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Sono parametri urbanistici con finalità e regole differenziate, e disciplinate da autonome regolamenti

Sarebbe interessante poter fare un ampia analisi sulla materia delle distanze legali, per cui restringo il margine della questione: quale rapporto esiste tra distanze tra edifici e distanze dai confini?

Spesso si è portati a fare un rapido ragionamento per cui la distanza minima dai confini sia automaticamente legata con quella minima prevista tra le costruzioni frontistanti.

Intanto bisogna premettere che questi due tipi di distanze legali sono così disciplinate:

  • Distanze delle costruzioni dai confini: pianificazione comunale e regolamentare, restando valida la prescrizione minima prevista dall’art. 875 del Codice Civile.
  • Distanze minime tra edifici: sia dall’articolo 873 del Codice Civile che, in via integrativa, dall’art. 9 del D.M. 1444/1968.

E’ necessario ricordare che questi due parametri urbanistici sono diversi ed autonomi sotto il profilo applicativo, con le seguenti finalità (sentenza TAR BS n. 465/2022):

  • Distanza minima dal confine, intende garantire un ordinato assetto del territorio;
  • Distanza minima tra edifici, persegue la tutela igienico sanitaria e impedire la formazione di intercapedini insalubri;

Per quanto possono apparire simili o interscambiabili, ci sono differenze notevoli da analizzare.

DISTANZE LEGALI IN EDILIZIA: ELENCO POST

Rapporto tra distanza dai confini e tra costruzioni: art. 873 C.C. e DM 1444/68 a confronto

Devo fare una importante premessa, che verrà ripetuta in seguito: gli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi possono sempre prevedere una disciplina più restrittiva (cioè aumentare le distanze minime già previste), per cui occorre sempre incaricare un Tecnico abilitato per fargli consultare Comune per Comune le varie distanze imposte.

Infatti l’art. 871 del Codice Civile dispone una regola base che rinvia le regole da osservare nelle costruzioni alla normativa generale ai regolamenti edilizi comunali:

«le regole da osservarsi nelle costruzioni sono stabilite dalla legge speciale e dai regolamenti edilizi comunali».

E’ arcinoto che in base all’art. 873 del Codice Civile la distanza minima tra costruzioni sia quella di tre metri:
“le costruzioni su fondi finitimi, se non sono unite o aderenti, devono essere tenute a distanza non minore di tre metri. Nei regolamenti locali può essere stabilita una distanza maggiore.”

Faccio presente che l’articolo 873 del Codice Civile contiene espresso rinvio alle distanze eventualmente maggiorate dai regolamenti locali, cioè una categoria molto ampia che può comprendere ulteriori discipline, oltre a quella comunale. Pensiamo ai regolamenti di igiene o norme regionali, per esempio.

E’ altrettanto noto ormai che tale distanza minima tra edifici sia stata aumentata (solitamente) ad almeno dieci metri nei vari strumenti urbanistici comunali (Piano Regolatore), Regolamenti Edilizi comunali aggiornati in seguito al D.M. 1444/68.
L’articolo 9 al comma 1 prevede distanze minime tra fabbricati in base a diverse zone territoriali omogenee; la lettera 2) prevede per tutte le zone diverse dalle Zone A (Es. centri storici) la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.

Principio di Prevenzione C.C. e distanze minime dai confini

Sulla materia di “prevenzione temporale” c’è tantissima letteratura e giurisprudenza consolidata, che provo a riassumere: chi edifica per primo su un fondo contiguo può (potrebbe) costruire sul confine o distaccarsi dal confine; tuttavia gli strumenti urbanistici e regolamenti edilizi, coi propri poteri pianificatori, hanno disciplinato e condizionato in maniera restrittiva queste possibilità.

A meno di non trovarsi a che fare con un Comune dotato di Piano Regolatore e Regolamento Edilizio molto carente, ormai possiamo di fatto considerare superata la disposizione “base” del principio di prevenzione.

Sempre fatto salva diversa disposizione più restrittiva dei regolamenti edilizi comunali, limitiamoci a ricordare che il Codice Civile prevede:

  • art. 875: disciplina la comunione del muro soltanto allo scopo di fabbricarvi addosso in funzione della distanza minima dai confini, quando il muro si trova ad una distanza inferiore ad un metro e mezzo ovvero a distanza minore della metà di quella prevista tra costruzioni in base ai regolamenti locali;
  • art. 877: ammette la possibilità di costruire sul confine in aderenza alla costruzione esistente del vicino (ovviamente situata anch’essa sul confine).

Di fatto l’art. 875 del Codice Civile non contiene una espressa previsione delle distanze minime degli edifici dai confini, finalizzato invece a consentire l’occupazione del suolo del vicino occupato dalla costruzione addossata all’edificio preesistente.
Tuttavia è probabile che abbia ispirato la materia di pianificazione territoriale e urbanistica per individuare un criterio equo per stabilire una distanza minima degli edifici dai confini pari alla metà della distanza minima tra costruzioni.

Solitamente la distanza minima dai confini viene rapportata, anche congiuntamente, con questi criteri:

  • metà della distanza minima tra costruzioni frontistanti
  • metà dell’altezza della costruzione più alta tra quelle frontistanti

Questa modalità è divenuta consolidata prassi nella redazione dei piani regolatori e regolamenti edilizi. E’ importante ricordare che non è una disposizione prevista dal D.M. 1444/68.

Distanze minime dai confini: le stabilisce la disciplina locale

La disciplina delle distanze minime dai confini va considerata disgiunta o autonoma rispetto a quella delle distanze minime tra costruzioni, quest’ultima non è estensibile analogicamente a quella sulla distanza dal confine.

Non esiste una norma primaria che prevede un rapporto automatico tra distanza minima dai confini e tra costruzioni, proprio perchè c’è un vuoto normativo.

Come detto in precedenza, le due norme hanno un oggetto, un interesse protetto e una ratio totalmente diversi tra loro, e pertanto possono essere disciplinate da sistemi di regole altrettanto diversi e indipendenti.

L’art. 9 del DM 1444/1968 prevede alcuni limiti alle distanze tra costruzioni: tale norma ha previsto una soglia minima di tutela e non un limite massimo inderogabile, pertanto il pianificatore locale ha sempre la facoltà di prevedere una tutela maggiore del territorio e dei privati, adottando criteri anche più rigidi di quelli previsti (cfr. sentenza TAR Brescia n. 465/2022).

Consigli utili e conclusioni

E’ preferibile controllare sempre le distanze minime dai confini vigenti in ogni Comune, sia nel proprio regolamento edilizio che nello strumento urbanistico (Piano Regolatore).

Infatti è vero che sono ormai date per assorbiti alcuni criteri e prassi nel definire le distanze minime dai confini delle costruzioni, ma è pur vero che l’attuale normativa primaria non ha regolamentato questo importante parametro urbanistico.

Siamo talmente abituati a pensare alla distanza minima di dieci metri tra edifici e ad associare la distanza minima dai confini alla sua metà, che ci siamo scordati che ogni Comune mantiene intatti i poteri pianificatori.

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