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pianta tipo

Come comportarsi con immobili autorizzati con elaborati progettuali assai generici

Partiamo da una situazione che si verifica spesso quando si effettua la ricerca della conformità urbanistica e le relative indagini negli edifici di una certa consistenza: disegni tecnici e progetti assai scarni e semplicistici ai nostri occhi, ma sufficienti all’epoca per concedere la licenza edilizia a costruire.

Già in passato avevo scritto un post in merito, dove avevo evidenziato che buona parte del patrimonio edilizio realizzato fino agli anni ’70 è stato autorizzato con semplici rappresentazioni grafiche chiamate “pianta tipo”, “sezione tipo” e “prospetto tipo”.

Ad oggi questi metodi di disegno architettonico appaiono riduttivi, se li paragoniamo alla montagna di documenti e progetti richiesti dalla normativa urbanistico edilizia vigente. Tra l’altro, la questione della completezza dei contenuti e rappresentazione minima da consegnare nelle pratiche edilizie è ancora aperta: infatti non esiste una norma nazionale che disponga un obbligo in tal senso, al netto di quelle eventualmente previste da norme regionali (es. Toscana) e nei regolamenti edilizi comunali.

Diciamo pure che la scelta e modalità di presentazione dei progetti si appoggia ad entrambi i criteri aventi natura:

  • standard, in base a quanto risulta dalle convenzioni di rappresentazione grafica, architettonica e ingegneristica (es. Norme Uni);
  • discrezionale, in base alle scelte del singolo professionista.

Comunque, veniamo a noi perchè sempre più spesso quando si va a ricostruire lo Stato Legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare (art. 9-bis DPR 380/01), si deve raffrontare lo stato attuale dell’immobile con planimetrie, sezioni e progetti realizzati decenni fa.

Pianta tipo, sezione tipo, e costruivi sette piani con un foglio

I giovani professionisti che si approcciano a fare le verifiche degli immobili non devono stupirsi se dagli accessi agli atti spuntano fuori licenze edilizie molto scarne per edifici di notevoli dimensioni.

Queste licenze edilizie venivano davvero rilasciate sulla base di un “disegnino”, termine che a noi tecnici odierni fa imbufalire; ma potrete riscontrare che certe licenze contengono un paio di fogli formato A3 dove è presente una pianta tipo e sezione tipo.

Definizione Pianta tipo: pianta raffigurante un piano ideale, valevole per tutti i piani soprastanti e sottostanti. Era appunto chiamata “tipo” perchè aveva lo scopo di riportare la tipologia generale della distribuzione interna, delle tamponature esterne e delle parti strutturali, in cui erano presenti quotature molto sommarie (di sagoma esterna, quando va bene), la destinazione d’uso delle stanze e forse la loro superficie netta.

Sezione Tipo: spesso consisteva piuttosto in uno schema trasversale per dimostrare il rispetto dell’altezza massima esterna dell’edificio, per fare il riferimento della gronda di copertura rispetto alla quota di riferimento (marciapiede, strada pubblica, ecc). Raramente riportavano le altezze e quote all’interno delle unità immobiliari presenti, chiaramente se venivano disegnate in sezione anche le parti interne.

Accettare questo tipo di rappresentazione nelle vecchie licenze edilizie era una prassi diffusa e accettata da tutti gli attori in gioco: professionisti, imprese e Pubblica amministrazione.

Adesso però quando si svolgono verifiche per lo Stato Legittimo, la pianta tipo non è di aiuto

Anche in questo caso diciamocelo chiaramente: quando si ritirano i disegni progettuali con piante e sezione tipo, ci possiamo subito mettere i capelli in capo (battuta pessima per me).

E’ assai probabile che dall’analisi comparativa tra stato rilevato (odierno) e lo stato legittimo licenziato ricavabile dalla Pianta tipo (e sezione tipo) salteranno fuori discordanze superiori alle tolleranze edilizie (art. 34-bis DPR 380/01), per diversi probabili motivi di mancato:

  • rispetto di sagoma e volumetria;
  • deposito varianti in corso d’opera ai prospetti e distribuzione interna;
  • rispetto delle destinazioni d’uso;
  • eccetera

Tutto ciò perchè nella cultura e prassi applicata all’epoca era pacifico e sufficiente operare in quel modo, perchè l’edificio comunque era licenziato, e ancora non si era affermata l’attuale sensibilità della rispondenza dell’edificio al progetto presentato.

Certo, bisogna dire che la precisione di un opera edilizia non si istituisce per decreto; al contrario è un metodo che parte sopratutto dalle maestranze e professionisti, quindi un modus operandi. Le costruzioni precise si facevano anche nei secoli passati, quando ancora non esistevano strumenti, tecnologia e matematica evoluta come oggi.

Pianta Tipo, e le difformità rispetto ad oggi

Tuttavia noi Tecnici professionisti abbiamo un compito e un problema da risolvere: come ci comportiamo con le verifiche di Stato Legittimo per questi edifici licenziati con tre foglietti?

E’ una bella domanda a cui posso rispondere soltanto così: applicare il vigente quadro normativo, purtroppo. La normativa vigente non prevede un occhio di riguardo o un approccio semplificato per edifici autorizzati a suo tempo con altrettanto approccio sommario.

In altre parole dobbiamo trattare le eventuali discordanze realizzate rispetto ad una pianta volutamente approssimativa, come se fossero state autorizzate ieri.
Questa è la cosa grottesca che intendo sollevare e anche denunciare.

E’ mai possibile che si debba effettuare verifiche al millimetro per costruzioni licenziate con tre foglietti e due disegnini? Non importa una laurea di ingegneria per capire che buona parte di questo patrimonio costruito andrà sanato, condonato o regolarizzato con procedure costose, e forse peggiori come la “fiscalizzazione“.

Ed ecco perchè anche su questo tipo di problema il legislatore non può più rimandare, e affrontare una profonda riforma del DPR 380/01, introducendo nuovi strumenti di regolarizzazione (a costi sostenibili) e un meccanismo di chiusura col passato.

Questo meccanismo l’ho ipotizzato come un “Giubileo dell’urbanistica“: per qualcuno suonerà forse come “condono”, però non auguro a costui di trovarsi in una situazione di immobile irregolare, con abusi insanabili e fiscalizzabili.

Detto col cuore.

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