Regolamento Edilizio Tipo stabilisce che sporti inferiori a 1,50 metri non rientrano in sagoma dell'edificio
La Cassazione ha ribadito il criterio per misurare il distacco, diverso da quello per vedute
Urbanistica spesso significa tutela degli aspetti igienico sanitari tra costruzioni, che si traduce con distanze minime
In primis c’è l’art. 873 del Codice Civile, sempre valido. Poi venne il D.M. 1444/68, il famoso decreto attuativo della Legge Ponte n. 765/67.
Si trattava di un decreto “provvisorio” che doveva tamponare una certa inadempienza degli enti locali nella mancata dotazione di strumenti urbanistici e governo del territorio.
Il D.M. 1444/68 ha tutto’oggi l’articolo 9, che impone distanze minime tra costruzioni per certe ipotesi. E sull’argomento in questo blog ho scritto varie volte (Elenco articoli Distanze Legali e DM 1444/68).
Lo scopo della distanza minima tra costruzioni è quella appunto di evitare la formazione di intercapedine areata, potenzialmente dannosa per gli abitanti adiacenti, cioè pregiudizievole da un punto di vista igienico sanitaria.
La Cassazione Civile, con propria sentenza n. 10580/2019 è nuovamente intervenuta sul tipo di misurazione di questa distanza tra edifici.
La misura di questa distanza infatti, materialmente può essere presa:
- linearmente: creando una esatta linea parallela a quella del fronte finestrato, interrompendola rispetto al termine del fronte stesso;
- radialmente: in aggiunta alla prima, proseguire in maniera radiale o “buffer” rispetto al fronte dell’edificio;
La distanza radiale non va applicata nel misurare distanza tra costruzioni
E’ tipico usare la misura radiale per le vedute (cioè finestre, porte, ecc) in quanto lo scopo è tutelare appunto la visione del soggetto, che il Codice Civile le prevede espressamente in maniera frontale, laterale ed obliqua.
Per le distanze tra edifici invece non può avvenire così.
Lo scopo, si ripete, è impedire la formazione di intercapedine. E l’intercapedine non si forma se la distanza minima in ogni punto tra pareti frontistanti è quella prevista dallo specifico caso.
Nel caso in cui gli edifici non si fronteggino creando intercapedine, non scatta la distanza minima, neanche per minime porzioni.
Ho fatto un “Disegnino” affinché dia maggior chiarezza:
N.B: considerate gli edifici A, B e C separatamente, e non tutti assieme !
Gli edifici A e B si trovano tutti a distanza lineare minima di 10 metri, e non formano intercapedini inferiori ai 10 metri.
Gli edifici A e C non formano nessuna intercapedine inferiore a dieci metri, se misurati linearmente. E per fare ciò, è sufficiente appunto copiare letteralmente un segmento parallelo al fronte da cui misurarlo.
Tuttavia è ritenuto illegittimo misurare la distanza in maniera radiale come nel disegno, insinuando la formazione dell’intercapedine in quella porzione di cerchio dove si trovano gli edifici C.
Infatti, gli edifici C sui propri lati non formano una intercapedine lineare (ripeto, considerateli singolarmente, e non nel loro insieme!).
L’edificio C piccolo, stretto e lungo, sul lato inferiore non forma intercapedine con A.
Lo stesso per l’edificio C più grande, sul lato sinistro.
Ecco quindi spiegato il motivo per cui la misura radiale nelle distanze tra costruzioni non va applicata.
Sull’argomento consiglio pure questo video:
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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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