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Criteri generali per calcolare le distanze legali tra edifici entro e fuori terra

Fintanto che si parla di manufatti, edifici e costruzioni fuori terra non vi sono dubbi sul fatto che siano sottoposto al rispetto delle distanze minime previste ai fini codicistici sia amministrativi.

Il tema diventa interessante quando manufatti, costruzioni e fabbricati sono realizzati a livello seminterrato o completamente interrati, in base anche al piano di edificazione.

Trovo utile partire dalle definizioni generali riportate nell’Allegato A del Regolamento Edilizio Tipo nazionale:

  • Piano fuori terra: piano dell’edificio il cui livello di calpestio sia collocato in ogni sua parte ad una quota pari o superiore a quella del terreno posto in aderenza all’edificio;
  • Piano seminterrato: piano di un edificio il cui pavimento si trova a una quota inferiore (anche solo in parte) a quella del terreno posto in aderenza all’edificio e il cui soffitto si trova ad una quota superiore rispetto al terreno posto in aderenza all’edificio;
  • Piano interrato: piano di un edificio il cui soffitto si trova ad una quota inferiore rispetto a quella del terreno posto in aderenza all’edificio

Faccio però presente che le definizioni di piano degli edifici, qualora prese alla lettera, potrebbero lasciare spiragli a dubbi interpretativi quando si applicano alle distanze legali tra costruzioni.

Prendiamo ad esempio la definizione di piano interrato: per come è scritta, è sufficiente che l’intradosso del solaio soprastante sia al di sotto della quota di terreno, ammettendo lo spessore del solaio fuori (ipotizziamo 30 cm). Questa sporgenza del solaio fuori terra è soggetta o meno al rispetto delle distanze legali?

Distanze legali, differenza tra edificio e costruzione

Per dare una risposta è necessario riprendere un post di approfondimento e relativa giurisprudenza contenuta in esso.

Intanto occorre fare una precisa distinzione tra edificio e costruzione; infatti le anzidette definizioni del Regolamento Edilizio Tipo riguardano l’edificio, mentre la disciplina delle distanze legali riguarda le costruzioni.

Per quanto possano apparire simili queste definizioni, tra esse sussiste una differenza sopratutto nell’ambito delle distanze legali, cioè tra costruzioni; il termine “costruzioni” in questo ambito va presa nella sua più ampia accezione.

Il criterio generale statuisce che le distanze tra costruzioni si debbano applicare non soltanto agli edifici, ma a qualsiasi manufatto o porzione di manufatto fuori terra. Si deve anche aggiungere che ulteriori restrizioni possano essere previste dagli strumenti di pianificazione territoriale e regolamentari locali. In altre parole un Piano Regolatore Comunale potrebbe prescrivere per fini pianificatori il rispetto delle distanze minime tra costruzioni anche per i manufatti, edifici e costruzioni realizzati completamente interrati. Un esempio potrebbero essere le piscine interrate.

La sentenza del Consiglio di Stato più aggiornata sul punto è la n. 6157/2021, di cui riporto il seguente passaggio:

La consistenza materiale di dette opere le rendeva rilevanti ai fini dell’osservanza delle norme sulle distanze legali tra edifici, in base ai principi più volte ribaditi dalla giurisprudenza in materia (C.d.S., sez. VI, 5 marzo 2021, n. 1867: “La giurisprudenza, sia amministrativa (da ultimo, Cons. Stato, IV, 8 gennaio 2018, n.72; id., IV, 2 marzo 2018, n.1309) che civile (Cass. civ., II, 15 dicembre 2020, n.28612; id., II, 28 ottobre 2019, n.27476; id., II, 10 febbraio 2020, n.3043) ha evidenziato una tendenziale autonomia del concetto in ambito civilistico, rimarcando che, ai fini dell’osservanza delle norme sulle distanze legali tra edifici di origine codicistica, la nozione di costruzione non può identificarsi con quella di edificio, ma deve estendersi a qualsiasi manufatto non completamente interrato che abbia i caratteri della solidità, stabilità, ed immobilizzazione al suolo, anche mediante appoggio, incorporazione o collegamento fisso ad un corpo di fabbrica preesistente o contestualmente realizzato, indipendentemente dal livello di posa e di elevazione dell’opera (Cons. Stato, IV, 22 gennaio 2013, n. 354)”).

Conclusioni e consigli

Se dovessi esprimermi in maniera riduttiva, dovremmo dire che in linea generale la realizzazione di qualsiasi opera edilizia stabile e fissa al di sopra del naturale piano di campagna equivale a costruzione, e pertanto è soggetta al rispetto delle distanze minime (fatte salve le eventuali norme locali più restrittive).

E questo può valere anche per quelli di modesta entità: per assurdo (e neanche tanto) perfino un marciapiede esterno nel resede potrebbe essere assoggettato a distanza minima.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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