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Configura il reato di falsità ideologica in certificati non solo la redazione della DIA/SCIA, ma anche la relazione di accompagnamento

Le dichiarazioni asseverate dal professionista all’interno delle pratiche edilizie hanno natura certificativa e ripercussioni penali

Con l’avvento della Denuncia di Inizio Attività, l’esecuzione degli interventi edilizi fu semplificata e agevolata come tempistica esecutiva, e contestualmente fu posto in carico al professionista l’onere di certificarne la fattibilità.

Fin dai suoi albori del 1993, e con l’evolversi dei tempi, la DIA veniva dotata dei necessari elaborati tecnici e di una specifica relazione di accompagnamento, avendo quest’ultima natura di certificato in ordine alla:

  • descrizione dello stato attuale dei luoghi;
  • ricognizione degli eventuali vincoli esistenti sull’area o sull’immobile interessati dall’intervento;
  • rappresentazione delle opere che si intende realizzare;
  • attestazione della loro conformità agli strumenti urbanistici ed al regolamento edilizio;
  • attestazione della loro conformità alla disciplina edilizia;

Il professionista in questo tipo di pratiche dichiarava e certificava, sotto forma di asseverazione, tutti questi aspetti nella DIA, e in seguito anche nella SCIA (con cui si sono aggravate le responsabilità).

Il carico di responsabilità rapportato alla natura certificatrice è aumentato notevolmente con la SCIA

Le responsabilità penali a carico del tecnico professionista per falsa attestazione, certificazione e asseverazione contenute nelle pratiche edilizie sono molteplici (ne parlo in questo articolo) e si suddividono così:

  • DIA: Il professionista diventava esercente di « pubblica necessità » ex art. 359 del Codice Penale; a tale ruolo fu associata la responsabilità penale dell’art. 481 del Codice Penale ovvero il reato di Falsità ideologica in certificati commessa da persone esercenti un servizio di pubblica necessità.
    La pena per il reato commesso con DIA ancora oggi prevede la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 51 a euro 516, ed esse si applicano congiuntamente se il fatto è commesso a scopo di lucro (ogni incarico professionale ha scopo di lucro);
  • SCIA: ad essa è associata un ipotesi di reato più grave rispetto all’art. 481 C.P, in la falsa attestazione della SCIA è riferita all’art. 19 L. 241/1990 e statuisce che « Ove il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, nelle dichiarazioni o attestazioni o asseverazioni che corredano la segnalazione di inizio attività, dichiara o attesta falsamente l’esistenza dei requisiti o dei presupposti di cui al comma 1 e’ punito con la reclusione da uno a tre anni. »

Le pratiche edilizie di Denuncia Inizio Attività stanno per andare definitivamente in pensione con l’imminente vigenza degli effetti dello SCIA 2

Con la DIA si sostituisce il principio autoritativo col principio dell’autoresponsabilità dell’interessato, che è legittimato ad agire in via autonoma, valutando l’esistenza dei presupposti richiesti dalla normativa in vigore (Cass. Pen. III n. 11051 del 8 marzo 2017).

Di conseguenza il ricorso al procedimento della DIA porta con sé una peculiare assunzione di responsabilità, in relazione al particolare affidamento che l’ordinamento pone sulla relazione tecnica che accompagna il progetto e sulla sua veridicità; quella relazione si sostituisce ai controlli dell’ente territoriale ed offre le garanzie di legalità e correttezza dell’intervento.

La DIA è un atto fidefaciente a prescindere dal controllo della P.A. e riconnesso alla delega di potestà pubblica ad un soggetto qualificato: da ciò discende che la relazione asseverativa del progettista, sulla quale si fonda l’eliminazione dell’intermediazione del potere autorizzatorio dell’attività del privato da parte della pubblica amministrazione, assume valore sostitutivo del provvedimento amministrativo e quindi certificativo” (Cass. Pen. III n. 35795/2012).

Per la Cassazione il reato di falsità ideologica nei certificati si estende anche alla relazione tecnica di accompagnamento

Come nella fattispecie trattata nella sentenza di Cass. Sez. III n. 11051 del 8 marzo 2017, il reato di falso riguarda non solo la manifestazione di una intenzione o l’espressione di un giudizio, ma anche la rappresentazione dello stato dei luoghi, che in genere si esprime tramite descrizione, tavole grafiche dello stato attuale, documentazione fotografica,  e quant’altro.

Per la giurisprudenza di Cassazione (a parte una decisione rimasta isolata) integra il reato di falsità ideologica in certificati (art. 481 cod. pen.) non solo la falsificazione della dichiarazione di inizio attività (DIA), ma anche della relazione di accompagnamento, avendo quest’ultima natura di certificato in ordine alla descrizione dello stato attuale dei luoghi, alla ricognizione degli eventuali vincoli esistenti sull’area o sull’immobile interessati dall’intervento, alla rappresentazione delle opere che si intende realizzare e all’attestazione della loro conformità agli strumenti urbanistici ed al regolamento edilizio (Cass. Sez. III n. 11051 del 8 marzo 2017, Cass. Pen. III n. 35795 del 17/04/2012, Cass. Pen. III n. 50621 del 18/06/2014, Cass. Pen. III n. 27699 del 20/05/2010, Cass. Pen. V n. 35615 del 14/05/2010, Cass. Pen. III n. 1818 del 21/10/2008).

Pertanto una falsa rappresentazione dello stato oggettivo dei luoghi, finalizzato, ad eseguire, con la mera presentazione di una DIA, integra il reato di falsità ideologica in certificati previsto e punito ai sensi dell’art. 481 del codice penale.

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carlo pagliai

CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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