Anche gli interventi CILA-S sono soggetti al rispetto dello Stato Legittimo, pertanto niente immobili abusivi
Lo strumento urbanistico può individuare edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi di esso, quindi in attesa di sua attuazione il proprietario dell’immobile può eseguire qualsiasi intervento conservativo
Ho chiesto all’urbanista Andrea Pantaleo un parere su questa pronuncia, che mi ha sintetizzato la questione con questo suo interessante contributo.
Tutto ebbe inizio col decreto Sblocca Italia convertito poi in L. 164/2014, verso il quale la Regione Puglia nel gennaio 2015 ha depositato ricorso per l’impugnarne l’incostituzionalità di alcune parti, in particolare il provvedimento introduceva l’articolo 3-bis nel Testo Unico dell’edilizia apportante innovazioni di una certa portata.
Con l’entrata in vigore della L. 164/2014 è consentito allo strumento urbanistico comunale l’individuazione degli edifici esistenti non più compatibili con gli indirizzi di pianificazione.
In attesa dell’attuazione del piano al proprietario dell’immobile è permesso eseguire qualsiasi intervento conservativo, e la demolizione con ricostruzione esclusivamente per evidenti ragioni di carattere statico o igienico sanitario.
Tali innovazioni sono state ritenute dalla Regione Puglia contrastanti con l’art. 117 e 118 della Costituzione in quanto la materia di «governo del territorio» è assoggettata alla competenza concorrente Stato- Regioni.
Tra l’altro proprio pochi giorni fa la legislazione concorrente su questa materia è stata completamente eliminata e riassegnata allo Stato con l’avvenuta approvazione della Riforma costituzionale illustrata in questo articolo.
Lo strumento urbanistico comunale può individuare edifici esistenti non più compatibili con i suoi indirizzi pianificatori
La regione aveva avanzato due interpretazioni avvaloranti il proprio ricorso sulla legittimità costituzionale:
- tutti gli interventi permessi sino all’adozione del piano sarebbero dotati per legge di titolo abilitativo (escluso demolizione con ricostruzione se non per i motivi prima citati);
- la norma consentirebbe non tanto gli interventi conservativi, bensì il divieto di interventi di demolizione e successiva ricostruzione;
Entrambi i casi, secondo la Regione Puglia, andrebbero in conflitto con l’art 117 in quanto si formerebbe una disciplina autoapplicativa e autosufficiente in grado di ridurre l’iniziativa legislativa regionale.
I due punti assumerebbero aspetto incostituzionale nei confronti dell’art. 118, il quale assegna ai comuni funzioni amministrative in ambito di edilizia privata e di titoli abitativi.
Secondo la Regione Puglia sarebbe violato anche l’art 3 della Costituzione, dato che la norma omologherebbe il trattamento di diverse realtà regionali e locali a discapito delle diverse esigenze urbanistiche dei vari territori.
La Corte Costituzionale ha espresso le proprie conclusioni sul ricorso con sentenza n. 67/2016, respingendo l’impugnazione della Regione Puglia in quanto ritenuta poco chiara e priva di fondamento.
Come espresso dalla difesa dello Stato, la norma oggetto di impugnazione fornisce una disciplina unitaria nei casi in cui lo strumento urbanistico locale identifichi gli edifici non più compatibili con le prospettive di piano.
In questo caso è chiaramente stabilito che il comune possa favorire la riqualificazione delle aree attraverso delle forme di compensazione senza l’aumento delle superfici coperte: la logica seguita è quella della perequazione, che nell’urbanistica contrattata solleva l’amministrazione dal pagamento di oneri, incentivando il recupero e attivando una formula ben più favorevole del classico esproprio.
Il tutto avviene all’interno di una cornice di promozione e ripresa del settore edilizio, mirando alla riduzione del consumo di suolo; ai comuni rimane quindi inalterato il compito di pianificare e fare urbanistica attraverso soluzioni perequative.
Tirando le somme si afferma che fino all’effettiva validità del piano i proprietari possono eseguire interventi conservativi che non riguardino la demolizione con successiva ricostruzione (a meno che non siano giustificati da motivi statici o di igiene sanitaria).
Per quanto riguarda l’interpretazione data su autoapplicazione e autosufficienza, la Corte ha ritenuto che tali presunti caratteri non implicano contrasto con la disciplina del vigente Titolo V relativo al riparto tra competenze delle materie di legislazione concorrente.
Inoltre, secondo la Corte, una disciplina statale “di principio” non necessitante di specifiche disposizioni attuative, non può essere considerata come automaticamente produttiva dell’effetto di “espropriare” i legislatori regionali del proprio potere di conformare la regolazione statale alle proprie specifiche esigenze.
Per questi motivi la Corte Costituzionale ha dichiarato legittimo la parte impugnata della L. 164/2014, respingendo così il ricorso della Regione Puglia.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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