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L’ultimazione della costruzione abusiva si configura col completamento del rustico e tamponature, giurisprudenza conferma

Quando si procede alla conclusione delle pratiche di condono edilizio, tra i vari punti rilevanti da accertare vi è l’epoca di ultimazione delle opere, ma anche l’effettivo stato di consistenza.

Tra i diversi requisiti per concludere positivamente il condono edilizio, relativo ad una costruzione abusiva, vi è l’ultimazione degli edifici alle condizioni dell’art. 31 comma 2 della L. 47/85.

Le domande di condono sono state presentate in base alla normativa straordinaria di riferimento, dove è stata indicata la data entro la quale le opere abusive dovessero risultare completate e ultimate entro il:

I provvedimenti di Condono edilizio successivi al primo (cioè la L. 724/94 e L. 326/03) fanno espresso rinvio al Capo IV e V della L. 47/85, e quindi anche all’art. 31 comma 2 della L. 47/85, il quale dispone la condizione essenziale di ultimazione lavori per ottenerne il rilascio:

“si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura, ovvero, quanto alle opere interne agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente”.

Possiamo riassumere la norma così:

  • nuove costruzioni/volumi: eseguito il rustico + copertura;
  • opere interne a edifici esistenti e a quelle non residenziali: complete funzionalmente;

Vediamo di seguito l’interpretazione della giurisprudenza, sopratutto sulla necessità delle tamponature ultimate o meno.

Edificio al rustico e obbligo tamponature, la giurisprudenza

Partiamo da quanto affermato ripetutamente dalla giurisprudenza: per edifici ultimati si intendono quelli completi almeno al rustico, ovvero mancanti solo delle finiture, quali infissi, pavimentazione, tramezzature interne, ma necessariamente completati con la copertura e le tamponature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili e esattamente calcolabili (Cons. di Stato n. 6028/2021. n. 2160/2020, n. 7282/2019).

Da una parte siamo abituati ad individuare l’edificio e la sua sagoma col solo “scheletro” strutturale, realizzato in calcestruzzo armato (cemento armato in gergo), privo di pareti laterali e interne, ma dotato comunque dei solai di copertura. Tra l’altro, la definizione di Sagoma dal 2016 è stata unificata a livello nazionale (RET) e dai recepimenti regionali.

Tuttavia ai fini dell’ottenimento e rilascio della concessione edilizia in sanatoria (ai sensi della legge sul condono edilizio), è necessario che siano ultimate anche le pareti esterne e tamponature, anche di fronte ad una struttura “scheletro” completata.

La giurisprudenza ha infatti confermato che non è sufficiente la sola fisionomia “strutturale” dell’edificio, in quanto “la sagoma della volumetria è in linea di principio riconoscibile in tutti gli edifici che siano sprovvisti delle sole tamponature esterne, ma tale circostanza non esclude la necessità che le tamponature esterne siano effettivamente realizzate per poter considerare ultimato l’edificio, anche perché in sede realizzazione delle tamponature possono essere, in ipotesi, realizzate sporgenze o avanzamenti, che ovviamente incidono sulla volumetria complessiva dell’edificio“. (TAR Catania n. 1062/2022).

Sul punto anche il Consiglio di Stato si è già espresso, affermando che “Ai fini dell’ultimazione del fabbricato, sono necessarie le tamponature esterne e l’esistenza di una copertura che ha, dal punto di vista della sagoma e del volume, la funzione di definire le dimensioni dell’intervento realizzato e, dal punto di vista costruttivo, lo scopo di rendere conto della compiutezza della realizzazione stessa” (Cons. di Stato n. 6028/2021, n. 339/2020, n. 202/2020, n. 6841/2018).

Conclusioni e consigli utili

Difficile da dirsi, ma nelle domande di condono edilizio ancora pendenti e relativi ad edifici non ultimati secondo norma le cose si mettono male. Infatti venendo a mancare una delle condizioni essenziali per ottenerne il rilascio, appare evidente che l’unica strada che si apre sia la demolizione e rimessa in pristino.

Conosco anche situazioni in cui qualche proprietario si sia messo a fare successive opere di completamento fino a rendere di fatto abitabile o utilizzabile l’immobile, tuttavia siamo di fronte ad un proseguimento o reiterazione dell’abuso edilizio, avvenuta sicuramente dopo i termini previsti dalla norma. Non so quanto convenga loro ottenere il condono dietro false attestazioni.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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