Regolamento Edilizio Tipo stabilisce che sporti inferiori a 1,50 metri non rientrano in sagoma dell'edificio
Distanze minime tra edifici previste dall’art. 873 C.C. e D.M. 1444/68 vanno misurate in maniera lineare da pareti finestrate e non in radiale come per le vedute
Anche il Consiglio di Stato ha convalidato il metodo di misura della distanza minima tra costruzioni, scegliendo i motivi per cui si debba applicare quello lineare invece di quello radiale.
Lo ha fatto con la sentenza C.d.S. n. 6438/2023, confermando quanto già enunciato dal Consiglio di Stato n. 4465/2020 e dalla precedente importante sentenza di Cassazione Civile n. 10580/2019 (già commentata in precedente post).
Nella predetta sentenza il Consiglio di Stato 6438/2023 si è espresso sulla fattispecie riguardante la realizzazione di un manufatto ad uso ripostiglio quale pertinenza di fabbricato esistente residenziale, in posizione frontistante al fabbricato del vicino confinante. Tale manufatto è stato realizzato a distanza inferiore a tre metri dal muro perimetrale della villetta del vicino e a meno di dieci metri da altro fabbricato di soggetto terzo confinante.
Il dubbio riguarda se tali distanze possano essere prese:
- linearmente: creando una esatta linea parallela a quella del fronte finestrato, interrompendola rispetto al termine del fronte stesso;
- radialmente: in aggiunta alla prima, proseguire in maniera radiale o “buffer” rispetto al fronte dell’edificio;
Un esempio potrebbe essere quello riportato nell’immagine per l’immobile A rispetto a C:
Per tale ripostiglio, il confinante dell’edificio situato a meno di tre metri dal muro perimetrale della villetta (e non dell’altro edificio) ha contestato il mancato rispetto di:
- dell’art. 873 c.c., secondo cui le costruzioni tra fondi finitimi devono essere tenute ad una distanza non inferiore a 3 (tre) metri.
- dell’art. 9, comma 2, del D.M. n. 1444/1968, che prevede la distanza minima di 10 metri tra pareti finestrate per gli edifici di nuova realizzazione e che, come tale, non ammetterebbe deroga alcuna;
Tuttavia, il mancato rispetto della distanza minima di dieci metri faceva riferimento tra il ripostiglio e un altro edificio di proprietà altrui, e non del vicino confinante che ha promosso il ricorso.
Nel merito il Consiglio di Stato ha confermato che la verifica della disposizione contenuta nell’art. 9, comma 1, n. 2, del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444, che impone la distanza minima di dieci metri tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti, non si misura in modo radiale, come invece avviene per le distanze rispetto alle vedute, ma in modo lineare tracciando linee perpendicolari tra gli edifici (vedi anche Consiglio di Stato 10/07/2020, n. 4465).
Stessa indicazione vale anche per le distanze minime da misurare tra edifici nel rispetto dell’articolo 873 del Codice Civile: essendo il medesimo scopo di evitare intercapedini dannose per insalubrità, come quelle ex art. 9. D.M. n. 1444/1968, non vanno misurate in modo radiale, ma in modo lineare; pertanto diviene errato misurare la distanza con angolazione obliqua tra un manufatto e l’altro.
Caso mai è opportuno ricordare che il metodo di misura radiale si debba applicare per esempio per le distanze minime alle vedute.
Distanza minima anche alla luce del Regolamento Edilizio Tipo
Nel 2016 è stato emanato il Regolamento Edilizio Tipo per omogeneizzare le definizioni e parametri urbanistici, per i quali le Regioni devono recepirlo con eventuali integrazioni aggiuntive.
In esso troviamo la definizione di distanza in generale, indicata nell’Allegato A voce n. 30 del Regolamento Edilizio Tipo nazionale (DPCP 20 ottobre 2016):
Lunghezza del segmento minimo che congiunge l’edificio con il confine di riferimento (di proprietà, stradale, tra edifici o costruzioni, tra i fronti, di zona o di ambito urbanistico, ecc.), in modo che ogni punto della sua sagoma rispetti la distanza prescritta.
Per come è stata scritta, non si ritiene che essa possa avere un significato o metodo applicativo radiale, bensì lineare e pertanto coerente con la giurisprudenza menzionata, vediamo se il criterio troverà conferma ufficiale dalla giurisprudenza.
La definizione è peraltro coerente con quella prevista dalla normale geometria.
SCOPO DELLA DISTANZA MINIMA TRA EDIFICI.
Alla prescrizione inderogabile di distanza minima di 10 metri tra costruzioni di cui all’art. 9, comma 2 del D.M. 1444 del 1968 è pacificamente riconosciuta una finalità pubblicistica – quella cioè di salvaguardia delle imprescindibili esigenze igienico sanitarie, al fine di evitare malsane intercapedini tra edifici tali da compromettere i profili di salubrità degli stessi, quanto ad areazione, luminosità ed altro – poiché tale finalità ne giustifica la natura inderogabile – al punto che le disposizioni di cui al DM 1444/68, secondo un risalente e non superato insegnamento, prevalgono sulle contrastanti previsioni dei regolamenti locali, ai quali si sostituiscono per inserzione automatica – ma non consente di ritenere sussistente un pregiudizio in re ipsa, derogando ai principi generali sull’interesse a ricorrere, come di recente ribaditi e precisati dalla sentenza della Adunanza Plenaria n. 22/2021.
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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