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Ritengo inutile una legge sull’equo compenso per i professionisti

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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In controtendenza ritengo inutile il ripristino di minimi tariffari, sembra il Cartello dei Narcos o dei Petrolieri

Quante volte ci siamo irritati nel vedere il livellamento ingiustificato e verso l’alto dei prezzi della benzina?

Quante volte ci siamo irretiti nel subire aumenti ingiustificati in regime di oligopolio di prodotti e servizi come pedaggi autostradali, spese bancarie, diritti postali, prodotti ortofrutticoli, assicurazioni, ecc.

Ci sentiamo tutti, e dico tutti, presi in giro o meglio, non tutelati e in una trappola senza vie d’uscita.

Non è una bella sensazione.

Adesso sembra che i professionisti appartenenti agli Ordini professionali scenderanno in piazza per reclamare dal Legislatore un provvedimento sull’equo compenso e sulla qualità delle prestazioni.

Ciò avverrà il 13 maggio p.v. a Roma, in cui la manifestazione porterà ad esprimere il disagio delle migliaia di professionisti lamentato, e sopratutto ingenerato, dai provvedimenti dell’abolizione delle tariffe professionali avviati da Bersani nel 2006 e il colpo definitivo assestato da Monti nel 2012.

Ha senso, per me, questa manifestazione ? Direi di no.

Sicuramente il riferimento ai parametri nei lavori pubblici è assolutamente necessario, tuttavia se certi professionisti fanno ribassi sforanti l’80% vuol dire che c’è una evidente anomalia quantitativa e qualitativa.

Primo motivo. 

Intanto una ipocrisia di fondo emerge da tutto questo: davvero si pensa di risolvere la crisi dei professionisti tecnico col ripristino dei minimi tariffari? Assolutamente no.

Vero che ci sono professionisti che fanno APE a basso costo, SCIA a trecento euro e così via, e tra questi vi rientrano anche quelli laureati, ma questo evidenzia alcuni problemi:

  1. incoscienza delle responsabilità derivanti da attività professionale. Infatti a mio avviso se costoro iniziassero davvero a diventare consapevoli delle responsabilità decennali che incorrono, forse forse cambierebbero mestiere o alzerebbero (da soli) le tariffe. Probabilmente ancora non sono stati sufficientemente “toccati” dalla Giustizia e dai contenziosi, ma il tempo è Galantuomo.
  2. mancanza di percezione dell’autovalore. In questo senso la mia opinione è che l’Università e le scuole superiori (geometri e periti) abbia fallito un obbiettivo, ovvero rendere consapevole lo studente del proprio valore e del periodo dedicato allo studio. Se un ingegnere o architetto, dopo aver sostenuto trenta o più esami, si riduce a firmare pratiche di elevata responsabilità, vuol dire che abbiamo un problema.
  3. mancanza di una cultura imprenditoriale in toto. E ancora, Università e scuole superiori hanno ri-fallito in quanto continuano a sfornare persone a cui è stato insegnato a lavorare come si faceva nel Novecento. E non va più bene allo stato attuale. Per mia esperienza tutta personale, e quindi per mia opinione, in tre corsi di laurea ho visto prevalere un approccio che orienta lo studente al “posto fisso” piuttosto che a realizzare sè stesso. D’altronde, e qui la dico grossa, i “mentori e baroni” non possono che trasmetterti quello che hanno addosso.

Secondo motivo.

L’equo compenso come condizione necessaria (ma non sufficiente) per garantire la qualità della prestazione.

Questa è la più grande balla che ho sentito, e che ho più volte controvertito nel mio recente libro sul Web Marketing (acquistabile qui su Amazon).

L’idea “ricattuale” con cui si pretenderebbe di fornire una prestazione intellettuale professionale di qualità sotto la condizione di un equo compenso si commenta da sola, e sembra quasi negare i principi fondamentali di ogni Codice deontologico.

La qualità della prestazione è un atto dovuto a prescindere da qualsiasi condizione al contorno, inclusi equi compensi.

Lanciando questo tipo di impostazione, soprattutto se proveniente da soggetti istituzionali, si rischia di far percepire in via residuale il messaggio inverso ovvero: “siccome ora non ci sono gli equi compensi, non possiamo garantire la qualità della prestazione“.

Pensate davvero che la committenza la fuori possa accogliere bene l’equazione: equo compenso = qualità ?

Se posso essere graffiante, ritengo di affermare senza tema di smentita che anche quando c’erano le tariffe minime prima del 2006, non è che mediamente emerga un “alto livello di qualità” nelle prestazioni e pratiche edilizie professionali; anzi direi tutt’altro, basta fare un accesso agli atti alle relative pratiche edilizie.

Oggi una principale fonte di lavoro per i tecnici sono appunto le sanatorie, finalizzate a rimettere a posto errori pregressi (suvvia, non siamo ipocriti orsù).

Diciamo la verità: erano bei tempi, i soldi nell’edilizia sbucavano da sotto terra e ce n’era per tutti, quindi un piatto di spaghetti alla fine della fiera toccava a tutti. Adesso i giochi sono cambiati, e spiego la Crisi di Geometri, Architetti e Ingegneri in questo articolo.

Torniamo sull’equo compenso.

Alla committenza del compenso non gliene può fregare di meno, generalmente punta al ribasso perchè non percepisce il valore, anzi, il tuo Autovalore. Se il primo a non valorizzare la tua figura professionale sei te stesso, pensi che lo farà l’italiano medio là fuori?

Attenzione: vero che la committenza non percepisce, non apprezza e non misura il valore professionale, ma in una cosa invece è maestra: farti il culo sulle tue responsabilità, anche qualora tu gli crei un danno da un euro.

La committenza, non appena verrà a conoscenza del tuo errore e del danno cagionato, prenderà un altro tuo simile (avvocato, ndr), te lo pianterà su per il culo e ti terrà un decennio per i tribunali.

Se ne infischierà del tuo compenso ribassato e risicato all’osso che gli hai praticato pur di lavorare.

Senza peli sulla lingua: un massaggiatore prende un “equo compenso” medio di circa 20/30 euro ogni venti minuti.

Se un professionista non è in grado di fare una semplice proporzione e una propria valutazione dei rischi, vuol dire che il progetto formativo universitario, scolastico e soprattutto ordinistico, ha fallito in pieno.

Quindi, che ti/ci piaccia o no, bisogna usare un approccio e strumenti assai diversi da quelli ricevuti dai nostri insegnanti, in buona parte figli del “posto fisso”.

Sicuramente ogni lettore e professionisti commenteranno aspramente questa mia opinione con varie congetture, alle quale rispondo anticipatamente: smettete di accettare incarichi a basso costo e di fare bassi preventivi.

Per quanto sconto possiate fare, o addirittura lavorare gratis, rimane sul piatto una costante invariabile: la vostra esclusiva responsabilità personale. Non siete la dittarella cinese “Cin Cian Pai srl” che può giocare al ribasso e rifilare “cassoni” a destra e a manca.

Per legge la vostra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale è saldata alle vostre chiappe, che raramente potranno essere salvate da una qualsivoglia RC professionale.

Infine c’è una cosa importante da dire: arrendiamoci all’evidenza, siamo in troppi a fare tutti le stesse cose, è una legge del mercato.

Più volte sui mezzi stampa si è letto di un elevatissimo e anomalo rapporto professionisti pro capite alla popolazione: smettiamo di fare gli ipocriti perchè ciò è direttamente proporzionale alla complessità della burokrazia.

Ah una cosa: per mia opinione la burokrazia a sua volta è direttamente funzionale alla corruzione (ne parlo qui).

Terzo e ultimo motivo.

A questa manifestazione, partita con la radice di una petizione per il ripristino dei minimi tariffari i sono uniti gli Ordini provinciali e Associazioni professionali di Architetti, Ingegneri, Avvocati, Medici, Dentisti, Geometri, Geologi, Giornalisti, Chimici, allo scopo di superare il problema dell’abolizione delle tariffe professionali che avrebbe provocato la svendita del proprio lavoro, cosi si legge su Edilportale.

Intanto siamo nel 2017 e stiamo ancora parlando di Ordini professionali, troppi in termini qualitativi e quantitativi.

Per prima cosa non si capisce perchè, soprattutto quelli di Architetti, Ingegneri, Periti e Geometri non si siano fusi in unico Super Ordine tecnico: sono quattro categorie che lavorano nello stesso settore con competenze professionali indefinite dagli Anni Venti del XX secolo.

Inoltre nell’avanzato 2017 sono ancora distribuiti uno per provincia, sarebbe sufficiente uno per regione e ciò permetterebbe di abbattere moltissimo i costi.

Gli Ordini nel corso degli ultimi hanno assistito “quasi inermi” ad una loro graduale revisione/riduzione delle funzioni, in alcuni casi a loro danno, come appunto la funzione di revisione tariffaria, oppure come funzione disciplinare (resa compartecipata coi tribunali, indebolendo la funzione e immagine dell’Ordine agli occhi esterni) e infine la formazione.

Quest’ultima è stata resa obbligatoria, e si aperta a sistemi on line o FAD che consentono il loro svolgimento a distanza tramite alcuni appositi provider accreditati. Certo è che si è avverata la profezia che ha svuotato le aule di formazione frontale degli Ordini provinciali a favore di quelli online, il tutto misurato con famigerati Crediti Formativi.

Quindi, la frammentazione Ordinistica, soprattutto per quelli tecnici, non ha giocato a favore nella partita delle tariffe.

Conclusioni.

In questi anni di Crisi e caduta al ribasso si è indiscutibilmente assistito ad una perdita di credibilità verso gli occhi esterni, e con essa della relativa aspettativa.

Tutto questo rientra nella più ampia sfera del decoro della categoria professionale, il valore principe indicato in ogni codice deontologico.

Sarà parecchio difficile riportare più in alto la credibilità, sarà necessario un enorme lavoro collettivo.

Per il resto, buon equo compenso e buona manifestazione a tutti.

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