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La diversità degli interessi pubblici tutelati impedisce la prevalenza del piano commerciale rispetto al piano urbanistico. 

La localizzazione delle medie e grandi strutture di vendita ha suscitato alcuni conflitti con la disciplina della pianificazione territoriale.

Indubbiamente le medie e grandi strutture di commercio portano con sé grandi interessi, e come tutti i grandi interessi, stimolano investimenti, occupazione, e quant’altro.

Si parla sopratutto delle grandi strutture e grandi contenitori meglio noti come centri commerciali, o mall, sui quali ho già preconizzato la loro lenta decadenza a vantaggio dei nascenti colossi della distribuzione E-commerce (ne parlo in questo video YouTube).

Sicuramente il colpo di grazia fatale avverrà quando avrà luogo la distribuzione commerciale “smaterializzata” del settore alimentare, cosa su cui Amazon non sta certo dormendo sopra, anzi.

Mi spiego meglio: i grandi centri commerciali, ancorché in crisi perchè divenuti troppi, riescono ancora a mantenere ruolo attrattivo in quanto ospitano ancora i supermercati alimentari al loro interno, un vero asset di sopravvivenza, una funzione essenziale per l’utenza.

Nel momento in cui arriverà un gigante digitale che riuscirà a distribuire prodotti alimentari porta a porta a prezzi competitivi acquistandoli con E-commerce, per i supermercati del carrello sarà l’inizio della fine. E con loro, avrà inizio l’agonia dei centri commerciali. Fin qui nulla di nuovo se comparato con quanto già avviene in paesi più avanzati come il nostro, primo tra tutti Stati Uniti e Francia, affetti da grandi fenomeni di “demalling”.

E ritengo non ci sia ancora molto tempo a ciò.

Ritengo opportuno focalizzare il rapporto esistente tra Disciplina commerciale e Pianificazione urbanistica territoriale.

L’art. 31 del D.L. n. 201/2011 consente ai Comuni di effettuare scelte in materia pianificazione territoriale finalizzate a garantire un corretto insediamento delle strutture commerciali, con riferimento anche agli aspetti connessi al contesto stesso.

Secondo quanto confermato dalla sentenza n. 2679/2017 del Consiglio di Stato, la disciplina programmatica territoriale di ogni comune, e quindi le relative politiche e scelte di sviluppo, rispondono all’esigenza di garantire un ordinato assetto del territorio.

Tra questi poteri vi rientra anche la limitazione alla localizzazione degli insediamenti commerciali, e alla relativa libertà di iniziativa economica.

La diversità degli interessi pubblici tutelati dalla pianificazione generale del territorio, impedisce di attribuire in astratto prevalenza disciplina commerciale rispetto a quella urbanistica (cfr. Cons. Stato, sez. VI n. 2679/2017, n. 2060/2012).

Nasce un rapporto di subordinazione tra disciplina commerciale e quella urbanistica.

In tal senso la giurisprudenza amministrativa ha più volte affermato questo principio (Cons. di Stato n. 2060/2012, n. 3262/2009, 419/2005).

Non sussiste il rapporto di natura speciale della disciplina del commercio, tale da prevalere su quella urbanistica, sopratutto se contenente previsioni discordanti col Piano Regolatore Generale (Cons. di Stato n. 2060/2012).

Possiamo quindi affermare che la disciplina commerciale deve essere trattata e coordinata all’interno del Piano Regolatore Generale, tuttavia come norma subordinata ad esso, al pari di molte discipline settoriali collaterali.

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CARLO PAGLIAI, Ingegnere urbanista, esperto in materia di conformità urbanistica e commerciabilità immobiliare
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