per le ipotesi di interventi realizzati entro il 24 maggio 2024:
2%, per le unità immobiliari > 500 mq di superficie utile;
3%, per le unità immobiliari da ≤ 500 mq a ≥ 300 mq di superficie utile;
4%, per le unità immobiliari da < 300 mq a ≥ 100 mq di superficie utile;
5%, per le unità immobiliari da < 100 mq a ≥ 60 mq di superficie utile;
6%, per le unità immobiliari < 60 mq di superficie utile.
D.3.1.4 Come opera il regime delle tolleranze in relazione alle misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico- sanitari?La soglia applicabile sarà sempre quella del 2 per cento, sia nel caso in cui l’intervento sia stato realizzato prima del 24 maggio 2024, sia nel caso in cui si stato realizzato successivamente, atteso che la regola non ha rinviato alle tipologie di difformità ma agli scostamenti.
Pertanto, laddove la difformità rispetto al progetto riguardi le misure minime individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari, lo scostamento tollerato sarà sempre quello del comma 1 e non quello del comma 1- bis.(5) Un ulteriore aspetto riguarda il rapporto tra la disposizione di cui al comma 1-ter, secondo periodo, e le regole racchiuse all’interno dell’articolo 24, commi 5-bis, 5-ter e 5-quater del Testo unico. Infatti, il DL Salva Casa, con le modifiche introdotte in sede di conversione, ha rivisto anche le misure minime in materia di requisiti igienico-sanitari, con una regola destinata a valere fino alla definizione dei requisiti igienico-sanitari di carattere prestazionale degli edifici ai sensi dell’articolo 20-bis, comma 1-bis, del Testo unico. Al riguardo, occorre chiarire che la portata meramente ricognitiva della disposizione di cui all’articolo 34-bis, comma 1-ter, secondo periodo, non consente l’applicazione delle nuove regole ai casi di asseverazione relativi ad interventi realizzati prima della data di entrata in vigore del citato articolo 24, commi 5-bis, 5-ter e 5-quater (i.e. 28 luglio 2024). Deve, quindi, operarsi una distinzione sulla base delle misure minime in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari operanti al momento di redazione del progetto. Con particolare riferimento agli edifici esistenti: ove il progetto venga redatto dopo il 28 luglio 2024, lo stesso potrà tenere conto delle nuove misure minime di cui all’articolo 24, commi 5-bis e ss. Di conseguenza, la soglia del 2 per cento verrà computata sui nuovi parametri; ove, al contrario, il progetto sia stato redatto alla luce dei parametri previgenti al 28 luglio 2024, la difformità di quanto realizzato dovrà essere sempre rapportata alle misure minime vigenti ratione temporis.

5 In sostanza, il legislatore si è limitato a esplicitare una regola già insita nel sistema, con la conseguenza che la previsione deve ritenersi in parte qua non innovativa e, quindi, operante anche per queste difformità realizzate prima della sua entrata in vigore. La portata ricognitiva della regola può affermarsi alla luce del principio affermato nella sentenza n. 43 del 2020 della Corte Costituzionale, con cui la Corte si è pronunciata sul ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri avverso l’articolo 13 della l.r. della Sardegna n. 1 del 2019, che aveva ricondotto entro la cornice dettata dalla normativa statale in materia di “cosiddetta tolleranza di cantiere” una norma della Regione Sardegna (articolo 7, comma 1-bis, della legge della Regione autonoma della Sardegna 11 ottobre 1985, n. 23), sulla disciplina delle misure legali minime, individuate dalle disposizioni in materia di distanze e di requisiti igienico-sanitari.

D.3.1.5 Come si coordina il regime delle tolleranze costruttive con l’autorizzazione paesaggistica?Gli interventi ricadenti nel regime delle tolleranze di cui al comma 1-bis non necessitano di autorizzazione paesaggistica, ove integrino interventi e opere ricomprese nell’allegato “A” del citato d.P.R. n. 31 del 2017 e nell’articolo 4 del medesimo articolato normativo. Infatti, la disposizione di cui all’articolo 3, comma 1, del DL Salva Casa ha previsto che gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024 di cui all’articolo 34-bis, comma 1-bis, del Testo unico, sono soggetti al regime di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2017, n. 31.

3.2. Tolleranze esecutive (articolo 34-bis del Testo unico)

L’articolo 34-bis, commi 2 e 2-bis, come novellati dal DL Salva Casa, prevedono un doppio regime anche in materia di tolleranze esecutive:

  • da un lato, è rimasta immutata la previsione di cui al comma 2 relativa alle fattispecie che integrano le tolleranze esecutive;
  • dall’altro, è stata introdotta la previsione di cui al comma 2-bis, che ha ampliato il novero delle tolleranze esecutive per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024. Tale ampliamento è comunque vincolato al rispetto delle condizioni di cui all’articolo 34-bis, comma 2.

Articolo 34-bis, commi 2 e 2-bis, Testo unico
2. Fuori dai casi di cui al comma 1, limitatamente agli immobili non sottoposti a tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, costituiscono inoltre tolleranze esecutive le irregolarità geometriche e le modifiche alle finiture degli edifici di minima entità, nonché la diversa collocazione di impianti e opere interne, eseguite durante i lavori per l’attuazione di titoli abilitativi edilizi, a condizione che non comportino violazione della disciplina urbanistica ed edilizia e non pregiudichino l’agibilità dell’immobile.

2-bis. Per gli interventi realizzati entro il 24 maggio 2024, costituiscono inoltre tolleranze esecutive ai sensi e nel rispetto delle condizioni di cui al comma 2 il minore dimensionamento dell’edificio, la mancata realizzazione di elementi architettonici non strutturali, le irregolarità esecutive di muri esterni ed interni e la difforme ubicazione delle aperture interne, la difforme esecuzione di opere rientranti nella nozione di manutenzione ordinaria, gli errori progettuali corretti in cantiere e gli errori materiali di rappresentazione progettuale delle opere.

D.3.2.1 Come si coordina il regime delle tolleranze esecutive in caso di immobile vincolato?Se l’immobile è sottoposto a tutela ai sensi del decreto legislativo n. 42 del 2004 non potrà operare questo specifico regime delle tolleranze, dovendosi provvedere ad eventuali sanatorie mediante gli ordinari strumenti previsti dal Testo unico. Del resto, conformemente a questa impostazione, la disposizione di cui all’articolo 3, comma 1, del DL Salva Casa, ha disposto, come ricordato in precedenza, l’applicazione del regime di cui all’articolo 2, comma 1, del d.P.R. n. 31 del 2017 alle sole tolleranze costruttive di cui al comma 1-bis dell’articolo 34-bis, senza, quindi, richiamare il comma 2-bis del medesimo articolo.

3.3. Sulle disposizioni comuni alle tolleranze costruttive e esecutive

Trattandosi di irregolarità non costituenti illecito edilizio, le tolleranze – sia costruttive che esecutive – non sono oggetto di un apposito procedimento di sanatoria, né tantomeno di condono.

La disposizione di cui all’articolo 34-bis, comma 3, disciplina gli adempimenti a carico del tecnico abilitato e trova applicazione per tutte le ipotesi disciplinate dall’articolo. In particolare, si prevede che il tecnico si limiti a dichiarare la sussistenza dei presupposti di tali tolleranze nella modulistica relativa a nuove istanze, comunicazioni e segnalazioni edilizie ovvero con apposita dichiarazione asseverata allegata agli atti aventi per oggetto trasferimento o costituzione, ovvero scioglimento della comunione, di diritti reali. Tale dichiarazione è funzionale ad attestare lo stato legittimo dell’immobile, e, quindi, ad escludere la sussistenza di irregolarità che possano precludere il rilascio o la formazione di un nuovo titolo edilizio ovvero ripercuotersi sui negozi giuridici indicati nella disposizione. La disposizione in esame deve, quindi, leggersi in relazione alle nuove regole in tema di stato legittimo dell’immobile, su cui si rinvia a precedente sezione di questo documento.

Inoltre, una disposizione di particolare rilievo è quella contenuta all’interno del comma 3-bis dell’articolo 34-bis, la quale introduce una verifica in ordine all’incidenza sismica delle difformità rientranti in tolleranza.

In ultimo, l’articolo 34-bis, al comma 3-ter, precisa che l’applicazione delle disposizioni nel medesimo contenute non può comportare limitazione dei diritti dei terzi. La formula riprende quanto previsto dall’articolo 11, comma 3, del Testo unico, ove è chiarito che il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazioni dei diritti dei terzi. Da tale richiamo può ricavarsi l’applicazione anche alla disciplina relativa alle tolleranze del principio secondo cui l’attività del tecnico dovrà limitarsi alla verifica del rispetto delle disposizioni pubblicistiche in punto di rispetto della normativa urbanistica ed edilizia, prescindendo, quindi, dalla disamina di aspetti privatistici.

D 3.3.1 Come si prova l’avvenuta realizzazione dell’intervento?Mediante la comunicazione di fine lavori (che, ovviamente integrerà una chiara evidenza della data di ultimazione dell’opera) ovvero nel caso in cui la dichiarazione di fine lavori non sia stata presentata in considerazione del titolo abilitante o della tipologia di intervento, la prova dell’epoca di realizzazione dell’intervento potrà essere fornita ricorrendo alla documentazione indicata dall’articolo 9-bis, comma 1-bis, del Testo unico. Si segnala che risulta a carico del privato la prova dell’avvenuta realizzazione dell’intervento entro la data del 24 maggio 2024, trattandosi di un presupposto per accedere ad un regime amministrativo diverso da quello ordinario, e operando, quindi, i tradizionali principi affermati dalla giurisprudenza amministrativa(6)
D3.3.2 Come opera il regime delle tolleranze in relazione alle unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche?Per le unità immobiliari ubicate nelle zone sismiche che non siano classificate a bassa sismicità il tecnico dovrà attestare che gli interventi rientranti nelle soglie di tolleranza rispettino le prescrizioni delle norme per le costruzioni in zone sismiche poste dal Testo unico. Trattasi di apposito procedimento di verifica che è presupposto per la dichiarazione di cui all’articolo 34-bis, comma 3. L’attestazione deve essere riferita al rispetto delle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della realizzazione dell’intervento, fermo restando quanto previsto dall’articolo 36-bis, comma 2, con riferimento ai poteri conformativi attribuiti agli sportelli unici edilizi, che saranno oggetto di specifica trattazione in una sezione successiva di questo documento. Inoltre, l’attestazione deve essere corredata della documentazione tecnica sull’intervento predisposta sulla base del contenuto minimo richiesto dall’articolo 93, comma 3, del Testo unico. L’attestazione – unitamente alla documentazione – va, poi, inviata allo sportello unico per l’acquisizione “postuma” dell’autorizzazione sismica dell’ufficio tecnico regionale, oppure per l’esercizio delle modalità di controllo previste dalle Regioni ai sensi dell’articolo 94-bis, comma 5, del Testo unico per le difformità costituenti interventi di minore rilevanza o privi di rilevanza sismica. La disposizione è, in sostanza, funzionale a verificare se gli interventi rientranti nell’ambito applicativo delle c.d. tolleranze siano, comunque, in linea con le prescrizioni previste per l’edificazione delle costruzioni in area sismica. Tale disposizione regolamenta un procedimento autonomo e speciale, differente da quelli previsti nella sezione II del capo IV della parte II del Testo unico. Infatti, la disposizione è relativa ad interventi già realizzati e, come già spiegato, è semplicemente finalizzata ad effettuare le verifiche che assicurino il rispetto delle prescrizioni in materia sismica e, quindi, l’assenza di rischi per la sicurezza e l’incolumità derivanti dalle opere rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 34-bis. Il rinvio operato dalla disposizione alle previsioni contenute nel capo IV non può, quindi, intendersi come integrale sottoposizione della specifica disciplina dettata dall’articolo 34-bis, comma 3-bis, alle regole contenute nel medesimo capo IV della parte II del Testo unico. Ciò in quanto si è rinviato a specifiche disposizioni contenute in tale capo e per precise finalità funzionali al procedimento di regolarizzazione previsto. In particolare, il legislatore ha rinviato:

a) all’articolo 83, al solo fine di individuare il perimetro applicativo dell’istituto, escludendo, tra l’altro, le zone a bassa sismicità;
b) alle prescrizioni di cui alla sezione I del capo IV, al solo fine di rinviare alle prescrizioni tecniche valevoli nelle zone sismiche, riferite, tra l’altro, alle sole prescrizioni esistenti al momento della realizzazione dell’intervento;
c) all’articolo 93, comma 3, al solo fine di indicare il contenuto della documentazione tecnica da allegare;
d) agli articoli 94 e 94-bis, al solo fine di consentire quelle verifiche sul rispetto delle prescrizioni sismiche da parte degli enti competenti.

La specificità del procedimento e l’assenza di un integrale richiamo alle previsioni racchiuse nel capo IV conduce ad escludere che, in relazione al procedimento di cui all’art. 34-bis, comma 3-bis, possa venire in rilievo una violazione delle prescrizioni del capo IV, che è presupposto per l’applicazione delle regole di cui alla sezione III, tra cui quelle contenute nell’articolo 96. Pertanto, a titolo esemplificativo, deve escludersi che l’applicazione del procedimento di cui all’articolo 34-bis, comma 3-bis, comporti la trasmissione del processo verbale di cui all’articolo 96, comma 2, del Testo unico. In ragione di quanto esposto, deve, altresì, escludersi che il processo verbale di cui all’articolo 96, comma 2, debba essere compilato al fine di segnalare dichiarazioni mendaci dei tecnici che hanno redatto la relazione tecnica a struttura ultimata e/o il collaudo statico. Qualora il tecnico o gli altri soggetti di cui all’articolo 103 del Testo unico individuassero dichiarazioni mendaci, dovranno darne comunicazioni all’autorità giudiziaria non ai sensi e con le forme di cui al citato articolo 96, ma ai sensi delle generali disposizioni previste dall’ordinamento per la repressione dei fatti di reato. Nelle zone a bassa sismicità, l’eventuale certificazione di idoneità statica prevista dalla legislazione regionale sarà invece trasmessa al SUE, che provvederà all’acquisizione della stessa ai fini dell’archiviazione nel fascicolo edilizio.

6 (Consiglio di Stato, Sez. VI, 5 marzo 2024, n. 2165).

3.4. Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo (nuovo articolo 34-ter del Testo unico

Il nuovo articolo 34-ter, rubricato “Casi particolari di interventi eseguiti in parziale difformità dal titolo” contempla regole nuove che ampliano la possibilità di regolarizzazione delle stesse.

3.4.1 La regolarizzazione degli interventi realizzati come varianti prima della Legge n. 10 del 1977.

La disposizione è funzionale a regolare le varianti realizzate in sede esecutiva relative ad un titolo rilasciato in data antecedente all’entrata in vigore della legge n. 10 del 1977. Deve, infatti, considerarsi che prima dell’entrata in vigore di tale legge non era disciplinata l’ipotesi di parziale difformità dal titolo, né erano regolate le varianti in corso d’opera, che, quindi, non venivano presentate. La nuova previsione mira, quindi, a farsi carico di questa situazione, che interessa diversi immobili, stante il carattere risalente del patrimonio edilizio italiano.

Gli interventi ricompresi nell’ambito applicativo del comma 1 sono regolarizzabili con le modalità di cui ai commi 2 e 3, ma devono essere “sentite le amministrazioni competenti secondo la normativa di settore”.

Articolo 34-ter, commi 1, 2 e 3 Testo unico
1. Gli interventi realizzati come varianti in corso d’opera che costituiscono parziale difformità dal titolo rilasciato prima della data di entrata in vigore della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e che non sono riconducibili ai casi di cui all’articolo 34-bis possono essere regolarizzati con le modalità di cui ai commi 2 e 3, sentite le amministrazioni competenti secondo la normativa di settore. 2. L’epoca di realizzazione delle varianti di cui al comma 1 è provata mediante la documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo. Nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione della variante mediante la documentazione indicata nel primo periodo, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

D3.4.1.1 Qual è l’epoca della realizzazione degli interventi rilevante ai fini della semplificazione?Gli interventi realizzati come varianti che costituiscono parziali difformità devono essere stati eseguiti nell’ambito degli interventi riconducibili ad un titolo rilasciato prima dell’entrata in vigore della legge n. 10 del 1977. Da ciò consegue che gli stessi possono essere stati realizzati anche in data successiva al 30 gennaio 1977, purché entro i limiti di validità temporale del titolo che permettono di caratterizzare gli interventi come variante.

Pertanto, ai fini dell’accertamento dei presupposti per l’applicabilità del regime prefigurato dall’articolo 34-ter, occorrerà indicare l’epoca di realizzazione della variante, al fine di poterla ricondurre alla validità temporale del titolo abilitativo rilasciato ante ’77 cui essa si riferisce.
D3.4.1.2 Come devono qualificarsi gli interventi ai fini della semplificazione?Gli interventi realizzati come varianti, da un lato, devono costituire parziali difformità dal titolo e, dall’altro, non possono qualificarsi quali tolleranze. In relazione a queste ultime, infatti, trova applicazione la disciplina di cui all’articolo 34-bis.

A tal fine, un utile ausilio è certamente offerto dalla giurisprudenza formatasi in ordine alla previsione di cui all’articolo 34 del Testo unico, la quale ha chiarito che la parziale difformità si configura quando l’intervento, sebbene contemplato dal titolo abilitativo, risulti realizzato secondo modalità diverse da quelle previste a livello progettuale, e, quindi, quando le modificazioni incidano su elementi particolari e non essenziali della costruzione e si concretizzino in divergenze qualitative e quantitative non incidenti sulle strutture essenziali dell’opera (Consiglio di Stato, Sez. VI, 8 ottobre 2024, n. 8072). Inoltre, va ricordato che tale valutazione deve essere effettuata sulla base di un esame complessivo e non parcellizzato delle singole difformità, non potendosi dunque ammettere una qualificazione di ognuna di esse come difformità solo parziale dell’immobile assentito rispetto a quello realizzato (Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 ottobre 2020, n. 6432).
D3.4.1.3 Quali sono i titoli che possono essere interessati dalla semplificazione?I titoli che possono essere interessati dalla semplificazione sono: licenza edilizia di cui alla legge n. 1150 del1942; nonché ogni altro titolo, autorizzazione, nulla osta comunque denominato rilasciato a fini edilizi anteriormente alla suddetta legge n. 1150 del 1942, come accaduto spesso in base ai Regolamenti edilizi comunali di molte grandi città italiane.
D3.4.1.4 Qual è il rapporto con le altre normative di settore?La procedura di regolarizzazione di cui ai commi 2 e 3 riguarda esclusivamente gli aspetti edilizi. Nei casi in cui l’intervento sia stato effettuato in area sottoposta ad altri regimi – ad esempio, sismico o paesaggistico – sarà, comunque, necessario coinvolgere le altre Autorità competenti per ottenere le prescritte autorizzazioni, nulla osta o atti di assenso comunque denominati.
D.3.4.1.5 Come si prova l’epoca di realizzazione delle varianti?La prova dell’epoca di realizzazione delle varianti può essere fornita: in via generale, mediante la documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo, del Testo unico; nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione della variante mediante la documentazione sopra indicata, mediante attestazione della data di realizzazione da parte del tecnico incaricato con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. Il tecnico incaricato potrà limitarsi ad attestare, più in generale, l’epoca di realizzazione della variante, come desumibile da un’interpretazione sistematica che tiene conto del combinato disposto dell’articolo 34-ter, primo periodo (ove si fa riferimento all’ “epoca di realizzazione”) e secondo periodo (ove si fa riferimento alla “data di realizzazione”). Occorre, altresì, chiarire che, trattandosi di una parziale difformità occorrerà allegare all’istanza il titolo rispetto al quale si è verificata in sede esecutiva una parziale difformità. E ciò al fine di consentite all’Amministrazione di poter operare quella verifica sopra indicata in ordine alla ricorrenza di una difformità parziale e non totale.
D3.4.1.6 In che misura deve essere pagata la sanzione a titolo di oblazione?La sanzione è quella prevista dall’articolo 36-bis, comma 5, lettera b), prima parte, e sarà, pertanto, pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a 1.032 euro e non superiore a 10.328 euro.

Il rinvio alla lettera b), prima parte, si desume dalle seguenti circostanze: l’individuazione della sanzione di cui al comma 5, lettera b) (anziché di quella di cui alla lettera a) si giustifica alla luce della ratio della disposizione, che risponde ad esigenze di agevolazione e tende a valorizzare, in luogo del titolo cui si correla la variante, il titolo richiesto per la regolarizzazione (SCIA);l’individuazione della sanzione esclusivamente a quella di cui alla prima parte si spiega alla luce del fatto che tra i presupposti della regolarizzazione in esame non è richiesta la verifica della conformità dell’intervento alla disciplina edilizia e urbanistica (come meglio illustrato alla sezione D.3.4.1.7). In relazione alla quantificazione della sanzione da applicare in concreto da parte dei competenti uffici comunali, si rinvia alla sezione D3.5.6.1. Si ricorda che per gli interventi eseguiti in assenza o difformità dall’autorizzazione paesaggistica resta ferma la sanzione di cui all’articolo 36-bis, comma 5-bis.
D.3.4.1.7 È richiesta la doppia conformità urbanistica e/o edilizia?Ai fini del perfezionamento della SCIA in sanatoria non è richiesta la sussistenza della doppia conformità, rigida o semplificata, di cui agli articoli 36 e 36-bis del Testo unico. Il rinvio operato all’articolo 36-bis, commi 4 e 6, è volto esclusivamente a regolare aspetti di natura procedurale e non può, pertanto, estendersi alle disposizioni che regolano la verifica di conformità ivi disciplinata. In particolare, si conferma:
– l’applicazione della procedura relativa agli interventi realizzati in zone vincolate sotto il profilo paesaggistico;
– l’operatività dell’istituto del silenzio assenso.

3.4.2 La regolarizzazione di cui all’articolo 34-ter, comma 4

L’articolo 34-ter, comma 4, del Testo unico ha inteso valorizzare, a fini edilizi, il certificato di abitabilità o agibilità che, secondo la tradizionale giurisprudenza, non assume valenza sul piano edilizio(7).

Articolo 34-ter, comma 4, Testo unico

4. Le parziali difformità, realizzate durante l’esecuzione dei lavori oggetto di un titolo abilitativo, accertate all’esito di sopralluogo o ispezione dai funzionari incaricati di effettuare verifiche di conformità edilizia, rispetto alle quali non sia seguìto un ordine di demolizione o di riduzione in pristino e sia stata rilasciata la certificazione di abitabilità o di agibilità nelle forme previste dalla legge, non annullabile ai sensi dell’articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, sono soggette, in deroga a quanto previsto dall’articolo 34, alla disciplina delle tolleranze costruttive di cui all’articolo 34-bis.

D3.4.2.1 È necessario che il titolo sia stato rilasciato in data antecedente all’entrata in vigore della legge 10/77?No, il titolo può essere stato rilasciato anche in data successiva. Rispetto all’ipotesi prevista dai precedenti tre commi, in questo caso non è riprodotto il presupposto relativo al rilascio del titolo in data antecedente all’entrata in vigore della legge n. 10 del 1977; di conseguenza, questa specifica ipotesi di regolarizzazione opera anche per interventi realizzati durante l’esecuzione dei lavori oggetto di titolo abilitativo rilasciato successivamente all’entrata in vigore della predetta legge n. 10 del 1977, ricorrendo gli altri presupposti stabiliti dalla disposizione.
D3.4.2.2 In che modo può ritenersi accertata la sussistenza di parziali difformità in sede di sopralluogo o ispezione?È sufficiente che gli accertamenti in sede di sopralluogo o ispezione si siano limitati ad una generica o generale constatazione sulle difformità. Sono ricomprese le varie tipologie di sopralluogo o ispezione previste, nel corso del tempo, dall’ordinamento, purché queste siano state dirette ad un accertamento anche di carattere edilizio. Con riferimento alle ipotesi più risalenti, può farsi l’esempio del rilascio del certificato di abitabilità da parte del Sindaco previo sopralluogo dell’ufficiale sanitario o dell’ingegnere delegato, che era diretto a riscontrare la conformità dell’opera, la sussistenza di muri prosciugati e l’assenza di causa di insalubrità (articolo 221 del R.D. n. 1265 del 1934). Si tratta di tipologie di accertamenti che sono stati molto frequenti nella prassi, stante la lunga vigenza di tale disposizione, abrogata solo con il D.P.R. n. 425 del 1994, il quale ha introdotto un meccanismo di silenzio assenso che, di converso, esclude la possibilità di applicare la regolarizzazione di cui all’articolo 34-ter, comma 4, in esame, ai certificati di agibilità/abitabilità formatisi con quel meccanismo, difettando in tali casi un accertamento da parte di un tecnico pubblico. Inoltre, occorre che tali accertamenti abbiano constatato la sussistenza di parziali difformità. In relazione al contenuto di tale accertamento occorre, poi, considerare come i verbali redatti in passato fossero, molto spesso, privi di una puntuale analisi di conformità edilizia, anche in considerazione delle tecniche utilizzate all’epoca. Alla luce di ciò, ipotizzare l’applicazione della disposizione in esame ai soli casi in cui l’accertamento sia stato effettuato in modo particolarmente rigoroso significherebbe restringerne notevolmente il campo di applicazione, nonché deprivare la ratio della regola, che è volta a valorizzare l’affidamento riposto dal cittadino sulla base del rilascio di un certificato di agibilità/abitabilità redatto all’esito di un sopralluogo appositamente finalizzato anche alle verifiche edilizie e maturato anche in considerazione della mancata adozione di successivi provvedimenti repressivi. Pertanto, si ritiene che anche ove tali accertamenti si siano limitati ad una generica o generale constatazione sulle difformità (effettuata anche mediante la mera apposizione di rilievi rappresentativi delle stesse sul progetto, come spesso riscontrato nella prassi) possa, comunque, trovare applicazione la disposizione in esame. Inoltre, occorre che il certificato di agibilità o abitabilità – rilasciato all’esito del procedimento sopra indicato – non sia suscettibile di annullamento in autotutela ex art. 21-nonies della legge n. 241 del 1990 (con conseguente necessità di verifica di tutti i presupposti di tale disposizione). Va ulteriormente chiarito che, ai fini dell’operatività della disposizione, non può ritenersi sufficiente la circostanza che il certificato riporti la sussistenza di difformità edilizie, le quali devono essere, invece, accertate – nei termini sopra indicati – nei verbali di sopralluogo o ispezione. In ogni caso, non si ritiene indispensabile che il certificato richiami il sopralluogo o l’ispezione, nei casi in cui dalla documentazione relativa al procedimento possa, comunque, evincersi che il certificato sia stato redatto tenendo conto dell’esito di tale accertamento. Si pensi ai casi di certificati rilasciati ai sensi dell’articolo 221 del R.D. n. 1265 del 1934, che necessariamente presuppongono l’avvenuta ispezione, con la conseguenza che l’eventuale verbale antecedente a tale certificato sarà di per sé prova del preventivo accertamento.

7 La diversa affermazione che si legge nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 24 settembre 2024, n. 7740, costituisce, invero, una statuizione isolata nel panorama della giurisprudenza amministrativa, con la conseguenza che la disposizione in esame non può ritenersi meramente ricognitiva.

D3.4.2.4 Qual è il rapporto con il regime delle tolleranze?La parziale difformità in esame non dovrà essere oggetto di un procedimento amministrativo di sanatoria, applicandosi il regime delle tolleranze di cui all’articolo 34-bis. Di conseguenza troveranno applicazione in questo caso le regole in precedenza illustrate, ivi incluse quelle in materia di unità immobiliari ricomprese in zona sismica. Di converso, il regime paesaggistico dell’intervento sarà regolato dalle disposizioni ordinarie, non trovando applicazione la deroga di cui all’articolo 3, comma 1, del DL Salva Casa, esclusivamente riferibile alle tolleranze costruttive ante 24 maggio 2024.

3.5 Superamento della cd. Doppia conformità, limitatamente alle parziali difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 34, alle ipotesi di assenza o difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 37, nonché alle variazioni essenziali (nuovo articolo 36-bis del testo unico)

3.5.1 Fattispecie ricadenti nel nuovo accertamento di conformità di cui all’articolo 36-bis

Il nuovo articolo 36-bis del Testo unico rappresenta una delle novità più significative della riforma apportata dal DL Salva Casa, superando il meccanismo di doppia conformità per alcune tipologie di interventi e prevedendo procedimenti di verifica differenti da quelli sin qui predisposti dal legislatore.

La legislazione statale ha, in sostanza, fissato alcuni limiti al requisito della doppia conformità, prevedendo per le ipotesi sopra indicate che l’intervento debba risultare conforme ai requisiti prescritti dalla disciplina edilizia vigente al momento della realizzazione e alla disciplina urbanistica vigente al momento della presentazione della domanda. Nel primo tipo rientrano, in sostanza, le norme tecniche sulle costruzioni, i regolamenti edilizi e le altre regole aventi incidenza sull’attività edilizia, compresa la normativa antisismica (che non può ritenersi afferente alla disciplina urbanistica), mentre nel secondo la normativa urbanistica, compresi gli strumenti urbanistici comunali.

La disposizione di cui al comma 1 ricomprende, quindi, nel nuovo regime:

  1. le parziali difformità dal permesso o dalla SCIA nei casi di cui all’articolo 34: rispetto a tale fattispecie, dovrà farsi riferimento al concetto di parziale difformità;
  2. l’assenza o la difformità dell’intervento rispetto alla SCIA nei casi di cui all’articolo 37, che concerne i casi di assenza o difformità dalla SCIA ricompresi nella disposizione di cui all’articolo 37, e, quindi, i casi che erano originariamente disciplinati dall’articolo 37, comma 4, che è stato contestualmente abrogato;
  3. le variazioni essenziali di cui all’articolo 32(8).

8 A fini di completezza, con particolare riferimento alle variazioni essenziali, appare opportuno segnalare che il legislatore sia intervenuto anche sul comma 3 dell’articolo 32 del Testo unico. È stato confermato il primo periodo, il quale prevede che gli interventi costituenti variazioni essenziali effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico, ambientale e idrogeologico, nonché su immobili ricadenti sui parchi o in aree protette nazionali e regionali, sono considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31 e 44 del Testo unico. È invece venuta meno la regola che assimilava a variazioni essenziali tutti gli altri interventi realizzati sugli immobili vincolati: pertanto, a seguito dell’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge salva-casa, tali interventi non potranno automaticamente essere considerati variazioni essenziali, ma dovranno essere sottoposti alla disciplina valevole in relazione alla specifica tipologia di intervento.

D3.5.1.1 Quando è attivato il procedimento nel caso di variazioni essenziali?Alla luce di quanto disposto dall’articolo 31, comma 2 del Testo unico, la richiesta di sanatoria potrà essere presentata entro il termine previsto dall’articolo 31, comma 3, comprese le eventuali proroghe, previste dall’ultimo periodo del medesimo comma.

3.5.2 Il procedimento di sanatoria e l’attività di conformazione

Il procedimento in sanatoria per le fattispecie soggette alla nuova disciplina della doppia conformità “semplificata” introduce rilevanti novità.

Merita particolare attenzione la possibilità di ottenere la c.d. sanatoria con opere. In particolare, la disposizione del nuovo articolo 36-bis, comma 2, attribuisce poteri conformativi agli uffici comunali che possono essere esercitati sia in caso di richiesta di permesso di costruire in sanatoria che in caso di SCIA in sanatoria, condizionando, in quest’ultimo caso, la formazione del titolo. Si prevede, in particolare, che lo sportello unico possa condizionare il titolo:

  1. alla realizzazione, indicata d’ufficio, anche su proposta del tecnico abilitato nell’ambito della presentazione dell’istanza, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza;
  2. alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi dell’articolo 36-bis e che precluderebbero il rilascio o la formazione del titolo.

Nel primo caso, si è, in sostanza, dinanzi a difformità che non consentono di accertare la conformità dell’opera sotto il profilo edilizio, avendo, quindi, riguardo all’epoca di realizzazione del manufatto. Si tratta di una situazione che non viene considerata ex se preclusiva all’ottenimento del titolo, essendo, quindi, possibile eseguire interventi che consentano di allineare la costruzione a tale normativa.

La seconda ipotesi consente, invece, di scindere gli interventi, richiedendo la sanatoria per le opere rientranti nei presupposti di legge e rimuovendo opere non sanabili. Tale regola opera sia per le difformità edilizie che per quelle urbanistiche. Pertanto, la rimozione potrà interessare sia opere non conformi alla normativa tecnica che opere non conformi alla disciplina urbanistica, consentendo di sanare rimanenti interventi rientranti invece nella sanatoria.

Articolo 36-bis, comma 2, Testo unico 2.
Il permesso presentato ai sensi del comma 1 può essere rilasciato dallo sportello unico per l’edilizia di cui all’articolo 5, comma 4-bis, subordinatamente alla preventiva attuazione, entro il termine assegnato dallo sportello unico, degli interventi di cui al secondo periodo del presente comma. In sede di esame delle richieste di permesso in sanatoria lo sportello unico può condizionare il rilascio del provvedimento alla realizzazione, da parte del richiedente, degli interventi edilizi, anche strutturali, necessari per assicurare l’osservanza della normativa tecnica di settore relativa ai requisiti di sicurezza e alla rimozione delle opere che non possono essere sanate ai sensi del presente articolo. Per le segnalazioni certificate di inizio attività presentate ai sensi del comma 1, lo sportello unico individua tra gli interventi di cui al secondo periodo del presente comma le misure da prescrivere ai sensi dell’articolo 19, comma 3, secondo, terzo e quarto periodo, della legge 7 agosto 1990, n. 241, che costituiscono condizioni per la formazione del titolo.

D3.5.2.1 È possibile presentare, unitamente all’istanza di sanatoria, ulteriori istanze ad essa connesse?Si. Si consideri, ad esempio, il caso di sanatoria di un intervento a cui sia connessa un’istanza di mutamento di destinazione d’uso ex articolo 23-ter, condizionata alla sanatoria. Anche in questo caso l’istanza potrà essere unitaria e presentata allo Sportello unico per le (pur diverse) valutazioni che occorrono per ritenere l’intervento suscettibile di sanatoria e per assentire, altresì, il cambio di destinazione d’uso. In sostanza, in un caso come quello in esame potrà presentarsi un’unica istanza e l’Amministrazione verificherà nel medesimo procedimento i presupposti per la sanatoria delle opere e il cambio di destinazione d’uso condizionato al previo ottenimento dei titoli in sanatoria.
D3.5.2.2 Come si procede nel caso in cui siano richiesti autorizzazioni o atti di assenso da parte di altre amministrazioni per gli interventi edilizi prescritti?Trattandosi di interventi condizionanti il rilascio del titolo o la formazione dello stesso, gli stessi dovranno essere acquisiti dallo Sportello unico edilizia prima del formale rilascio del permesso di costruire in sanatoria; in caso di SCIA in sanatoria la realizzazione è presupposto per la formazione del titolo. In ogni caso, l’istanza relativo al titolo in sanatoria – anche per la parte che presuppone il rilascio di autorizzazioni o atti di assenso di altre amministrazioni – potrà essere presentata direttamente allo Sportello unico edilizia, che ai sensi dell’articolo 36-bis procederà poi a trasmettere la documentazione alle competenti amministrazioni. Si pensi al caso dell’autorizzazione sismica o dell’autorizzazione paesaggistica. Nel primo caso, il Comune dovrà inviare la documentazione all’ufficio regionale competente  per  la  verifica  sismica;  nel  secondo  alla  Soprintendenza territorialmente competente. In entrambi i casi sono possibili, in ogni caso, richieste di integrazioni documentali, ove necessarie. Si ribadisce sul tema che anche per la parte relativa all’acquisizione dell’accertamento della compatibilità paesaggistica in sanatoria la disciplina applicabile è quella dell’articolo 36-bis, comma 4 ( e non quella dell’articolo 146, comma 4 o 167, commi 4 e 5, del Codice dei beni culturali di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42), la quale specifica che spetta al Comune acquisire il parere vincolante all’autorità preposta alla gestione del vincolo anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati. Il medesimo articolo 36-bis, comma 4 individua i tempi per l’espressione del parere della soprintendenza e per la determinazione dell’autorità competente, specificando che sono soggetti a silenzio-assenso.

3.5.3 La dichiarazione del professionista abilitato

La richiesta di permesso di costruire e la SCIA in sanatoria devono essere accompagnate dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesta le necessarie conformità. Per la conformità edilizia, la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell’intervento.

Per comprovare la conformità alla normativa tecnica, antisismica e, in generale, a normative di settore incidenti sulla costruzione in base alla normativa vigente al momento della realizzazione dell’intervento si pone la necessità di provare l’epoca di realizzazione.

A tal fine, il legislatore ha operato un rinvio a quanto previsto in materia di stato legittimo degli immobili, prevedendo che l’epoca di realizzazione dell’intervento è provata mediante la documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo.

Articolo 36-bis, comma 3, Testo unico
3. La richiesta del permesso di costruire o la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono accompagnate dalla dichiarazione del professionista abilitato che attesta le necessarie conformità. Per la conformità edilizia, la dichiarazione è resa con riferimento alle norme tecniche vigenti al momento della realizzazione dell’intervento. L’epoca di realizzazione dell’intervento è provata mediante la documentazione di cui all’articolo S-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo. Nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione dell’intervento mediante la documentazione indicata nel terzo periodo del presente comma, il tecnico incaricato attesta la data di realizzazione con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. In caso di dichiarazione falsa o mendace si applicano le sanzioni penali, comprese quelle previste dal capo VI del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445

D.3.5.3.1 Come si prova l’epoca di realizzazione degli interventi?La prova dell’epoca di realizzazione delle varianti può essere fornita: in via generale, mediante la documentazione di cui all’articolo 9-bis, comma 1-bis, quarto e quinto periodo, del Testo unico; nei casi in cui sia impossibile accertare l’epoca di realizzazione della variante mediante la documentazione sopra indicata, mediante attestazione della data di realizzazione da parte del tecnico incaricato con propria dichiarazione e sotto la propria responsabilità. Il tecnico incaricato potrà limitarsi ad attestare, più in generale, l’epoca di realizzazione della variante, come desumibile da un’interpretazione sistematica che tiene conto del combinato disposto dell’articolo 36-bis, comma 3, secondo periodo (ove si fa riferimento all’ “epoca di realizzazione”) e terzo periodo (ove si fa riferimento alla “data di realizzazione”).

3.5.4 La verifica del rispetto della normativa antisismica.

La disposizione di cui all’articolo 36-bis, comma 3-bis, ha richiamato il meccanismo di verifica del rispetto delle prescrizioni antisismiche di cui all’articolo 34-bis, comma 3-bis, in precedenza esaminato e a cui, pertanto, si rinvia.

In questa sede va solo ribadito che tale verifica è imposta dal Comune ai sensi del comma 2 dell’articolo 36-bis in esame, quale prescrizione condizionante il rilascio del titolo o la formazione della segnalazione certificata di inizio attività.

Articolo 36-bis, comma 3-bis, Testo unico
3-bis. Per gli immobili ubicati nelle zone sismiche di cui all’articolo 83, ad eccezione di quelle a bassa sismicità all’uopo indicate nei decreti di cui al medesimo articolo 83, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 34-bis, comma 3-bis.

3.5.5 Il sub-procedimento per la verifica di compatibilità paesaggistica.

La richiesta di valutazione di compatibilità paesaggistica deve essere inoltrata all’autorità preposta alla gestione del vincolo da parte del dirigente o del responsabile dell’ufficio comunale investito dell’istanza ex articolo 36-bis. Ciò significa che non occorre per il privato procedere ad istanze preventive alla Soprintendenza, essendo prevista un’apposita fase procedimentale attivata dal Comune.

La formulazione testuale della disposizione di cui all’articolo 36-bis, comma 4, (per cui “il dirigente o il responsabile dell’ufficio richiede all’autorità preposta alla gestione del vincolo apposito parere vincolante in merito all’accertamento della compatibilità paesaggistica dell’intervento, anche in caso di lavori che abbiano determinato la creazione di superfici utili o volumi ovvero l’aumento di quelli legittimamente realizzati”) rende evidente che per la sanatoria in esame non operano le limitazioni di cui all’articolo 167, comma 4 e 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004.

In sintesi, l’incremento di volumi o di superficie non è ragione ostativa ex se alla valutazione di compatibilità paesaggistica.

L’autorità competente – investita della valutazione da parte del Comune – dovrà pronunciarsi entro un termine perentorio di centottanta giorni, previa acquisizione del parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni. Il legislatore precisa che, se i pareri non sono resi entro i termini di cui al secondo periodo, si intende formato il silenzio-assenso(9) e il dirigente o responsabile dell’ufficio provvede autonomamente.

Il dies a quo dal quale computare tali termini decorre dal momento di ricezione dell’istanza da parte dell’autorità competente.

Inoltre, ai sensi dell’articolo 3, comma 4-bis, del DL Salva Casa, le disposizioni dei commi 4, 5, 5-bis e 6 dell’articolo 36-bis del Testo unico si applicano anche agli interventi realizzati entro l’11 maggio 2006 per i quali il titolo che ne ha previsto la realizzazione è stato rilasciato dagli enti locali senza previo accertamento della compatibilità paesaggistica. Si tratta della data antecedente all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 157 del 2006, che ha introdotto il divieto di sanatoria paesaggistica per illeciti comportanti aumento di volume e di superficie. In sostanza, la sanatoria paesaggistica si amplia, in tal modo, sul piano sostanziale, involgendo tutte le situazioni nelle quali non operava ancora il divieto dell’articolo 167, come rivisto dal decreto legislativo n. 157 del 2006. Sulla datazione dell’intervento si potranno applicare analogicamente le disposizioni di cui all’articolo 9-bis, già richiamate dall’articolo 36- bis, stante l’identità di ratio. La disposizione di cui all’articolo 3, comma 4-bis, del DL Salva Casa non opera, tuttavia, per gli interventi per i quali è stato conseguito un titolo abilitativo in sanatoria, a qualsiasi titolo rilasciato o assentito (i.e. interventi che siano stati successivamente sanati o condonati).

9 Va sottolineato come la scelta del legislatore sia stata chiara nel far riferimento al meccanismo del silenzio- assenso, mutuando, quindi, la regola di cui all’art. 17-bis della L. n. 241/1990, che opera anche nella materia dei beni culturali e paesaggistici.

Infatti, secondo quanto espressamente previsto dal legislatore il silenzio assenso “tra amministrazioni pubbliche e tra amministrazioni pubbliche e gestori di beni o servizi pubblici” opera “anche nei casi in cui è prevista l’acquisizione di assensi, concerti o nulla osta comunque denominati di amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale… per l’adozione di provvedimenti normativi e amministrativi di competenza di amministrazioni pubbliche” (art. 17 bis, comma 3, L. n. 241/90), con la precisazione che, in siffatte ipotesi, il termine entro il quale le amministrazioni interpellate sono tenute a comunicare il proprio assenso, concerto o nulla osta è definito dalla normativa di settore, attestandosi, in mancanza di diversa previsione, in novanta giorni dal ricevimento della richiesta da parte dell’amministrazione procedente. Decorso siffatto termine senza che sia stato comunicato l’assenso, il concerto o il nulla osta, lo stesso si intende acquisito.

Qualora la richiesta di assenso non promani dal privato (in tale caso operando la diversa disciplina di cui all’art. 20 L. n. 241/90), bensì afferisca ai rapporti orizzontali tra pubbliche amministrazioni, il dato positivo ammette, pertanto, espressamente la formazione del silenzio assenso anche se l’Amministrazione interpellata sia un’Amministrazione preposta alla tutela paesaggistico-territoriale. Il che risponde a quanto sostenuto dal Consiglio di Stato, nel parere della Commissione speciale del 13 luglio 2016, n. 1640), secondo cui: “La formulazione testuale del comma 3 consente di accogliere la tesi favorevole all’applicabilità del meccanismo di semplificazione anche ai procedimenti di competenza di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, ivi compresi i beni culturali e la salute dei cittadini. Sul punto la formulazione letterale del comma 3 è chiara e non lascia spazio a dubbi interpretativi: le Amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili beneficiano di un termine diverso (quello previsto dalla normativa di settore o, in mancanza, del termine di novanta giorni), scaduto il quale sono, tuttavia, sottoposte alla regola generale del silenzio assenso”.

La portata soggettiva generale dell’istituto, riferibile anche alle Amministrazioni preposte alla tutela paesaggistica, deriva, altresì, dalla ratio sottesa alla sua introduzione, connessa all’efficienza dell’azione amministrativa, corollario del principio di buon andamento ex art. 97 Cost., la quale richiede (tra l’altro) che il perseguimento del pubblico interesse affidato alla cura dell’Amministrazione procedente avvenga mediante la tempestiva adozione del provvedimento amministrativo.

La necessità che il provvedimento sia assunto entro i termini di legge (art. 2 L. n. 241/90) risponde all’esigenza di evitare uno stato di incertezza determinato dalla pendenza del procedimento, idoneo (altresì) ad interferire sulla libertà di autodeterminazione negoziale dei soggetti incisi dall’esercizio del potere, i quali, in attesa della decisione amministrativa, potrebbero anche essere indotti ad assumere scelte negoziali (potenzialmente foriere di danni patrimoniali) che non avrebbero compiuto se avessero tempestivamente ricevuto, con l’adozione del provvedimento nel termine previsto, la risposta dell’amministrazione (cfr. Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 4 maggio 2018, n. 5).

In questa chiave di lettura devono, quindi, essere interpretate le disposizioni dell’articolo 36-bis del Testo unico, che, nel mutuare il sistema del silenzio-assenso, ha avvertito le medesime esigenze poste a fondamento della previsione di cui all’articolo 17-bis.

D.3.5.5.1 Quali sono le differenze tra il regime di cui all’articolo 36- bis, comma 4 e l’articolo 167 del codice dei beni culturali e del paesaggio?Quella prevista dall’articolo 36-bis, comma 4, e quella prevista dall’articolo 167 del codice dei beni culturali e del paesaggio sono procedure distinte. La nuova disciplina del silenzio-assenso consente di evidenziare le differenze tra la regola di cui all’articolo 36-bis del testo unico e la previsione di cui all’articolo 167, comma 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004, secondo cui “il proprietario, possessore o detentore a qualsiasi titolo dell’immobile o dell’area interessati dagli interventi di cui al comma 4 presenta apposita domanda all’autorità preposta alla gestione del vincolo ai fini dell’accertamento della compatibilità paesaggistica degli interventi medesimi. L’autorità competente si pronuncia sulla domanda entro il termine perentorio di centottanta giorni, previo parere vincolante della soprintendenza da rendersi entro il termine perentorio di novanta giorni”. La disciplina, sopra richiamata, dell’art. 167 è connotata da elementi procedurali del tutto diversi da quelli posti alla base della disciplina del silenzio assenso ex art. 17 bis della legge n. 241 del 90. Nelle ipotesi dell’articolo 167, infatti, non occorre un accordo tra plurime amministrazioni co-decidenti – di regola, preposte alla cura di interessi pubblici differenziati – in ordine ad uno schema di provvedimento predisposto dall’Amministrazione procedente. Piuttosto, è l’Amministrazione interpellata (Soprintendenza) a dovere assumere la decisione sostanziale sul contenuto del provvedimento finale da adottare (senza essere vincolata da un previo schema di provvedimento), mentre il ruolo dell’Amministrazione procedente, preposta alla gestione del vincolo, è quello di statuire in conformità. Rispetto alle conseguenze discendenti dalla condotta inerte della soprintendenza, inoltre, l’articolo 167, comma 5 del D. Lgs. N. 42704 ha qualificato come “perentorio” il termine entro cui la Soprintendenza deve esprimere il parere di competenza, in tale maniera regolando (implicitamente) gli effetti dell’inerzia. Come precisato dal Consiglio di Stato Sez. V, 17 marzo 2015, n. 1374, la natura perentoria di un termine, esplicitata dal legislatore o desumibile dalla normativa di riferimento, implica la produzione di un effetto decadenziale per il caso di sua inosservanza, non potendosi ritenere persistente il potere non tempestivamente esercitato.
D3.5.5.2 Cosa succede nel caso di vincolo sopravvenuto?Le disposizioni si applicano anche per interventi che risultino incompatibili con il vincolo paesaggistico apposto in data successiva alla loro realizzazione. Di conseguenza, come pure precisato dal Consiglio di Stato (Sezione VI, 19 novembre 2020, n. 7193), l’inutile decorrenza del termine perentorio di novanta giorni ex art. 167, comma 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004 determina – anziché la formazione di un atto di assenso tacito – la decadenza dall’esercizio dello specifico potere assegnato dal legislatore e, dunque, dalla possibilità di vincolare l’amministrazione procedente nella decisione finale. Secondo la giurisprudenza si è, dunque, in presenza di una disciplina che, pure non equiparando l’inerzia all’atto di assenso, assicura le esigenze di tempestività dell’azione amministrativa, nel rispetto della rilevanza costituzionale dell’interesse (paesaggistico ex art. 9 Cost.) tutelato. L’articolo 36-bis del testo unico edilizia ha inteso discostarsi dalla ricostruzione degli effetti del comportamento inerte della Soprintendenza, come desumibile dalla giurisprudenza sopra richiamata relativa all’articolo 167, comma 5, del decreto legislativo n. 42 del 2004. Nelle ipotesi soggette al nuovo accertamento di conformità di cui all’articolo 36-bis, infatti, l’inerzia della Soprintendenza equivale ad assenso, senza possibilità di intervenire dopo il decorso del termine nel procedimento, fintantoché il provvedimento finale non sia assunto, al fine di rappresentare il proprio punto di vista sul tema in decisione.

3.5.6 Il trattamento sanzionatorio

Ai fini dell’ottenimento del titolo in sanatoria dovranno essere corrisposti gli importi di cui al comma 5, che sono differenziati a seconda che l’intervento sia in possesso della doppia conformità di cui al comma 1, o, al contrario della doppia conformità “tradizionale” (conformità alla disciplina edilizia e urbanistica vigente sia al momento di realizzazione dell’intervento che al momento della presentazione dell’istanza). La prova della ricorrenza di quest’ultima situazione è sempre a carico del privato, trattandosi di presupposti per accedere ad un trattamento sanzionatorio meno gravoso.

La disposizione di cui all’articolo 36-bis, comma 5 prevede, quindi, che il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria siano subordinati al pagamento, a titolo di oblazione, di un importo differenziato in base alle diverse tipologie di interventi e in base al rispetto o meno della doppia conformità.

Tali sanzioni sono parametrate agli importi già considerati dal Testo unico prima dell’entrata in vigore del DL Salva Casa rispettivamente per il permesso di costruire in sanatoria e la SCIA in sanatoria.

In ordine al sistema sanzionatorio va evidenziato che, nelle ipotesi di cui al comma 4, qualora sia accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione determinata previa perizia di stima ed equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione; la sanzione si cumula, pertanto, con quelle edilizie. In caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all’articolo 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo n. 42 del 2004.

Articolo 36-bis, commi 5 e 5-bis, Testo unico
5. Il rilascio del permesso e la segnalazione certificata di inizio attività in sanatoria sono subordinati al pagamento, a titolo di oblazione, di un importo:
a) pari al doppio del contributo di costruzione ovvero, in caso di gratuità a norma di legge, determinato in misura pari a quella prevista dall’articolo 16, incrementato del 20 per cento in caso di interventi realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire, nelle ipotesi di cui all’articolo 34, e in caso di variazioni essenziali ai sensi dell’articolo 32. Non si applica l’incremento del 20 per cento nei casi in cui l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda;
b) pari al doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile valutato dai competenti uffici dell’Agenzia delle entrate, in una misura, determinata dal responsabile del procedimento, non inferiore a 1.032 euro e non superiore a 10.328 euro ove l’intervento sia eseguito in assenza della segnalazione certificata di inizio attività o in difformità da essa, nei casi di cui all’articolo 37, e in misura non inferiore a 516 euro e non superiore a 5.164 euro ove l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda.
5-bis. Nelle ipotesi di cui al comma 4, qualora sia accertata la compatibilità paesaggistica, si applica altresì una sanzione determinata previa perizia di stima ed equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione; in caso di rigetto della domanda si applica la sanzione demolitoria di cui all’articolo 167, comma 1, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

D3.5.6.1 Come deve essere calcolata in concreto la sanzione di cui al comma 5, lettera b)?Sulla base delle valutazioni relative all’incremento del valore venale del bene dell’Agenzia delle entrate, anche tenendo in considerazione le prassi applicative già utilizzate nella vigenza dell’articolo 37, comma 4, del Testo Unico. Le modalità di quantificazione della sanzione mutuano quelle già previste dal previgente articolo 37, comma 4, per il quale prevedeva che: “il responsabile dell’abuso o il proprietario dell’immobile possono ottenere la sanatoria dell’intervento versando la somma, non superiore a 5164 euro e non inferiore a 516 euro, stabilita dal responsabile del procedimento in relazione all’aumento di valore dell’immobile valutato dall’agenzia del territorio”. Pertanto, le amministrazioni competenti potranno fare riferimento alle prassi applicative già in uso. In particolare, si ricorda che già prima dell’entrata in vigore del DL Salva Casa, proprio in virtù dell’articolo 37, comma 4, l’amministrazione competente richiedeva all’Agenzia delle entrate la quantificazione dell’incremento del valore venale del bene in conseguenza dell’intervento realizzato, ai fini della determinazione della misura della sanzione tra il minimo ed il massimo edittale.
Ai fini della liquidazione delle somme da corrispondere a titolo di oblazione i competenti uffici comunali potranno pertanto far riferimento alle prassi in essere, che in particolare prevedono:
– la richiesta di quantificazione dell’incremento del valore venale da parte del Comune all’Agenzia delle entrate;
– all’esito della quantificazione di tale incremento, il Comune potrà determinare la sanzione applicabile secondo criteri di proporzionalità rispetto alla variazione percentuale del valore venale dell’immobile valutato dall’Agenzia delle entrate.

A titolo esemplificativo, in caso di incrementi del valore venale dell’immobile pari al 20%, il Comune potrà applicare un incremento del 20% del minimo edittale. Resta ferma in ogni caso la facoltà del Comune di orientare l’attività dei competenti uffici rispetto alla determinazione delle sanzioni, parametrando le sanzioni in base ai predetti parametri sull’incremento del valore venale, nonché in base ad ulteriori criteri discrezionalmente individuati dal Comune, nel rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità. Per i casi di interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla SCIA ai sensi dell’articolo 37, si precisa che, qualora il Comune ritenga che tale intervento non abbia aumentato il valore venale dell’immobile si applicherà l’oblazione nelle soglie minime edittali di cui all’articolo 36-bis, comma 5, lettera b) (i.e. euro 1.032 e 516), senza la necessità di coinvolgere i competenti uffici dell’Agenzia delle entrate.
D3.5.6.2 In quale fasi del procedimento si pagano le oblazioni?Il pagamento delle sanzioni si articola di regola in due fasi:
– il pagamento del contributo dovuto, a titolo di anticipazione dell’oblazione, ai fini della presentazione della richiesta di rilascio di titoli in sanatoria (si rinvia, sul punto, all’apposita modulistica in fase di definizione). A seconda della modulistica di riferimento, tale contributo può essere individuato nel minimo edittale ovvero in un valore autonomamente stabilito dal richiedente (va infatti evidenziato che ai sensi dell’articolo 36- bis, comma 5 il pagamento delle oblazioni è presupposto per l’efficacia del titolo);
– il pagamento del conguaglio risultante dalla differenza del valore dell’oblazione, determinato dall’amministrazione competente, e il valore del contributo già versato.

3.5.7 Provvedimento di rilascio e meccanismo di formazione del titolo.

La disposizione di cui all’articolo 36-bis, comma 6, del testo unico prevede che, sulla richiesta di permesso in sanatoria, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale si pronunci con provvedimento motivato entro quarantacinque giorni, decorsi i quali la richiesta si intende accolta.

Nel caso in cui la sanatoria sia realizzata tramite SCIA, si applica, invece, il termine di cui all’articolo 19, comma 6-bis, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (trenta giorni).

Nelle ipotesi di cui al comma 4, nel caso di richiesta all’autorità competente di apposito parere vincolante, i termini sopra indicati sono sospesi fino alla definizione del procedimento di compatibilità paesaggistica.

Decorsi i termini del procedimento eventuali successive determinazioni del competente ufficio comunale sono inefficaci. Il termine può comunque essere interrotto qualora l’ufficio rappresenti esigenze istruttorie, motivate e formulate in modo puntuale nei termini stessi, e ricomincia a decorrere dalla ricezione degli elementi istruttori.

Per esigenze di certezza, l’amministrazione è tenuta a rilasciare, in via telematica, su richiesta del privato, un’attestazione circa il decorso dei termini del procedimento e dell’intervenuta formazione dei titoli abilitativi. Questa disposizione vale anche per la SCIA; pertanto, in quest’ultimo caso l’Amministrazione sarà tenuta ad attestazione la formazione del titolo, nonostante non vi sia un provvedimento formato per silenzio.

Decorsi inutilmente dieci giorni dalla richiesta, l’istante può esercitare l’azione prevista dall’articolo 31 del codice del processo amministrativo, di cui all’allegato 1 annesso al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104. Anche in questo caso, nel caso della SCIA, il legislatore ha inteso derogare ai tradizionali presupposti dell’azione (legata all’attività provvedimentale), consentendo di attivare il rimedio per ottenere un’attestazione sulla formazione di un titolo costituito da un’attività del privato.

Con particolare riferimento alla formazione del titolo, se da un lato, il comma 6 prevede un meccanismo di silenzio assenso, dall’altro, il comma 5 subordina il rilascio del permesso di costruire e la SCIA in sanatoria al pagamento dell’oblazione.

D3.5.7.1 Come si correlano il meccanismo del silenzio assenso e il pagamento dell’oblazione?Intervenuto il silenzio assenso il titolo è valido ma, in assenza del pagamento integrale della sanzione a titolo di oblazione, non è idoneo a produrre i suoi effetti. Ad esempio, il titolo non potrà essere utilizzato per dimostrare lo stato legittimo in occasione di una successiva pratica edilizia ovvero in occasione di trasferimento della proprietà dell’immobile. Ne consegue che il privato otterrà, con il decorso dei termini e in presenza degli altri presupposti previsti, un titolo certamente valido che, tuttavia, diverrà efficace con l’integrale adempimento dell’obbligazione pecuniaria connessa.

4 Adeguamento degli standard edilizi alle trasformazioni del contesto sociale ed urbano:

4.1. Recupero dei sottotetti (articolo 2-bis del Testo unico)

L’articolo 2-bis, comma 1-quater, del Testo unico reca disposizioni di semplificazione in materia di recupero dei sottotetti. La finalità della citata disposizione è quella di incentivare l’ampliamento dell’offerta abitativa, limitando il consumo di nuovo suolo.

Articolo 2-bis, comma 1-quater, Testo unico
1-quater. Al fine di incentivare l’ampliamento dell’offerta abitativa limitando il consumo di nuovo suolo, gli interventi di recupero dei sottotetti sono comunque consentiti, nei limiti e secondo le procedure previsti dalla legge regionale, anche quando l’intervento di recupero non consenta il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, a condizione che siano rispettati i limiti di distanza vigenti all’epoca della realizzazione dell’edificio, che non siano apportate modifiche, nella forma e nella superficie, all’area del sottotetto, come delimitata dalle pareti perimetrali, e che sia rispettata l’altezza massima dell’edificio assentita dal titolo che ne ha previsto la costruzione. Resta fermo quanto previsto dalle leggi regionali più favorevoli.

D4.1.1 In quali regioni opera la semplificazione in materia di sottotetti introdotta dal DL Salva Casa?Solo nelle regioni che sono intervenute con proprie disposizioni a regolare gli interventi di recupero dei sottotetti. Quindi il recupero dei sottotetti è consentito qualora esista una norma regionale che definisca le condizioni che consentano tale recupero (e.g. in tema di definizione di sottotetto, condizioni per la realizzazione degli interventi, disciplina del rapporto aeroilluminante). La disciplina semplificatrice introdotta, pertanto, non deve essere intesa come una liberalizzazione ma piuttosto, nei limiti e secondo le procedure previste dalle esistenti leggi regionali, come un quadro regolatorio minimo di condizioni necessarie per considerare ammissibili gli interventi di recupero dei sottotetti, quando questi non consentono il rispetto delle distanze minime tra gli edifici e dai confini, derogabile in presenza di leggi regionali più favorevoli. Numerose Regioni si sono dotate di disposizioni sul recupero a scopo abitativo dei sottotetti. Solo in relazione a queste ultime, pertanto, troveranno applicazione le disposizioni di semplificazione minima di cui al DL Salva Casa. In merito all’applicabilità della disposizione in esame, a nulla rileva la data di emanazione della disposizione regionale (antecedente o successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL Salva Casa). Ciò che il legislatore statale richiede è l’esistenza di una disciplina legislativa regionale che disciplini le modalità di recupero dei sottotetti, individuando le relative procedure e i criteri. Eventuali parziali dichiarazioni di incostituzionalità della legislazione regionale sul recupero dei sottotetti da parte della Corte costituzionale non possono indurre automaticamente a ritenere insoddisfatto il rinvio legislativo alla disciplina regionale di settore, nella misura in cui la disciplina regionale di risulta sia comunque idonea a individuare i presupposti essenziali per il recupero dei sottotetti. Di converso, per quelle Regioni che non si sono dotate di tale disciplina, la norma in esame è volta a stimolare l’adozione di una normativa in materia di recupero di sottotetti, ciò sempre nell’ottica di incentivare l’ampliamento dell’offerta abitativa.

4.2. Edilizia libera (articolo 6 del Testo unico)

L’articolo 6 del Testo unico è stato modificato dal DL Salva Casa al fine di ampliare il novero degli interventi che possono essere eseguiti senza alcun titolo abilitativo.

Con particolare riferimento alle vetrate panoramiche amovibili e totalmente trasparenti (VEPA), la novella estende la possibilità di realizzarle ed installarle, nel rispetto di determinate condizioni, non solo su balconi aggettanti dal corpo dell’edificio o su logge rientranti all’interno dell’edificio ma anche su porticati, a eccezione dei porticati gravati, in tutto o in parte, da diritti di uso pubblico o collocati nei fronti esterni dell’edificio prospicienti aree pubbliche.

D4.2.1 Cosa si intende per logge e porticati?Quelli definiti alle voci n. 37 e 39 dell’Allegato A del Regolamento Edilizio Tipo. In particolare: con il termine loggia (o loggiato) si intende “l’elemento edilizio praticabile coperto, non aggettante, aperto su almeno un fronte, munito di ringhiera o parapetto, direttamente accessibile da uno o più vani interni”. Con il termine porticato (o portico) si intende “l’elemento edilizio coperto al piano terreno degli edifici, intervallato da colonne o pilastri aperto su uno o più lati verso i fronti esterni dell’edificio”.

4.3. Certificato di agibilità (articolo 24 del Testo unico)

L’articolo 24 del Testo unico, è stato modificato dal DL Salva Casa al fine di prevedere, nelle more dell’adozione di un apposito decreto del Ministero della salute volto a definire i requisiti igienico-sanitari di carattere prestazionale degli edifici, un regime transitorio di deroga di alcuni dei requisiti minimi igienico- sanitari attualmente vigenti. La ratio perseguita dalla disposizione è quella di semplificare il recupero di spazi e locali, soprattutto di edilizia storica, che possono essere riconvertiti ad uso abitativo.

Articolo 24, comma 1, lettera b-bis), Testo unico

  • 1-bis. Nelle more della definizione dei requisiti di cui all’articolo 20, comma 1-bis, ai fini della certificazione delle condizioni di cui al comma 1 del presente articolo e dell’acquisizione dell’assenso da parte dell’amministrazione competente, fermo restando il rispetto degli altri requisiti igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente, il progettista abilitato è autorizzato ad asseverare la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nelle seguenti ipotesi:
    – locali con un’altezza minima interna inferiore a 2,70 metri fino al limite massimo di 2,40 metri;
    alloggio monostanza, con una superficie minima, comprensiva dei servizi, inferiore a 28 metri quadrati, fino al limite massimo di 20 metri quadrati, per una persona, e inferiore a 38 metri quadrati, fino al limite massimo di 28 metri quadrati, per due persone.

5-ter. L’asseverazione di cui al comma 5-bis può essere resa ove sia soddisfatto il requisito dell’adattabilità, in relazione alle specifiche funzionali e dimensionali, previsto dal regolamento di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236, e sia soddisfatta almeno una delle seguenti condizioni:

  1. i locali siano situati in edifici sottoposti a interventi di recupero edilizio e di miglioramento delle caratteristiche igienico-sanitarie;
  2. sia contestualmente presentato un progetto di ristrutturazione con soluzioni alternative atte a garantire, in relazione al numero degli occupanti, idonee condizioni igienico-sanitarie dell’alloggio, ottenibili prevedendo una maggiore superficie dell’alloggio e dei vani abitabili ovvero la possibilità di un’adeguata ventilazione naturale favorita dalla dimensione e tipologia delle finestre, dai riscontri d’aria trasversali e dall’impiego di mezzi di ventilazione naturale ausiliari.

5-quater. Restano ferme le deroghe ai limiti di altezza minima e superficie minima dei locali previste a legislazione vigente.

D4.3.1 Come è regolato il regime transitorio in considerazione della prossima adozione del decreto di cui all’articolo 20?La disciplina transitoria rimarrà in vigore sino all’adozione del decreto del Ministro della salute previsto dall’articolo 20, comma 1-bis, del Testo Unico. Sino all’adozione del suddetto decreto, rimangono fermi gli effetti delle segnalazioni certificate di inizio attività presentate, ai fini dell’agibilità, dalla data di entrata in vigore dei commi 5-bis, 5-ter e 5-quater dell’articolo 24 del Testo unico (i.e. 28 luglio 2024) e perfezionatesi per decorso dei termini del procedimento. Si evidenzia che il decreto di cui all’articolo 20, comma 1-bis, del Testo unico, il quale risulta all’attualità in via di definizione presso gli uffici ministeriali competenti, recherà disposizioni in continuità con quanto previsto dal regime transitorio, le cui innovazioni, quindi, verranno ad essere stabilizzate.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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