La mera rappresentazione di abusi edilizi in precedenti titoli abilitativi rilasciati dal Comune non genera alcun legittimo affidamento.
Mi stavo appunto domandando perchè non fosse ancora venuto fuori in campagna elettorale
Ieri sul profilo Instagram ho lanciato un sondaggio in cui lasciavo decidere l’argomento di questo post: è Condono fu.
Immediate polemiche scatenate dopo le parole di Berlusconi che aprono a possibili interventi normativi volti a semplificare l’attività edilizia e aprendo perfino ad una sanatoria per gli abusivisti di necessità (ne parlo in questo video).
Partiamo da una premessa: Berlusconi nasce, e resta, un costruttore; quindi il settore lo conosce bene.
Egli non ha parlato di un condono edilizio esteso, cioè come il primo emanato con L. 47/85, e riesumato con L. 724/94, ma solo circoscritto a chi lo ha compiuto per necessità, cioè chi lo ha fatto per dare un tetto alla propria famiglia. Berlusconi ha infatti sottolineato il massimo rigore nel circoscrivere i possibili aventi diritto.
Sul punto mi sono già espresso più volte, e mi sono accorto che è difficile prendere posizione.
Da una parte abbiamo il principio assoluto di Legalità, che si scontra con una situazione di fatto creatasi anche per molte inadempienze della stessa Pubblica Amministrazione verso i cittadini: mancata o inadeguata pianificazione del territorio, insufficiente risposta alla tensione abitativa in certe aree per carenza di edilizia a prezzi calmierati, incertezze sulle normative e discipline da applicare, eccessiva sovrapposizione nelle competenze di pianificazione, ma anche una non rara corruzione della P.A. nel rilasciare i dovuti permessi (basti leggere la cronaca tutti i giorni).
Dall’altra parte, c’è anche un cronico atteggiamento di insofferenza e repulsione al rispetto di qualsiasi norma o regola, e mi domando se sia la causa o l’effetto di questa burokratizzazione.
Quando il problema diventa più grande delle possibili soluzioni, non possiamo far altro che tirare una riga.
Puntualmente torna alla ribalta la soluzione del condono, criterio culturale a cui siamo abituati da secoli di religione cattolica cresciuta su istituti come indulgenze, confessione e Giubilei.
L’insegnamento che esce da ciò è: “Sbaglia pure, tanto in un modo o nell’altro ci si passa sopra”.
Insegnamento vizioso invece che virtuoso.
Ormai questa cultura ce la teniamo perchè congenita, inutile discuterci sopra.
Resta il fatto che si passa ancora una volta sopra l’istituto della Legalità.
I condoni alimentano la disparità di trattamento tra cittadini onesti e furbastri.
In tutte le cose ci vuole il giusto equilibro.
Berlusconi ha sollevato un punto su cui concordo a piene mani: semplificare la materia edilizia.
Al netto delle valutazioni comportamentali dell’uomo Berlusconi, ha sottolineato una esigenza di cambiare le regole, cioè di evitare lunghe attese per avere permessi, autorizzazioni e licenze.
Mi sembra di scorgere dalle sue parole l’intenzione di cancellare gli ultimi stralci del regime autorizzativo nei confronti di leggi urbanistiche e regolamenti, per spostare l’intero rischio e responsabilità sul richiedente; e aggiunge che, in caso di irregolarità, dovrà esserci un periodo per sanarle.
Caro Silvio, quanto dici esiste già, ed è l’istituto della SCIA, la Segnalazione Certificata di Inizio Attività.
Mi domando: vuoi estenderla definitivamente a tutti gli interventi edilizi rilevanti, cioè quelli che oggi sono soggetti a Permesso di Costruire? Estendere quindi l’istituto della Scia alternativa al Permesso ad ogni intervento edilizio penalmente rilevante ?
Anche qui si diventa combattuti nel fare la scelta.
Da una parte ha ragione sul fatto che sia necessario velocizzare certe procedure autorizzative, visto che alla PA resta in molti casi un forte potere di valutazione discrezionale e soggettivo nei confronti di progetti, criterio che spesso viene abusato per favorire o sfavorire taluni o tal’altri (non parlo di credenze, ma di reali fatti di cronaca e perfino vissuti sulla pelle).
Deve finire il potere assoluto di certi assessori verso taluni cittadini.
Ma, e in via avversativa, dall’altra parte c’è da farsi un serio interrogativo.
Ammesso di voler traghettare verso un regime edilizio completamente “libero”, ci dobbiamo interrogare quanto sia alto il livello medio di preparazione dei professionisti e se sia adeguato per assumersi la piena responsabilità di affrontare la liberalizzazione dell’edilizia penalmente rilevante, e di conseguenza se il cittadino ha la consapevolezza dell’aggravamento dei rischi e responsabilità che si assume senza il setaccio della PA.
Pensiamoci un attimo, chi vuol capire, capisce.
E lo dico senza filtri: l’Italia ha già avuto una stagione di edilizia liberalizzata, ed è stata quella compiuta tra il 1942 e il 1° settembre 1967.
I risultati e gli errori li stiamo pagando ancora.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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