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Le disposizioni che incrementano le distanze tra edifici in funzione dell’altezza sono riservate alle zone di espansione urbana.

Ogni tanto tra le modifiche normative edilizie si annida qualcuna utile a dare spiegazione su come applicare quelle già vigenti.

In materia di distanze tra costruzioni è importante sottolineare la norma di interpretazione autentica effettuata nei confronti dell’articolo 9 DM 1444/68 sulle distanze legali, da parte del D.L. 32/2019.

Questa interpretazione autentica sta già iniziando a produrre effetti anche in giurisprudenza amministrativa, come potrai notare più avanti nella lettura: è importante sottolineare come questa forma di interpretazione autentica arrivi praticamente a oltre cinquant’anni dall’a sua entrata in vigore del predetto articolo 9. Meglio tardi che mai.

Bene, si preavvisa che la norma in questione riguarda sostanzialmente gli aspetti rispettivamente previsti dai commi 2 e 3 dell’articolo 9 DM 1444/68:

  • distanze tra costruzioni maggiorate quando vi siano interposte strade veicolari
  • distanze tra costruzioni maggiorate in funzione dell’altezza tra costruzioni fronteggianti;
  • deroga distanze in caso di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planimetriche (dicesi strumenti urbanistici attuativi).

Tale norma di interpretazione autentica inserita dall’articolo 5 comma 1 lettera b-bis) del D.L. 32/2019 (convertito in L. 55/2019)

b-bis) le disposizioni di cui all’articolo 9, commi secondo e terzo, del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di cui al primo comma, numero 3), dello stesso articolo 9.

Vediamo quindi gli effetti e i cambiamenti di significato che possono emergere da essa, confermando che possono rimanere comunque valide le ulteriori disposizioni regolamentari e strumenti urbanistici comunali più restrittive e non contrastanti col DM 1444/68. In questo senso diverse norme regionali hanno tentato di inserire deroghe all’articolo 9 DM 1444/68, senza successo, in base a molte pronunce a sfavore emesse dalla Corte Costituzionale.

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DL 32/2019 e il nuovo orientamento interpretativo sulle distanze DM 1444/68

La norma di interpretazione autentica assume anche valore retroattivo (quando vi siano i presupposti di invarianza sostanziale), e su questo aspetto non mi esprimo.

Posso dire che l’interpretazione autentica fornita dal DL 32/2019 va a incidere praticamente sulla seconda metà dell’articolo 9 DM 1444/68 relativo alle distanze legali, in quanto afferma che le disposizioni di cui all’articolo 9, commi secondo e terzo, del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, si interpretano nel senso che i limiti di distanza tra i fabbricati ivi previsti si considerano riferiti esclusivamente alle zone di cui al primo comma, numero 3), dello stesso articolo 9.

Ho provato a riformulare di seguito l’intero articolo 9 con alcune annotazioni coordinate in grassetto maiuscolo, necessarie per una migliore comprensione. A quanto pare, l’interpretazione autentica sostiene che le distanze legali “maggiorate” ai sensi dei commi 2 e 3 (in colore blu scuro) relative a strade interposte e altezze edifici trovino applicazione soltanto alle Zone Omogenee C del DM 1444/68:

art. 9. Limiti di distanza tra i fabbricati

(COMMA 1, NDR) Le distanze minime tra fabbricati per le diverse zone territoriali omogenee sono stabilite come segue:

1) Zone A): per le operazioni di risanamento conservativo e per le eventuali ristrutturazioni, le distanze tra gli edifici non possono essere inferiori a quelle intercorrenti tra i volumi edificati preesistenti, computati senza tener conto di costruzioni aggiuntive di epoca recente e prive di valore storico, artistico o ambientale.

2) Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti.

3) Zone C): è altresì prescritta, tra pareti finestrate di edifici antistanti, la distanza minima pari all’altezza del fabbricato più alto; la norma si applica anche quando una sola parete sia finestrata, qualora gli edifici si fronteggino per uno sviluppo superiore a ml 12.

(COMMA 2, NDR) Le distanze minime tra fabbricati – tra i quali siano interposte strade destinate al traffico dei veicoli (con esclusione della viabilità a fondo cieco al servizio di singoli edifici o di insediamenti) – debbono corrispondere alla larghezza della sede stradale maggiorata di:

– ml. 5,00 per lato, per strade di larghezza inferiore a ml. 7.
– ml. 7,50 per lato, per strade di larghezza compresa tra ml. 7 e ml. 15;
– ml. 10,00 per lato, per strade di larghezza superiore a ml. 15.

(COMMA 3, NDR) Qualora le distanze tra fabbricati, come sopra computate, risultino inferiori all’altezza del fabbricato più alto, le distanze stesse sono maggiorate fino a raggiungere la misura corrispondente all’altezza stessa. Sono ammesse distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi, nel caso di gruppi di edifici che formino oggetto di piani particolareggiati o lottizzazioni convenzionate con previsioni planovolumetriche.

Le distanze legali “maggiorate” nei commi 2 e 3 trovano applicazione soltanto per le Zone Omogenee C, riferite al precedente comma 1 punto 3; approfitto per ripotare la definizione normativa di Zona Omogenea C prevista all’articolo 2 D.M. 1444/68, chiamate solitamente “zone di espansione urbana” negli strumenti urbanistici comunali:

C) le parti del territorio destinate a nuovi complessi insediativi, che risultino inedificate o nelle quali l’edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità di cui alla precedente lettera B);

DM 1444/68, tra vecchia e nuova pianificazione del territorio

Occorre premettere alcuni principi applicativi del DM 1444/68 già affrontati più volte nel blog, tra cui il costante indirizzo della giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 3093/2017 e n. 2086/2017) secondo cui la disposizione contenuta nel citato art. 9 DM 1444/68, che prescrive la distanza di dieci metri che deve sussistere tra edifici antistanti, ha carattere inderogabile, poiché si tratta di norma imperativa, la quale predetermina in via generale ed astratta le distanze tra le costruzioni, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza.

Tali distanze sono coerenti con il perseguimento dell’interesse pubblico e non già con la tutela del diritto dominicale dei proprietari degli immobili finitimi alla nuova costruzione, tutela che è invece assicurata dalla disciplina predisposta, anche in tema di distanze, dal Codice Civile (articolo 873 e seguenti).
La medesima disposizione tuttavia riguarda “nuovi edifici”, intendendosi per tali gli edifici o parti e/o sopraelevazioni di essi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 3522/2016) “costruiti per la prima volta” e non già edifici preesistenti, per i quali, in sede di ricostruzione, non avrebbe senso prescrivere distanze diverse (vedi anche Cons. di Stato n. 6282/2020, tra le tante).

Distanze legali maggiorate, limitate alle sole Zone omogenee C

Trovo interessante la sentenza di Consiglio di Stato n. 6613/2021, confermante l’interpretazione autentica fornita dal predetto articolo 5 comma 1 lettera b-bis DL 32/2019, di cui riporto un passaggio conclusivo:

È dirimente considerare che, anche dopo l’intervento citato, in zona “B”, così come nelle altre zone (“D”, “E”, “F”), per le «nuove costruzioni», vale il limite della distanza di dieci metri (senza maggiorazioni). La norma invocata non incide infatti sul contenuto normativo dell’art. 9, comma 1, n. 2), del decreto ministeriale n. 1444 del 1968, secondo cui: «Nuovi edifici ricadenti in altre zone: è prescritta in tutti i casi la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti».

Questo principio ha confermato la “blindatura” dell’ambito applicativo della distanza minima di 10 metri tra costruzioni anche nei confronti dell’interpretazione autentica sopravvenuta.

Quindi, come anticipato nelle premesse, si potrebbe affermare che le distanze “maggiorate” da strade e altezze previste dai commi 2 e 3 dell’articolo 9 DM 1444/68 rappresentino una previsione destinata soltanto alla “nuova pianificazione” intervenuta a valle del DM 1444/68.

Certamente, adesso capite bene le perplessità di una norma di interpretazione autentica così tardiva rispetto all’entrata in vigore della norma stessa; una interpretazione più che favorevole e di buon senso, certamente, però sempre molto tardiva.

Infatti non è raro imbattersi in qualche strumento urbanistico comunale che invece ha recepito e pianificato il territorio applicando l’orientamento opposto, cioè una applicazione “estensiva” delle distanze maggiorate alle altre zone Omogenee (al di fuori delle Zone A, ovviamente).

Limitata anche la deroga alle distanze DM 1444/68 per strumenti attuativi?

Parliamo adesso dell’unica ipotesi di deroga alle distanze minime tra costruzioni contenute nell’articolo 9 DM 1444/68.

L’interpretazione autentica operata dal DL 32/2019 produce effetti, limitandoli, anche verso tale ipotesi di deroga ammissibile (soltanto) per gruppi di edifici, qualora espressamente prevista da certi strumenti urbanistici attuativi (piani particolareggiati e di lottizzazione convenzionata).

Se l’interpretazione autentica, prevista dall’articolo 5 comma 1 lettera b-bis DL 32/2019, afferma che i commi 2 e 3 dell’articolo 9 DM 1444/68 debbano essere riferiti soltanto alle Zone omogenee C, essa assorbe anche tale ipotesi di deroga.

In questo modo si dovrà escludere la deroga relativa a gruppi di edifici per costruirli a “distanze inferiori a quelle indicate nei precedenti commi“, in tutti gli ambiti territoriali diversi dalle Zone Omogenee C.

Pertanto gli effetti dell’interpretazione autentica apportata sulle distanze minime tra costruzioni dell’articolo9 DM 1444/68 si potrebbero riassumere come:

  1. una riduzione applicativa della deroga di cui sopra, in quanto limitata alle Zone Omogenee C;
  2. una ennesima conferma dell’inderogabilità assoluta della distanza di 10 metri tra nuovi edifici ricadenti in zone diverse dalla Zona A;
  3. una limitazione applicativa della maggiorazione di distanza in funzione di strade interposte e altezze di edifici.

La questione merita ulteriori approfondimenti, da svolgere anche verso altre pronunce di natura amministrativa e civilistica, su cui mi riservo di tornarci sopra.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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